3. I colori del tempo

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02.10.2001, sul solito treno

Sai nonna?
Ho sempre odiato il dover dare un colore alle cose, solo perché tutti le vedono così.
Un po' come quando all'asilo la maestra mi dava un foglio bianco, ed io puntualmente tracciavo una linea al centro, sapendo che dopo avrei colorato il prato in basso e il cielo con un sole a destra in alto.
Prendevo gli stessi colori dei miei amici: verde per il prato, azzurro per il cielo e il giallo per il sole.
Quando la mano si stancava lasciavo spazi meno colorati e il sole non lo completavo per il dolore. Agli altri non piacevano i miei disegni, perché loro riuscivano a coprire ogni spazio con la stessa tonalità e a fare la linea orizzontale perfettamente alla metà del foglio.
Io ci provavo ma non ci riuscivo mai e mi facevo colorare il sole dagli altri cosicché tutti potessero apprezzare il mio piccolo sforzo.
Con il tempo mi sono accorto che a me il sole non piaceva giallo e il cielo non sempre era azzurro. Se per gli altri la linea era orizzontale, per me non doveva avere alcuna forma, poteva comprendere anche lacune. Ho cominciato a disegnare le cose per come le vedevo io, con i colori che vedevo io. E se un giorno avessi preferito il cielo sotto i miei piedi, mi bastava invertire i colori.
Ora però non è così perché non riesco nemmeno a disegnare i tuoi occhi, ed il colore del nostro cielo è differente.
Però posso dire di averci provato, perché quella volta ti ho preso la mano e l'ho poggiata su questo foglio che stavi scrivendo, e ne ho tracciato i bordi.
E mentre li guardo penso che se un giorno dovessi disegnarci, potrei tracciare la mia mano sopra la tua, così da intrecciarle, così da sentirmi meno solo.
Ho sempre odiato il dover dare un colore alle cose, perché sapevo che il sole sarebbe scomparso, che il verde sarebbe appassito e che la tua mano l'avrei persa.
E allora traccio la mia mano sopra la tua, senza colore, perché il tempo le ha già colorate.

Ti voglio bene, non scordarmi mai.
Tuo nipote, Claudio

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