A chi tiene sempre
una penna in mano.***
E ho scritto le parole
più grandi di me
Ci pioveranno addosso
come grandine
T'ho fatto d'ombrello,
adesso che il tempo s'è
fatto più bello
non ti servirò.(Le parole più grandi,
Coez)Passano giorni d'amore, in cui fanno fatica a staccarsi l'uno dall'altro. Trascorrono pomeriggi sul divano mentre fuori la pioggia di settembre batte delicatamente sull'asfalto. Passeggiano per le strade di Verona. Improvvisano ricette e alle volte si guardano di sottecchi come fosse proibito farlo in quel modo, perché sguardi come i loro sono capaci di spogliare di tutto. E poi fanno cose che emanano uno strano profumo di quotidiano e mai banale, e lo fanno ovunque si trovino soli insieme.
Chi è prevenuto non ci crede, non vede la purezza in quelle carezze, in quei baci.
«Non sono niente, quei due.» sentivano dire ai passanti, e forse era vero, perché non si erano mica dati una definizione di ciò che erano, né di ciò che sembravano. Solo che spesso si parlavano senza aprir bocca, e litigavano per poi far pace senza chiedersi scusa.
«Mi ricordi il motivo per il quale sono arrabbiato con te?» capitava di chiedere con voce flebile, a un centimetro di bocca. Domandarlo velocemente, per non perder tempo se non per baciarsi. «Perché un mio cliente m'ha fatto l'occhiolino, e tu sei geloso.» Esser gelosi, ma che male c'è?
«L'hai visto come t'ha guardato?» Appartenersi, custodirsi. «No, Mario. Io guardavo te.»
Sentire la sincerità in poche parole, e poi arrossire e sorridere. Pensare cose come: chissà che ho fatto per meritare te.
Passano così, velocemente, senza il tempo di ripensamenti.
Non c'è nulla da cambiare, fino ad oggi.
Claudio è uscito ormai da ore per andare a lavorare, e Mario ha rinunciato all'idea di far qualcosa di concreto.
Un rumore alla porta principale lo risveglia dal suo solito sonno leggero dopo aver pranzato.
«Chi è?» guarda all'occhiello. Non c'è nessuno. Fa per tornare a sdraiarsi, quando il suo sguardo cade per terra, ad una busta bianca.
Uno strano brivido percorre la sua spina dorsale, e suda freddo mentre la prende e la apre con cura, col tremore alle mani. Riconosce la scrittura: è quella che fa bruciare gli occhi e poi il cuore.
Figlio mio,
So di essere l'ultima persona al mondo dalla quale ti saresti aspettato di ricevere una lettera, o un qualsiasi altro messaggio per farti sapere che sì: sono viva. Magari non come ti aspetteresti, non come vorresti. Ho sempre pensato che saresti stato tu, a ritrovare me. Eppure succede che la vita poi ti stravolge i piani senza chiederti il permesso, e ti fa rinunciare a sentimenti che somigliavano alla felicità. Questo lo sai meglio di me, e ne sono consapevole. Ed è per questo che ti scrivo. Per dirti che non ho mai smesso di pensarti. Nemmeno per un attimo, nemmeno quando il tempo ti sfugge via dalle mani. Non sono bugiarda, non sto mentendo, e non potrei mai. Non l'ho fatto nemmeno quel due ottobre di tanti anni fa, quando ti ho promesso che sarei tornata da te.
Non vedi? Ho mantenuto la promessa. Non maledirmi, non considerarmi codarda. Io sono sempre stata accanto a te, ed anche se per ora non riesci a crederci, un giorno probabilmente ti dimostrerò il contrario. Ma quel giorno non è oggi per il semplice fatto che come siamo entrambi incompleti, per diverse ragioni che poi sono tanto simili.
A me manchi tu, ogni tuo centimetro di pelle, ogni tuo respiro che completa il mio, la tua piccola mano che mi tira giù la gonna per chiedermi di portarti in braccio, e poi di darti un bacio in fronte. Mi mancano i pomeriggi passati a mandarci bigliettini sotto la porta di camera tua, perché quand'eri arrabbiato con me facevi sempre fatica a guardarmi negli occhi senza dimenticarti di essere arrabbiato, allora mi scrivevi prima che fosse troppo tardi, ed io aspettavo impaziente di risponderti. Mi manca cucinare il pollo che ti piaceva tanto - ti piace ancora? - ed andare al supermercato tenendoci per mano. Aspettare che tornassi da scuola, e dirti che i veri amici non ti rubano la merendina. Convincerti a dire di no, ma non riuscirci mai. Sei troppo buono, ma non è un difetto. E avrei voluto ripeterlo, e vederti spegnere le candeline ogni anno, e accorgermi dei tuoi lenti - e improvvisi - cambiamenti.
Sei cambiato tanto, questo lo so. Ma sono sicura che tu sia rimasto buono, permaloso, e un po' scettico.
Per questo sono consapevole del fatto che probabilmente la maggior parte delle mie parole non le avrai capite, e che su alcune ci sarai passato sopra con riluttanza. Però ti prego di far attenzione a quello che stai per leggere, perché ho aspettato tanto questo momento... e anche tu.
La Luna ci ha dato un potere grazie al quale possiamo far innamorare chiunque desideriamo del nostro corpo, ma mai mentalmente. Si diverte a farci cambiare umore, a vederci deboli sotto il suo controllo. Ci fa superare ogni limite, solo per trascinarci al suo interno, dove tutto è vuoto.
Ed è questo quello che mi è successo, quel giorno. Non è un incubo, quello che sogni, ma un ricordo. Volevo salvarti la vita, volevo portarti via con me. Ero completamente uscita fuori di testa, tanto da arrivare all'unica possibile soluzione: la morte. Dopo quel giorno ho capito che il problema sono sempre stata io, ed ho deciso di fuggire via, dove ero sicura che avrei avuto un futuro. E poi.
Non posso dirti altro, ma un giorno - spero non lontano - te lo dirò. Le mie decisioni non sono mai dipese completamente da me, nemmeno questa volta.
Sii prudente, scopri chi sei realmente e amati.
Io sono stata, sono e sarò sempre dietro la tua porta, con una penna in mano.
Ti amerò per sempre.
Tua mamma, Velia
***
È l'una di notte ormai, quando Claudio torna a casa dopo il suo lungo turno a lavoro. Si rincuora al pensiero che a casa ci sia Mario ad aspettarlo. Ma l'immagine che gli si presenta davanti una volta girata la chiave non è quella che si aspettava di vedere.
C'è Mario, seduto per terra. Tiene un foglio accartocciato in una mano, e nell'altra tiene una bottiglia di vino che Claudio era solito tenere per gli ospiti, e sembra l'abbia quasi finita. Una goccia fredda di sudore attraversa la sua fronte, prima di chiudere la porta e dirigersi verso quel ragazzo che ha l'oscurità negli occhi.
Quello non è il loro odore, non è il loro modo di guardarsi. Però sono sempre loro: Claudio e Mario, e dove uno s'arrende, l'altro lo aiuta a rialzarsi. O almeno, fino ad ora.
«Claudio, Claudio, Claudio...» ride, ma è freddo il tono con cui gli si rivolge, e quasi trema nel vederlo così. Ha appena scoperto il suo lato più debole. «Non sai in che guaio ti sei messo, amandomi.»
Il rifiuto.
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Il Padrone della Luna
FanficOcchi neri, audaci. Sguardo orgoglioso, di chi sa cosa cerca e sa come ottenerlo, senza dover faticare nemmeno un po'. Questa è la storia di un uomo dotato di un potere che - fino ad ora - lo ha sempre fatto sentire completo, ma che mai lo renderà t...