Una nuova avventura

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John sollevò lo sguardo dal suo libro, la penna d'oca ancora tra le dita; si lasciò sfuggire un sospiro, mentre guardava fuori dalla finestra: era una tipica giornata come tante altre, nella Contea, il cielo terso e soleggiato.
A ben pensarci, non era proprio come tante altre: era infatti il suo centoundicesimo compleanno.
Dopo tutto ciò che aveva passato, non avrebbe mai potuto immaginare di arrivare a quell'età.
Ma non era quella, la cosa più assurda: il suo aspetto, infatti, era rimasto tale e quale a quando era partito cinquant'anni prima per quell'assurdo viaggio insieme alla compagnia di Thorin Scudodiquercia senza neppure prendere il bastone.
Certo, gli hobbit erano noti per la loro longevità; d'altro canto, però, non era normale non mostrare alcun segno di invecchiamento. Non un ruga solcava il suo viso, nè aveva alcun capello bianco sul suo capo, ancora biondo e riccioluto.
John non riusciva a spiegarsi il perché: ma qualcosa gli diceva che c'entrava quello strano Anello trovato nelle caverne dei Goblin, e da cui non riusciva a separarsi nemmeno per un istante.
In quel preciso momento, infatti, era riposto nella tasca del suo panciotto: ma un improvviso quanto mai impellente fremito della sua mano lo portò a sfiorarlo con le dita, come a volersi sincerare che fosse ancora lì, con lui.
Sempre.

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"Non sei invecchiato di un giorno!".
Erano state proprio queste le prime parole pronunciate da Gandalf, dopo averlo calorosamente abbracciato.
Era da lungo tempo che non si vedevano, e lui era venuto appositamente per festeggiare il suo compleanno. John avrebbe dovuto sentirsi felice, quel giorno.
Ma non lo era.
Perchè forse non era cambiato fisicamente, ma in qualcos'altro sì: dove più contava.
Nel cuore. E nell'anima.
Gandalf lo aveva avvertito.
"Puoi promettermi che ritornerò?"
"No... E se farai ritorno, non sarai più lo stesso..."
Quelle parole si erano rivelate profetiche.
John aveva fatto sì ritorno, ma era cambiato nel profondo e non sarebbe mai più stato quello di prima.
Persino tornare alla sua vita di un tempo, fatta di tranquille passeggiate, tè con i vicini e cura del suo piccolo giardino gli aveva procurato una vera e propria sofferenza. Lui non era più fatto per quella vita. Forse non lo era mai stato.
Come fai a raccogliere le fila di una vecchia vita?
Come fai ad andare avanti, quando nel tuo cuore cominci a capire che non si torna indietro?
Ci sono cose che il tempo non può accomodare.
Ferite talmente profonde che lasciano un segno...

Chiuse gli occhi per un momento, sopraffatto dai ricordi.
Era tornato a usare con tutti il nome di Bilbo Baggins. L'aveva anche scritto nel suo libro di memorie, "Andata e Ritorno. Un racconto hobbit di Bilbo Baggins", dove aveva narrato tutta quella grande avventura da lui vissuta, credendo così di alleviare la sua tristezza, ma ottenendo solo di rimpiangere quel periodo.
Aveva, altresì, omesso alcuni dettagli. Anzi, più che dettagli, tutto ciò che era accaduto tra lui e Sh... il drago... era troppo personale per essere divulgata.
Alcune cose sono fatte per rimanere celate nel cuore...
Non che mancasse comunque la sofferenza, in quella parte di storia da lui narrata. Aveva infatti stretto infine amicizia persino con Thorin, nonostante tutto, e anche il suo "furto" dell'Arkengemma-consegnata al re degli Elfi per far fermare la guerra- era stato perdonato dal nano, proprio poco prima che esalasse l'ultimo respiro.
Ma anche il nome di John Watson era legato a troppi ricordi... Quasi tutti troppo dolorosi per essere rivangati... e divulgati. Ancora peggiori di quello.
Non si riconosceva più dunque nel nome di Bilbo Baggings, ma nemmeno in quello di John Watson. Era come in una sorta di limbo da cui sembrava impossibile uscire.
Scosse la testa e intinse la penna nel calamaio: ma, dopo aver indugiato per alcuni istanti con la punta di quest'ultima sopra la pergamena, con un sospiro, la ripose, insieme al libro-dopo averlo chiuso con un gesto quasi di stizza- in una sacca: non aveva ancora finito di scriverlo. Ed era da giorni che non ci riusciva.
Aveva pensato ad un finale, in realtà: "E visse per sempre felice e contento fino alla fine dei suoi giorni."
Stirò le labbra in un sorriso amaro: quella era solo una frase fatta; lui non stava vivendo felice e contento.
Per niente.

I am fire and iceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora