"Ma griderai, sul silenzio della pioggiaÈ rancore e mal di testa, su una base un po' distortaTi dirò, siamo uguali come vediPerché senza piedistalli, non riusciamo a stare in piedi"
POV. SERENA
Nel momento in cui l'S.I. iniziò a pormi le domande un brivido freddo mi percorse da capo a piedi. Ero terrorizzata. Dovevo dire la verità o mentire? Rossi aveva detto di tenerlo al telefono il più a lungo possibile. Optai per la verità, senza scendere troppo nel dettaglio, dandogli qualcosa di cui parlare; in fin dei conti non poteva sapere cosa fosse vero e cosa no. Quello che non avevo messo in conto era l'effetto che quella discussione avrebbe avuto su di me. La sua voce mi ricordava il moto oscillatorio del serpente e ne ebbi paura. Più tentavo di essere forte e più mi sentivo vacillare. Quando poi mi permise di parlare insieme a mio padre mi sembrò di tornare con i piedi per terra, era la mia roccia. Quella voce così conosciuta, così familiare, così rassicurante, che per molto tempo mi era stata vietata, che avevo persino avuto paura di dimenticare, ora era lì. Non sembravano passati anni ma minuti dall'ultima volta che l'avevo sentita. Se avevo avuto paura di dovermi confrontare con lui, in quel momento mi resi conto che era proprio questo riavvicinamento a ridarmi il controllo che avevo rischiato di perdere. Andò tutto bene, finchè non iniziarono le domande. Gli scheletri nell'armadio rivelati, i ricordi riesumati. Non mentii, non sarebbe servito a nulla. Il problema è che la verità fa male. Fu lui a parlare, io dovetti soltanto rispondere e il primo "sì" che pronunciai fu la mia discesa nel baratro. Tutto quello che aveva detto prima era stata solo la premessa, in modo tale da coinvolgermi nella conversazione, quello che un agente non dovrebbe mai fare; ma come avrei non potuto farlo? Ero ancora sua figlia. Io ero la mosca intrappolata nella ragnatela del ragno. Se ero arrabbiata con mio padre? Certo che lo ero. Se avessi voluto che lui sapesse come mi ero sentita in quegli anni? Certo che lo volevo. Ero sempre stata convinta che se lui avesse saputo come mi sentivo realmente, non sarebbe andato via, mai più. L'S.I. questo doveva averlo calcolato, chiunque con un briciolo di intelligenza ci sarebbe arrivato. Sentii mio padre in sottofondo che mi urlava di non ascoltarlo, che chiamava il mio nome. Avevo un masso legato alla caviglia che mi stava portando a fondo. Questa era una sorta di resa dei conti in cui eravamo coinvolti tutti e tre: mio padre, l'S.I. e io. McGrant ci stava obbligando a rivivere il nostro passato per distruggerci, io in fondo volevo questo confronto perché avevo bisogno una volta per tutte che le cose venissero messe in chiaro. Per questo non potei dar retta a mio padre a prescindere, ignorando le parole del rapitore.
I profiler capirono subito che qualcosa non andava nel momento in cui l'S.I. si concentrò su di me. Divennero tesi e nervosi e questo non mi aiutò. L'ultima domanda fu la goccia che fece traboccare il vaso: il mio cervello era in panne, ero completamente estranea a tutto ciò che mi circondava. Quando risposi mi sentii più leggera, libera di esprimere una verità taciuta troppo a lungo. All'ultima domanda fui bruscamente riportata alla realtà, con il saluto del rapitore ancora nelle orecchie. L'agente Morgan mi strappò il telefono di mano, il suo sguardo mi squadrava come se li avessi traditi tutti. Beh, forse in un certo senso aveva ragione. Subito quel senso di vuoto e leggerezza venne sostituito da un lancinante dolore allo sterno, come se mi stessero strizzando il cuore dall'interno. Non riuscivo a concentrarmi su nient'altro ad eccezione di quel dolore.
-Ma che ti dice il cervello? Eh, si può sapere? Mi stai ascoltando?- le grida di Morgan mi giungevano distorte e lontane, cercavo di metterle a fuoco, ma non ci riuscivo. A malapena mi accorsi di avere le mani arpionate al bordo della scrivania con tanta forza da far sbiancare le nocche.
-Hai intenzione di consegnare Hotch nelle mani del rapitore? È questo quello che vuoi?- la testa mi girava pericolosamente.-Garcia, hai rintracciato la telefonata?- persino Rossi che parlava con Penelope, sembravano lontani anni luce. Lo stomaco iniziò a fare le capriole.
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Hotch invisible to his Daughter
Fanfic"Quando hai accettato la tua vita e sei pronta ad affrontare il tuo futuro. Quando ti senti abbastanza forte, credendo che il passato non potrà mai tornare a farti del male. ...E poi arriva uno psicopatico a smontare il tutto." *** Mi chiamo Serena...