Percy's pov
Lasciar andare ad Annabeth fu la sfida più ardua di sempre, anche dopo anni di mostri e persone cattive uccise da me.
Era come se mi avesse pugnalato al cuore, anche perché non avevo compreso del tutto le sue ragioni.
Aveva messo in mezzo la situazione sull'Olimpo ed aveva detto che era molto grave. Tuttavia gli dèi avevano limitato i danni al solo Olimpo.
Oppure stavano mentendo? Non capii niente, la testa mi faceva malissimo e misi subito la mano sulla fascia che avevo attorno alla testa, sedendomi.
- Bella batosta. - Disse Nico dopo minuti che Annabeth lasciò l'infermeria. - Scusa. Mi dispiace. -
Rimasi in silenzio con la mano sulla ferita, massaggiando lentamente per alleviare il dolore.
- Non pensavo che fosse così grave la situazione. - A quel punto guardai i tre dèi davanti al mio letto.
Atena non disse niente, lasciò la stanza e se ne andò, dicendo di essere stanca e che aveva bisogno di dormire;
Apollo invece prese in mano una cartella a caso e chiese ad Octavius di andare insieme a vedere qualche paziente, quindi si dileguarono in fretta, come due ombre al buio.
Rimasero solamente mio padre ed il figlio di Ade.
- Allora? Te ne vai anche tu con una scusa stupida? - Guardai mio padre, ero arrabbiato.
Lo vidi sospirare e si avvicinò a me, sedendosi sul letto al mio fianco.
- Non era un caso isolato, è successo anche in altri posti. Al campo Giove ad esempio tre semidei sono morti in circostanze misteriose e due sono scomparsi. -
- Sembra che sia partito tutto da lì e che poi successivamente sia arrivata qua sull'Olimpo. - Finì guardando il tridente e sistemando la camicia hawaiana che indossava.
- E tutto ciò quanto tempo fa è accaduto? - Chiese Nico, appoggiato a un pilastro. Aveva una faccia strana, come se lui comprendesse appieno ciò che il dio del mare aveva appena detto. Come se lui avesse tutti i pezzi del puzzle.
- Una settimana fa, forse nove giorni su per giù. Perché? - Chiese mio padre, girandosi verso di lui mentre si toglieva un po' di sabbia da braccia e gambe.
- Perché papà ha perso qualcosa dal Tartaro, una poltiglia arrabbiata che si trovava in una gabbia. La sta cercando tutt'ora. -
- Se mi dici che è arrivata al Campo Giove, allora sono stato io a spianargli la strada. Otto giorni fa ero lì da Hazel. - Mi guardò fisso negli occhi, terrorizzato.
- Cazzo. - Esortii e mio padre mi schizzò con l'acqua salata.
Rimasi in silenzio, non sapevo che altro dire. Dunque quella roba di cui mi aveva parlato Estia veniva dal Tartaro. La cosa non mi sorprese, faceva veramente paura come situazione.
- Cosa facciamo adesso? Tu pensi che Annabeth lo sappia?- Nico annuì e mi spiegò brevemente tutto ciò che aveva detto alla figlia di Atena prima che lei sparisse per andare a cercare la poltiglia arrabbiata e subito abbassai lo sguardo.
Fu come se mi avessero strappato lentamente e dolorosamente tutti gli arti dal corpo, mi sentivo in colpa. Sperai ancora che tutto ciò che stava accadendo fosse frutto di uno dei miei soliti incubi, ma purtroppo si trattava dell'amara verità.
Insomma, la potevo capire. Capivo il suo sentimento, mi aveva lasciato per fare in modo che io potessi vivere. Io non sapevo se avessi mai avuto il coraggio di fare quello che fece lei, avrei avuto il cuore spezzato, così come lei.
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COME CUORE E MENTE |PERCABETH
Fantasy⚠️ATTENZIONE, STORIA IN REVISIONE⚠️ TRATTO DALLA STORIA "Presi la scatolina dalle mani del mio amico e la aprii: al suo interno c'era un semplice bracciale d'acciaio con qualche piccolo brillante incastonato. Quando lo feci fare dall'amico di Paul...