[•rev]
ALEXANDRAFinalmente ero fuori di lì. Varcata la soglia di quel magazzino, ricominciai a sentire il sapore della libertà.
In quel momento stavamo per andar via, uscita da lì chiesi a Justin se potevo restare a casa sua per un po' di tempo. Non avevo nessuna voglia di stare con i miei: ciò che è successo era pur sempre per colpa di mio padre e mia madre mi avrebbe fatto fin troppe domande che non avrei sopportato.
Forse Justin era l'unico adatto a quella situazione, mi avrebbe fatta stare bene e basta. Senza domande e senza troppe pressioni.
«È ora di andare» Annunciò mia madre.
Addosso avevo una coperta, l'aria era piuttosto fredda ed io non sembravo essere più abituata.
Mi voltai indietro, nella direzione di mio padre. Mi guardava con uno sguardo felice di rivedermi libera, sana e salva, ma anche triste.. Forse per non essere andata con lui, ma speravo capisse che fosse la soluzione migliore per me.
Lo vidi annuire con il capo, per poi voltarsi e salire in auto.
«Andiamo?» Chiese Justin.
«si» Risposi, salendo sul furgoncino dopo di lui.
Il viaggio in auto fu un po' imbarazzante, c'era silenzio. Nessuno osava parlare.
Poggiai il capo allo schienale del sedile e guardai fuori dal finestrino. Da un lato non riuscivo nemmeno a credere che fossi libera, sognavo questo momento da un po'. Chissà cosa succederà adesso.
Quando arrivammo alla base scendemmo tutti dal furgoncino. Io rimasi accanto a Justin, non avendo idea di cosa fare. In realtà, volevo solo andare a casa, curare le ferite e andare a dormire. Ma anche dormire sarebbe stato difficile, non avrei mai dimenticato l'inferno passato lì dentro ed ero sicura che avrei avuto incubi ogni notte.
Justin mi prese per mano all'improvviso, trascinandomi dentro la base. Lo lasciai fare, anche se non avevo idea di dove stessimo andando.
Entrammo nell'edificio e mi sorprese vedere ancora la gente lavorare, a quell'ora di notte. Entrammo in ascensore, Justin schiacciò un tasto equivalente ad uno dei piani.
«Dove stiamo andando?» Chiesi.
«In infermeria» Mormorò, guardando in un punto indefinito in alto dell'ascensore.
«Sto bene, non credo ce ne sia bisogno» Sospirai.
«Quelle ferite non si cureranno da sole, Alex» Commentò il ragazzo.
Alzai gli occhi al cielo. Odiavo gli ospedali e i medici. Potevo benissimo curare le ferite da sola.
Quando arrivammo, Justin mi portò in una stanza vuota.«Resta qui, io chiamo Mary» Disse.
«Chi è Mary?» Domandai, ma era troppo tardi dato che lui ormai era già uscito dalla stanza.
Mi guardai intorno. Sembrava più la stanza di un paziente ricoverato in un manicomio. Le pareti erano bianche, le mattonelle del pavimento bianche e verdi, il letto grigio con lenzuola bianche e accanto una poltrona dello stesso colore.
Mi avvicinai al letto, per poi sedermici sopra. Era da un po' che non stavo su qualcosa di così morbido.
Justin poco dopo tornò e si avvicinò a me.«L'infermiera arriverà tra poco, okay?» Chiese, guardandomi.
Annuii distrattamente continuando a guardarmi intorno.
«Tutto bene?» Chiese ancora.
Lo guardai bene in viso, anche lui non era ridotto benissimo. Lo zigomo era piuttosto gonfio e aveva un po' di sangue che fuoriusciva dai graffi. Ma riusciva ad essere bellissimo anche così.
STAI LEGGENDO
𝘾𝙄𝘼 - 𝘾𝙚𝙣𝙩𝙧𝙖𝙡 𝙄𝙣𝙩𝙚𝙡𝙡𝙞𝙜𝙚𝙣𝙘𝙚 𝘼𝙜𝙚𝙣𝙘𝙮 ➳ 𝙟𝙗
أدب الهواة"Non posso dirti chi sono, ma posso dirti di prendermi come il tuo angelo custode, almeno per ora." ; cover by @hellmccann All Rights Reserved® | avonskater, 2016.