CAPITOLO OTTO (revisionato)

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Il ragazzo non riusciva a dormire, nonostante l'ora tarda. Si tolse le cuffiette dalle orecchie, spense la musica ed andò verso la finestra della sua camera. Riusciva a vedere una parte del bosco e, poco distante, una vecchia casa spiccava in mezzo al prato dall'erba incolta.

Liam prese tra le mani il pezzo di stoffa che aveva trovato durante la sua incursione furtiva al Black White Horse, e ne osservò i bordi rovinati: era di un rosso acceso, macchiato di terra agli angoli e con qualche filo di troppo che pendeva da un lato.

Aveva un angolo ricamato in pizzo bianco, sembrava un pezzo di un vestitino per bambini, o qualcosa per giocare.

Tornò a vagare con lo sguardo, cercando qualcosa di interessante da fissare fino a quando non gli fosse venuto sonno.

All'improvviso vide una figura minuta, abbastanza bassa, ma non troppo da impedirgli di vederla in mezzo all'erba.

Si sistemò gli occhiali sul naso e avvicinò il viso alla finestra, appannando il vetro con il respiro.

Sembrava un bambino dalla pelle pallidissima, o forse era la luce della luna a fare quell'effetto.

Indossava una maglietta blu e teneva un palloncino giallo nella mano destra.

L'erba gli arrivava all'altezza della vita ed i capelli biondi gli ricadevano sugli occhi disordinatamente.

Il ragazzo, incuriosito, si mise velocemente un paio di scarpe e prese una felpa dalla sedia davanti alla scrivania, corse giù per le scale e disse ai suoi genitori, ancora svegli in salotto, che aveva visto qualcosa di strano e che sarebbe tornato dopo pochi minuti.

Uscì di casa incurante delle proteste di papà e mamma, e con gli occhi cercò il bambino finché lo vide nel prato incolto a poca distanza. Dentro di sé sentì crescere un senso di inquietudine e paura che, tuttavia, non lo fermò dal correre verso il bimbo, che lo guardava ridendo.

Quando Liam fu abbastanza vicino da capire che non si trattava di un normale bambino, questi si girò e scappò via, verso il bosco, con una strana e stridula risata che poco aveva di infantile.

Era proprio una strana risata, quella. Liam non ne aveva mai sentita una così, sembrava forzata e aveva un suono quasi metallico, era insopportabile, e metteva i brividi. Così tornò verso casa correndo, per quella sera aveva visto fin troppo.

Era da dieci minuti che Liam si rigirava tra le mani il cellulare, avrebbe voluto condividere con Helen ciò che aveva visto la sera prima, ma doveva ancora capire se poteva fidarsi di lei.

Avrebbe voluto chiamarla, o andare con lei fino al laghetto per dirle ogni cosa, spiegare ogni particolare di quello strano accaduto. Aveva fatto delle ricerche su internet per cercare qualcosa di simile a ciò che aveva visto nel campo, ma nelle foto non c'era nulla che somigliasse lontanamente a quel bambino, se così si poteva definire.

Se avesse voluto, avrebbe potuto scrivere un intero libro su quel bambino.

Sarebbe partito dal raccontare come il profumo dell'erba gli invadeva le narici e di come la luna piena desse a tutto ciò che lo circondava un aspetto spettrale, avrebbe proseguito descrivendo la risata che gli risuonava nella testa anche quando era tornato in casa.

Avrebbe descritto anche il viso del bambino, lo aveva visto da lontano, ma sembrava quasi finto.

Forse era tutto frutto della sua immaginazione, ma più ci pensava, più era sicuro di ciò che aveva visto.

Doveva riuscire a scoprire di più riguardo a quella faccenda, ma non poteva fare tutto da solo.

Prese il telefono e chiamò Helen e le disse che si sarebbero trovati al lago dieci minuti dopo, non le spiegò il perché e non le rispose quando gli disse che secondo lei era pericoloso andare in giro per la città in quel momento. La sua voce era strana, aveva un tono più preoccupato del solito e non c'era traccia dell'entusiasmo che aveva ogni giorno.

Helen arrivò correndo e si sedette sulla ghiaia vicino a Liam.

«Che succede? - Chiese la ragazza dopo aver ricominciato a respirare normalmente.

«Ieri sera hai visto qualcosa di strano?» Mormorò il ragazzo.

«Dipende da cosa intendi per strano,- rispose lei alzando gli occhi al cielo. -tutto quello che è successo da quando sono qui è strano.» Liam sospirò e si preparò alla reazione che avrebbe potuto avere la sua amica dopo quello che stava per dirle.

«Volevo parlarti anche di questo. Da quando sei arrivata sono successe cose strane, io non voglio dare la colpa a te, ma era così anche quando non vivevi qui?» Helen lo guardò spalancando gli occhi, stava forse dicendo che tutto quello che era successo era colpa sua?

«Che intendi dire con questo? - Rispose amareggiata. -Credi che sia colpa mia? Ma che domande faccio, mi sembra ovvio. Tutti vorrebbero rischiare la morte durante un incendio oppure trovare una donna accoltellata in un bagno! A te non è mai capitato? Sono cose che succedono sai, non puoi sapere quanto è bello sapere che la tua vita e quella della tua famiglia sono in pericolo in ogni istante e che il tuo migliore amico crede che sia tutta colpa tua! Hai pensato al fatto che potrei averla accoltellata io? Dovresti rifletterci, tanto ormai hai le tue teorie.»

Si alzò dopo averlo fulminato con lo sguardo epoi corse via con le lacrime agli occhi, lasciando Liam seduto a terra, adomandarsi perché avesse deciso di fare una domanda così insensata.



Ciaooo! Devo ammettere che è il primo litigio che scrivo e spero di migliorare con il tempo. Secondo voi Helen troverà brutte sorprese ora che è sola nel bosco?

The Dolls (vincitrice Wattys 2017)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora