III

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4 settembre, Lunedì.

Non credo sia stato un miraggio. Oh no, non lo è stato. Lo riconoscerei ovunque. È strano da dire, eppure è così. Si nota facilmente con i suoi fantastici capelli grigio metallico e gli strani abiti che indossa. Gli stanno da Dio. Camminava per i corridoi della scuola con il telefono in mano e ogni volta che rischiava di andare a sbattere contro altri studenti non riuscivo a fare a meno di ridacchiare e continuare ad osservarlo da lontano. E ho addirittura scoperto che anno frequenta. È più grande di me di due anni, il che non mi fa nessun torto. Lo scrutavo senza neanche pensare a quello che sarebbe successo se mi avesse visto, sapevo solo che quello era l'unico modo per ricordarmelo senza poi dover tornare a casa e continuare a pensare al suo viso. Non riuscivo a staccargli gli occhi di dosso.

Alzò lo sguardo. La classe era invasa da fruscii, le penne che rilasciavano inchiostro sui fogli degli studenti e l'insegnante che non faceva altro che parlare. Jeongguk si appiattì i morbidi capelli scuri che gli ricadevano sulla fronte e continuò a non prestare attenzione alla spiegazione. Tornò con la mente a qualche giorno prima e ricordò come, dopo aver lanciato il diario sul letto ed essere uscito di casa, fosse tornato indietro a riporlo con cura dentro il suo zaino, sperando che non si spiegazzasse mentre se ne andava in giro. Ci teneva molto, a quel piccolo quadernino.

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