Il nascondiglio

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Attenzione!
Questa storia è frutto della mia fantasia pertanto, anche se è ambientata durante il periodo della seconda guerra mondiale, molte cose sono state puramente inventate ed alcuni eventi non corrispondono al reale svolgimento dei fatti, quindi vi prego di essere clementi.
Buona lettura!

Una volta, quando ero solo una bambina, un uomo mi disse "quel che dai è quel che avrai", ma io non capii e non capisco tuttora.

Sento dei passi.
Mi costringo a trattenere il respiro e mi faccio piccola piccola dentro alla stanzetta costruita dietro la libreria.
Non riesco a pensare a niente che non sia il rimbombo di stivali e le parole pronunciate in tedesco stretto.

«Perlustrate la casa!» sento urlare.

Chiudo gli occhi.
Trattengo il fiato.
Anche il mio cuore sembra battere troppo forte.
Tengo le orecchie tese.

«La casa è vuota, signore!»

«Bene, proseguite!»

Forse dovrei sentirmi sollevata al pensiero di non essere stata scoperta, ma ho troppa paura.
Anche se non sono riuscite a trovarmi ora, le SS sono furbe e sicuramente non si arrenderanno.
In questo preciso istante vorrei essere con la mia famiglia.
Mamma, papà ed Hans si sono dislocati in posti diversi della casa, nella speranza che così risultasse più difficile trovarci. Ma se fosse stato esattamente ciò che si aspettavano?
Coraggio Eva, devi farti forza.
È vero, non devo farmi prendere dal panico, ma continuare a lottare.

——————

Mi sembra che siano passati anni da quando ho parlato l'ultima volta, eppure è lo stesso ed identico giorno.
Poteva essere un giorno qualunque, e invece la Wehrmacht ha fatto irruzione stamattina nel ghetto, dove io e la mia famiglia abitiamo ormai da tre mesi.
Ricordo perfettamente l'espressione sconvolta di mia madre mentre papà ha sbirciato fuori dalla finestra.
"Andrà tutto bene", mi sono ripetuta in mente come una cantilena.
Papà si è voltato ed ha semplicemente annuito. Sapevamo tutti cosa significava quel segnale.
Senza scomporci e senza fare tanto rumore, ognuno è andato alla propria postazione.
Hans si è infilato su dal camino, mamma nella botola costruita sotto gli assi del pavimento, io nel ripostiglio dietro la libreria e papà... Non mi viene in mente dove sia il suo nascondiglio.

Sento uno scricchiolio sinistro provenire dalla stanza dove c'è la libreria, ossia questa.
I muscoli mi si irrigidiscono improvvisamente.
Tre pugni contro la libreria.
È il segnale.
Mi alzo in piedi piena di gioia, ma, proprio mentre sto per far scorrere il pannello di legno che separa me dalla libreria, sento i passi ritmati tipici dei soldati e, successivamente, dei colpi di mitragliatrice.
Mi appiattisco contro la parete del ripostiglio con il cuore che batte all'impazzata.
Le gambe sembrano diventate di gelatina e d'un tratto non riescono più a reggere il mio peso.
Scivolo a terra.
Tremo.
Altri colpi alla libreria.
Parole in tedesco che non riesco a comprendere per via del muro che mi separa da quei demoni.
Se partiranno altri colpi di mitraglia, morirò.
Benché vi sia la libreria e un ulteriore pannello di legno, i proiettili trapasserebbero e mi colpirebbero in pieno.
Senza preavviso, le SS fanno dietro-front e i passi si fanno sempre più ovattati.

Aspetto minuti, o forse ore.
Prima o poi dovrò uscire, non posso rimanere qui per sempre.
Quando mi sembra ormai passata un'eternità, mi faccio forza e mi alzo in piedi.
Mi gira la testa per un momento, ma non ci faccio caso e mi decido finalmente a spostare con molta cautela il pannello di legno.
Non sarà altrettanto facile spostare la libreria.
Poggio la spalla contro il fondo del mobile e poi spingo con tutte le mie forze.
Una volta creato uno spazio abbastanza grande per farmi passare, esco.

Il sangue mi si gela nelle vene.
Un soldato mi sta puntando contro la sua pistola.

La figlia del FührerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora