; Gala

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Libro Uno, Capitolo Dodici, "Gala."

Mi svegliai ragionevolmente presto, il sole stava giusto attraversando le finestre.

Sbadigliai e mi girai sulla schiena guardando il soffitto sopra di me.

Era venerdì.

Questo significava che Zia Rebekah e Zio Elijah se ne erano già andati per andare a cercare mia madre.

Sedendomi girai il collo alleviano la tensione nelle spalle e i muscoli che le circondavano.

Poggiai i piedi a terra e mi alzai scendendo dal letto.

Zia Rebekah mi aveva prestato un paio di shorts e una maglia bianca a maniche corte.

Riaggiustai la maglietta e mi passai una mano tra i capelli, senza preoccuparmi di sembrare presentabile.

Non dovrebbe esserci nessuno per il quale preoccuparsi  di sembrare bella comunque.

Andai giù per le scale, camminando nell'area che era usata come una sorta di salotto.

Camminai nella stana, notando immediatamente mio padre.

Mi faceva stano, chiamare un uomo che avevo appena incontrato mio padre, ma sembrava normale.

Scossi via il pensiero quando mi guardò.

"Buongiorno, Hope."

Gli feci un piccolo sorriso. "Giorno." Mi stropicciai gli occhi. "Che ore sono?"

Lui girò il polso, guardando il suo orologio. "Le nove e un quarto. Non volevo svegliarti. Rebekah ha detto che ti avrebbe chiamato più tardi."

Annuii anche se i suoi occhi erano tornati sul libro che stava leggendo.  "Va bene."

"Dovrebbe esserci una specie di colazione in cucina. Se ti serve qualcosa, urla semplicemente."

Sorrisi leggermente. "Grazie, lo farò."

Dopo questo, mi ritirai nella cucina. Avevo la forte sensazione che quel tipo di piccole conversazioni sarebbero diventate qualcosa di regolare fin tanto che rimanevo lì.

E a me andava bene così.

Mi guardai intorno nella cucina e trovai quello che sembrava un'omelette su un piatto ricoperto di carta stagnola.

La misi nel microonde e una volta riscaldata non era così male.

La finii circa quindici minuti dopo e mi ritirai di nuovo in camera passando per il salotto.

Fui prima fermata da mio padre.

Klaus mi guardò.

"Rebekah mi ha detto che ti ha parlato, ma c'è un gala stasera, mi piacerebbe che tu partecipassi. Sarebbe una grande seccatura per te?"

Scossi la testa. "Certo che no, ma le persone non sospetteranno qualcosa?"

Le mie sopracciglia si aggrottarono e un debole sorrisetto apparì sulle sue labbra.

"Lascia che me ne occupi io di quello."

.

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Otto ore più tardi avevo un vestito bianco perla lungo fino al pavimento e con le spalle scoperte.

Mio padre aveva mandato qualcuno dei suoi lavoratori a cercarmi dei vestiti.

I vestiti erano assolutamente bellissimi e il cartellino mostrava che non erano esattamente nella  media.

Niklaus aveva instito che i vestiti fossero un regalo e che non lo disturbavano, ma mi sentivo comunque male.

Ora, camminai giù per la rampa di scale e vidi mio padre in un completo, con la giacca bianca e i pantaloni neri.

Ridacchiai leggermente. "Assomigli a un cameriere."

"Un cameriere?" Fece un gran sorriso"

"Sì" Chiarii. "Un cameriere."

Scosse la testa, tremando per le risate.

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 Quando arrivammo al gala, le persone cominciarono a bombardare Niklaus di domande. Molte erano riferite a me.

Lui le liquidò dicendo che ero una vecchia amica, coprendomi con facilità.

Avrei potuto dire che ero colpita dalla sua capacità di mentire, ma non avrei dovuto essere sorpresa.

Notai decisamente molti uomini in uniforme da militare camminare vicino a mio padre. Parlavano con lui a bassa voce e io non mi disturbai ad ascoltarli.

Sapevo, ad ogni modo, che la loro conversazione sulla me che avevano visto, la me che ero veramente e su una specie di guerra.

Sentii specialmente: "Assicuratevi che nessun Guerrera si avvicini a noi."

Questo mi portò alla domanda chi fossero i Guerrera. La liquidai però, ricordandomi però nella mia mente di chiederlo a mio padre una volta tornati a casa.

A proposito di casa, quanto sarebbe durato questo evento?

In quel momento, un chiacchiericcio si alzò tra la folla.

Aggrottai le sopracciglia per l'avvenimento improvviso.

Osservai che anche Niklaus l'aveva notato.

Mi corrucciai quando si fece più forte e le luci cominciarono ad accendersi e spegnersi a intermittenza.

Fu un minuto dopo che la stanza cominciò a tremare e guardando in alto vidi il lampadario che ondeggiava.

Mio padre strinse la sua presa sul mio braccio e tutto mi sembrò accadere a rallentatore mentre le luci si frantumavano sul pavimento.

Sentii puro terrore che mi attraversava quando le luci si spensero e rimasi nell'oscurità più totale.

Delle urla rimbombarono per la stanza e io sentivo il cuore martellarmi nel petto.

Non riuscii a pensare a un momento dove avessi provato più terrore.

Una mano mi prese il polso, e prima che me ne potessi accorgere, la mia bocca si aprì in un urlo involontario.

"Papà!"

NDT

Per farmi perdonare della lunghissima assenza domani FORSE pubblico altri due capitoli. Ma per il momento spero che questi vi siano piaciuti.





The Twisted Life Of Hope Mikaelson (Traduzione Italiana)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora