Capitolo 14

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"Ciao anche a te ragazzina"
"Ti sei messo a vendere pizze adesso?" dissi guardando William che nel frattempo stava simulando una risata mordendosi il labbro inferiore.

Aveva un bel sorriso, e dei denti perfetti. Prese il suo cappellino rosso girandolo nel verso contrario.

"Ero in pizzeria da mio zio, ho riconosciuto l'indirizzo ed eccomi qua" disse porgendomi la pizza.
"Oh, non sapevo fosse di tuo zio la pizzeria."

"Carino il pigiama rosa confetto" abbassai di scatto lo sguardo per poi accorgermi che ero davvero in pigiama e non me ne ero mica resa conto prima di aprire la porta.

Chiara dimostrazione di come ormai il pigiama fosse parte integrante di me.

"Carino anche il rossore del tuo viso" disse ridendo. Si stava prendendo gioco di me, come dargli torto.
Dopo avergli dato una pacca sulla spalla, risposi frettolosamente "hey tu, smettila adesso! Dimmi quanto ti devo"
"Figurati, questa volta offre la casa"
"Seriamente, dimmi quanto viene"
"Te l'ho già detto" rise " questa volta offro io"
"Mi fai sentire in debito William e con te non voglio esserlo assolutamente"
"Che ne dici allora di fare un giro stasera? In questo modo saremo pari"
"Puntavi a questo sin dal principio?" mi faceva ridere, non era cambiato del tutto.
"Macché, non potrei mai" guardò il suo orologio e poi disse "vengo a prenderti alle 23, ora devo andare da mio zio"
"Convinto, non uscirò con te stasera"
"Convinta, so che lo farai"
"E cosa te lo fa pensare? Sentiamo"
"Perché sei fatta così, non sai dire di no"
"Con altre persone forse hai ragione tu, ma con te il no primeggia sul si. Fattene una ragione"
"Giuro su Dio che stasera appena non ti fai trovare pronta, entro dalla finestra della tua stanza"

Non poté fare a meno di ridere pensando alla situazione che si sarebbe potuta venire a creare. Me lo immaginavo in bilico sull'albero che gridava "aiuto, aiuto, aiuto" mentre tremava come una foglia e implorava il mio aiuto.

"É una minaccia?"
"No, un avviso nel caso in cui mi vedessi spuntare di punto in bianco in camera tua"

"Fa come ti pare" poi entrai in casa chiudendo la porta. Mi appoggiai a quest'ultima una volta dentro e iniziai a sorridere.

Aspetta, sorridere per cosa? Scossi subito la testa ricacciando i pensieri che riecheggiavano nella mia mente e andai in cucina.

La serata passó sul divano, con pizza e maratona di grey 's anatomy in tv. Mia madre, dopo 4 episodi, si addormentò con la vaschetta di gelato accanto che ormai risultava essere una pozza inconsistente di colore verde. Dopo aver coperto mia madre, che russava tra l'altro, e aver sistemato casa, che anche se eravamo due in quei giorni sembrava essere abitata da un branco di animali, andai in camera mia e mi misi a letto.

Sentivo un rumore acuto, graffiante, ma non sapevo da dove provenisse. Era come se stessi dormendo e quei rumori provenissero da un sogno.

Improvvisamente terminarono e mi girai dall'altro lato del letto per continuare a dormire, ma tutto d'un tratto quei rumori ritornarono più forti di prima.
Mi alzai sul letto sbuffando, strofinandomi gli occhi con una mano e cercando di capire che ora fosse.

Molto impacciatamente scesi dal letto facendomi largo sulla pila di vestiti che giaceva sul pavimento. Sicuramente mia madre mi avrebbe svegliato di prima mattina urlandomi di risistemare tutta la camera, che a prima vista sembrava seriamente un porcile. Ammetto di essere troppo disordinata e di sicuro avevo ereditato quel "difetto" da mio padre.

Mi guardai allo specchio posto davanti il letto e mi resi conto di una cosa: dovevo assolutamente cambiare quel pigiama rosa confetto.

Nel frattempo capì che a generare quei tonfi acuti e graffianti non erano altro che dei sassolini lanciati sul vetro della finestra. Mi avvicinai a quest'ultima per aprirla e nel modo di sporgermi mi ritrovai un sassolino in viso. Cavolo quanto faceva male. Involontariamente portai le mani al viso come per proteggermi da eventuali sassolini, poi aprí gli occhi.

Mi ritrovavo un William piegato in due che rideva come non mai sul giardino di casa mia.

"Non é affatto divertente!" sbottaí io.
"Oh si che lo é" poi continuó a ridere fragorosamente.
"Giuro che ti ammazzo, William"
"Naaah" poi aggiunse "immagino tu sia pronta"
"Si sì, pronta a mandarti a quel paese" poi chiusi di botto la finestra della stanza.

Nemmeno il tempo di voltarmi che il cellulare iniziò a squillare. Era lui.

"Che vuoi?"
"Che scendi"
"No, non scendo"
"Non mettermi in questa condizione, Noora"
"Quale condizione, scusa?" non feci in tempo a finire la frase che chiuse il telefono.
Quello stupido, incosciente, odioso, manipolatore e prepotente.

Giuro che un giorno glie l'avrei fatta pagare per quel sassolino in pieno viso.

Dopo essermi calmata un po' ritornai a letto. William o meno lì sotto, avrei dormito lo stesso. Sicuramente questo mio rifiuto lo avrebbe fatto maturare un po', avrebbe capito quanto schifo caratterialmente aveva fatto e continuava a fare con quei suoi comportamenti da Dio sceso in terra, da figlio di papà che pretendeva tutto e subito senza se e senza ma.

Che idea utopistica, suvvia.

Mi girai dalla parte della porta con un cuscino gigantesco a forma di panda tra le braccia e chiusi gli occhi.

Iniziai a sentire nuovamente dei tonfi alla finestra e mi girai.
Me lo ritrovavo li, attaccato alla finestra con un viso sfacciato ma impaurito al tempo stesso. Non riuscì a fare a meno di ridere e, dopo essermi goduta quella scena, gli andai ad aprire.

"Grazie, Noora, altrimenti avrei dovuto buttare giù la finestra"
"Ah ah ah" lo presi dal braccio destro per aiutarlo a saltare dall'albero verso la finestra. La distanza era mínima, ma l'altezza non lo era affatto.
Le sue gambe tremavano a tutti i movimenti che i rami dell'albero facevano. Cercava di sembrare calmo, ma in quelle circostanze era impossibile.
Iniziarono a cadere un mucchio di foglie e, di tanto in tanto, anche dei rami. Doveva saltare ora, altrimenti se la sarebbe vista brutta.

"Ora" dissi io
"Che?" rispose lui abbassando lo sguardo verso terra.
"Salta, ora!" mi guardò fisso negli occhi come per approvazione e non se lo fece ripetere due volte.

Saltó con tutta la forza che aveva in corpo e si fiondò sulla finestra catapultandosi sopra di me. Entrambi finimmo sul pavimento della mia stanza ma non mi feci male all'impatto. Solo dopo riuscii a percepire la sua mano che avvolgeva la mia testa come per proteggerla. Iniziai ad aprire leggermente gli occhi, ritrovandomelo di sopra. Mi stava osservando senza muoversi di un centimetro dal mio corpo.
Non riuscii a trattenere le risate per quello che era successo e lui iniziò a ridere guardandomi.
Pochi secondi dopo la sua espressione si fece seria e i suoi occhi iniziarono a spostarsi dai miei occhi alla mia bocca.

Non so perché, ma deglutii in quell'istante.

Every day with youDove le storie prendono vita. Scoprilo ora