14. Tu sai

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Alla poesia.

***

La luce nei tuoi occhi
Farebbe impallidire il cielo
Butti fuori tutto il meglio
Ed è sempre tutto vero
Hai deciso di allungarti a me
E di bruciarmi da vicino.

(Solo per un po',
Michele Bravi)

Quella stessa sensazione.
Quella che non sai gestire, che non puoi evitare.
È solo un sogno, Mario lo sa. Ma sa anche che potrebbe morire insieme a lui.
Ed è un attimo: prende consapevolezza del suo corpo, e si allontana con forza dall'aria che lo stava soffocando, come ogni notte. Confuso, si guarda intorno.
È in una macchina che sembra aver già visto, ma nemmeno questo gli trasmette un po' di tranquillità. Si guarda le mani, si guarda tremare. E con le stesse mani si tocca il volto, gli occhi, i capelli, i pensieri.
È in trappola, mentre la macchina continua ad andare ad una velocità troppo elevata per potersi fermare.
Respira rumorosamente, coi battiti del cuore accelerati, e si chiede che cos'abbia fatto di male per vivere in un sogno che non ha pace, che non ha fine. Allora comincia a piangere, perché non si è mai grandi per riscoprirsi deboli. Ma sotto i suoi singhiozzi ce ne sono altri, e Mario se ne accorge solo adesso, alla fine di quel sogno, alla fine di quella strada che termina con un muro di cemento che ora è troppo vicino. E più si avvicina, più è il suo tremore, il suo pianto, il suo chiedersi il perché.
Ma - ad un tratto - la macchina si ferma prima di potersi schiantare, a un centimetro di muro, e di conseguenza Mario cade su un fianco, sbattendo la testa sul finestrino chiuso.
Ed è lì che la vede: sommersa di lacrime amare, con gli occhi rossi circondati da profonde occhiaie, e coi capelli mossi dal vento.
Anche lei tremante, si porta due mani sul cuore, e lui di riflesso fa lo stesso.
Sua mamma, e un sussurro: «Scusa.»

«Mario!» quasi gli urla Claudio, e Mario non si stupisce del fatto che lui sia lì, accanto a lui, accanto al suo scheletro vivo, perché ricorda di essersi addormentato tra le sue braccia. Bensì, si stranisce quando lo vede piangere insieme a lui, come se quel sogno l'avessero vissuto insieme.
«Mario...» sente ripetere il suo nome più a se stesso che a lui, come a volersi tranquillizzare. "Ci sono io qui con te." gli dice mentre lo bacia in fronte, noncurante del sudore, ancora con le mani sul petto che aveva cercato di muovere per svegliarlo da quell'incubo.
E disordinatamente gli bacia gli occhi, una guancia, le dita, la testa, e poi.

Sembra voler mandare via tutte le ragioni che non lo fanno dormire, e tutte quelle per il quale lo sente così lontano, ma così vicino.
Sembra volergli baciare l'anima.

E Mario se ne accorge, e si lascia trasportare da quei baci cicatrizzanti, e lo stringe di più a sé quando sente i battiti del suo cuore rallentare, con la paura che si possa allontanare da lui.
Ma si ricorda che l'indomani Claudio dovrà partire, lasciandolo nuovamente solo tra le tenebre, così come è cresciuto.
E per la prima volta in vita sua, dopo la scomparsa della donna che sembra avergli rovinato la vita, vorrebbe che dalla sua porta non uscisse nessuno.
E - sempre per la prima volta - il pensiero che il potere che gli è stato donato possa servire davvero a qualcosa, gli attraversa la mente.
Ma quello è un potere proibito a chi usa il cuore.

Claudio smette di baciarlo, quando intravede nuovamente la paura nei suoi occhi.
Sembra leggergli nel pensiero quando gli chiede: «Andiam via?»
L'altro gli rivolge uno sguardo maliconico, ma dal quale si intravede un minimo di furbizia, o di speranza.
«Andiamo a casa, insieme?»
E il desiderio di portarlo a casa sua, a Verona, non gli sembra tanto lontano da non poter essere raggiunto.
«Quasi quasi.» risponde Mario per entrambi, e per la prima volta in quella mattina sorride.

***

Ammette a se stesso di essere sorpreso positivamente da suo fratello.
Quella mattina, dopo essersi preso cura di Mario, e nonostante avesse sentito di averlo tranquillizzato quasi del tutto, aveva deciso di non lasciarlo solo, bensì di portarlo con sé in hotel. Si aspettava una reazione diversa da parte di Paolo che, a differenza di come si comportava coi suoi amici, con Mario non aveva provato a fare alcuna battuta poco consona, o a fare richieste imbarazzanti. Al contrario, sembrano andare molto d'accordo, e sembrano seguire lo stesso filo logico mentre parlano, tanto da permettergli di completarsi le frasi a vicenda.
Alla visione di quella scena, Claudio sorride compiaciuto, ed ha un tuffo leggero del cuore, come chi sente di non aver bisogno di nient'altro.

«Claudio?» lo richiamano entrambi contemporaneamente, vedendolo sommerso nei suoi pensieri.

«Sì?» risponde lui di scatto, mordendosi poi il labbro inferiore, e si sente pizzicare gli occhi. Forse è così che ci si sente quando sei felice per davvero.

«Tutto bene?» gli chiede Mario, guardandolo negli occhi. Da dove tutto finisce, da dove tutto inizia.

«Mai stato meglio.» ed è sincero, come il rossore che gli compare sul viso.

Paolo se ne accorge, e capisce il motivo per il quale aveva visto suo fratello diverso in quei giorni.
Li vede complici di sguardi, uno sul divano e uno all'impiedi, che poi non sono mica lontani, ma nemmeno vicini.
Ma a loro non importa, perché ovunque si trovino, riescono lo stesso a sfiorarsi.
Anche prima di conoscersi, d'incontrarsi, sotto la stessa Luna.
Come qualcosa di razionale e irrazionale.
Di eterno ma finito.
Di dolce ma amaro.
Di un niente che sa di tutto.

Come un ossimoro, loro, che cercando di fuggire si corrono incontro.

Passano la sera a ridere insieme, e Tutto può cambiare è il nome del film che si stavano guardando ma che ora è finito, e Claudio e Mario si guardano ed hanno un unico pensiero.

«Ti accompagno.» lo avvisa Claudio, mentre lo vede salutare Paolo che sembra avergli detto «Ci rivedremo presto.»

Scendono le scale dell'hotel in silenzio, separati da quel sottile confine che li unisce e li separa, proprio come quando hanno camminato vicini per la prima volta.

«Domani vai via.» e mentre Mario gli pronuncia queste parole, a Claudio suona la sveglia dell'orologio che segna la mezzanotte.

«Oggi.» gli fa presente, e il sorriso che ne segue risulta essere molto più forzato di come se lo era immaginato. «Io... penso che noi... insomma, tu... mi mancherai. E ti volevo dire che poi ho letto alcune poesie di Prévert e mi sono piaciute più di quanto immaginassi. E ce n'è una in particolare...»

Mario non sa come gestire quelle improvvise e forti emozioni, perché lui non le ha mai provate prima. E non sa se è per quella sua voce da bambino, o per il suo sorriso, o per la luce nei suoi occhi, o per i suoi luinghi e teneri baci, o se è lui il motivo per il quale gli tremano le gambe al pensiero di doverlo vedere andarsene dalla sua vita.
Non vuole, non ora, non così.

«Quale?»

Claudio arrossisce per la seconda volta in quella giornata.

«Ed è soltanto la loro ombra che trema nel buio...» cita così una parte della poesia a cui si riferisce, e Mario l'aveva riconosciuta ancor prima che la citasse.

«E lo sai cosa fanno quei ragazzi contro le porte della notte, Clà?»

«Si baciano.»

«Allora baciamoci.»

I ragazzi che si amano si baciano in piedi
Contro le porte della notte
E i passanti che passano li segnano a dito
Ma i ragazzi che si amano
Non ci sono per nessuno
Ed è soltanto la loro ombra
Che trema nel buio
Suscitando la rabbia dei passanti
La loro rabbia il loro disprezzo i loro risolini
la loro invidia
I ragazzi che si amano non ci sono per nessuno
Loro sono altrove ben più lontano della notte
Ben più in alto del sole
Nell'abbagliante splendore del loro primo amore.

Jacques Prévert
da "Spettacolo", Guanda, Parma, 2003

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