... Amici?

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L'Hobbit rinvenne a fatica, tossendo, la gola in fiamme: era ancora disteso sul pavimento polveroso della casa abbandonata di Dale, ma solo. Sherlock, infatti, non c'era. E a terra, insieme a quello strano congegno che gli aveva  fatto perdere i sensi, c'era una sacca a lui familiare. Proprio quella dell'elfo.
Si alzò a fatica e la raccolse, portandosi poi una mano alla testa, con un piccolo gemito, ancora stordito. Ricordò confusamente di aver visto un volto familiare, prima di svenire soffocato dal fumo. Ricordò dei denti gialli e storti.
Culverton... realizzò, con orrore, ricordando il disgustoso galoppino di Magnussen.

Ha preso Sherlock...

Stranamente, aveva lasciato lui lí.
Forse non gli interessava... di certo, un elfo valeva più di un Hobbit. Oppure voleva fargliela pagare per aver ucciso il suo capo. Chissà cosa gli avrebbe fatto... L'avrebbe ucciso? Torturato?
Un brivido di paura e preoccupazione lo attraversò; ma venne subito messo a tacere.
Non ti riguarda. Non dopo quello che ti ha fatto, disse infatti subito una vocina nella sua testa.

Il suo sguardo si incupì.
Sì. Quell'elfo non meritava assolutamente nulla da lui. Poco importava che fosse tornato a salvarlo. L'aveva comunque venduto a Magnussen. E, prima ancora, l'aveva ingannato. Sherlock non meritava nemmeno un pensiero di più da lui.
Strinse le labbra, risoluto: sarebbe tornato alla Montagna Solitaria e avrebbe trovato quella maledetta Arkengemma. Poi avrebbe, finalmente, fatto ritorno a casa, alla sua vecchia vita. Quell'avventura, di certo, gli era bastata. Erano diventate troppo dolorose, per lui.
Finalmente l'aveva capito.

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Quando Sherlock si risvegliò, si accorse con sconcerto di non potersi muovere.
Era legato supino a un tavolo basso, attraverso delle robuste cinghie di cuoio, che gli imprigionavano i polsi e le caviglie; la stanza in cui si trovava era piuttosto buia, rischiarata solo da alcune lanterne e dalla poca luce che penetrava da una piccola finestra. Era quasi il tramonto.
Di sicuro non era il laboratorio di Magnussen. E non si trovava più nemmeno a Dale: a giudicare da un lieve mormorio d'acqua, che sentiva molto vicino, qualcuno l'aveva portato fino a Pontelagolungo. Ma chi?
Non dovette aspettare troppo a lungo, per avere una risposta.
Infatti, un volto arcigno e dai denti storti comparve sopra di lui.
-...Salve, signor Holmes... Ben svegliato-ghignó Culverton Smith.-Sa che l'ho vista, mentre uccideva il mio capo? Ma stia tranquillo... non ce l'ho con lei, anzi! Devo ringraziarla. Ora tutto ciò che ha accumulato per anni sarà mio... Davvero, non so come ringraziarla!

-Beh... slegarmi immediatamente sarebbe già un inizio...-replicò Sherlock, ironico suo malgrado.
Culverton scoppiò a ridere: la sua risata risuonò alle orecchie dell'elfo fastidiosa e graffiante, come unghie su una lavagna.
-Oooh, Sherlock! Lei é così divertente!
Smith continuò a ridacchiare. Prese poi, dal tavolo, uno strano strumento lungo e nero, appuntito, simile ad un grosso ago, che gli infilò appena nel polso, solo per qualche secondo, per poi sfilarglielo subito dopo, tanto che quasi non lo avvertì penetrargli nella pelle. In compenso avvertì, dopo appena tre secondi che glielo aveva sfilato, una terribile sensazione pervadere ogni singolo nervo del suo corpo-come se qualcosa l'avesse, letteralmente, pietrificato- insieme ad una debolezza assoluta. Persino quel limitato dimenarsi-fatto d'istinto- parve costargli ogni grammo di energia, anch'essa limitata.
-Non le servirà a nulla-fece infatti l'ex galoppino di Magnussen, accorgendosi dei suoi sforzi.- L'estratto di rododendro è impossibile da contrastare.
Sherlock strinse i denti e, per la prima volta nella sua vita, pregò che la trasformazione avvenisse in quel preciso momento: allora sì che quella feccia di uomo avrebbe smesso di ridere. Purtroppo, le erbe che aveva preso erano state troppo efficaci: il drago dentro di lui, al momento, era del tutto sopito. E lui non poteva risvegliarlo in alcun modo. Soprattutto dopo quella strana sostanza iniettatagli da Smith.
-Che cosa vuole da me, allora?-ringhiò il corvino, cercando di muovere le braccia, ma senza riuscire neppure a sollevarle di un millimetro.
-Oh... niente di speciale...-rispose Smith, ghignando di nuovo maleficamente.-.Solo la sua testa... e nient'altro attaccato...
Sherlock sgranó gli occhi, e la paura iniziò a montargli nel petto.
-Sa... nei bassifondi, c'è stato un po' di subbuglio, dopo che Moriarty il Negromante é stato dichiarato morto. E lei era sparito... finché non é venuto a bussare alla nostra porta...

I am fire and iceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora