L'inganno scoperto

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Adolf Hitler entrò nella sala da tè con la consueta sigaretta posizionata tra l'indice e il medio.

Sua moglie, Eva Braun, stava lavorando a maglia. Non appena lo vide, si interruppe e si alzò per andargli a posare un leggero bacio sulla guancia.

Adolf non ricambiò il gesto, ma si andò a sedere sulla sua poltrona, accavallando successivamente i piedi sul tavolino. «Notizie da Mila?»

Eva Braun prese posto di fianco a lui e poi scosse la testa. «No, e qui nessuno sembra sapere dove sia!»

«Parigi.»

Eva Braun rise istericamente. «Ma che stai dicendo, caro? Mia sorella Colette mi avrebbe avvertita se Mila fosse a Parigi.» disse e poi, dopo un minuto di silenzio, aggiunse: «E poi, perché Parigi? Mila odia Parigi.»

Adolf Hitler storse il naso. La faccenda puzzava. «Quindi, secondo te, Mila non è a Parigi con l'ex comandante Müller?»

La donna si meravigliò. Era la prima volta che il marito le chiedeva un parere personale. «Con Müller? E perché mai?»

«C'è qualcosa che non va.»

«Chiaramente, caro.»

Hitler si alzò dalla poltrona e, senza aggiungere altro, si diresse verso il proprio ufficio.

Dopo un paio di accertamenti fatti col telegrafo ed otto sigarette dopo, il comandante del Terzo Reich era furioso.

Come hanno anche solo potuto pensare di ingannarmi? Non hanno capito con chi hanno a che fare, soprattutto quella stupida ragazzina. 

Con gli occhi iniettati di sangue, Adolf Hitler uscì dal suo ufficio. «HUBERMANN!» gridò con tutto il fiato che aveva in corpo.

L'uomo accorse immediatamente. «Heil Hitler!» salutò riverente.

«La vostra truppa era ai posti di blocco. – cominciò il Führer – Per caso mia figlia ha oltrepassato il confine per la Francia?»

Il generale iniziò a sudare freddo. «No, ma ha oltrepassato il confine per la Polonia.»

Era morta. Quella ragazzina era morta. «Come? E voi l'avete lasciata passare?!» urlò furente.

Hubermann si tolse il cappello da ufficiale. «Ma... signore... aveva il lasciapassare...»

Maledetta! Dopo che le aveva concesso i lasciapassare e le autorizzazioni, fidandosi di lei, era così che lo ricompensava? 

No, non l'avrebbe passata liscia. 

Il Führer si ricompose e disse, con voce estremamente calma: «Hubermann, deve trovarla. Sicuramente sarà in cerca della famiglia che l'ha cresciuta. Controllate nei registri di ogni lager dove si trova la famiglia Ilsemann. Se trovate loro, trovate lei.»

Hubermann annuì. «Signor sì, signore!»

«Ah, comandante Hubermann, – lo richiamò il Kaiser – e sbarazzatevi di Müller.»

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Abel Schneitzer stava finendo di ultimare la sua macchina per macinare il caffè quando una truppa di SS fece irruzione nel suo studio.

«Ma che diavolo...»

Cosa stava succedendo?

In men che non si dica i soldati lo accerchiarono e gli puntarono addosso tutte le mitragliatrici.

Abel non comprendeva. «Signori, - cominciò – sono certo che ci dev'essere uno sbaglio.»

«Nessuno sbaglio, signor Schneitzer.» ghignò una voce fin troppo familiare.

Adolf Hitler si fece largo tra le SS con una sigaretta tra le dita.

Abel aggrottò la fronte. «Che cosa ho fatto?»

«Lei? Nulla, assolutamente nulla. Lei è il mio asso nella manica.» sorrise famelico quel diavolo, aspirando una boccata di fumo.

Asso nella manica?

Oh no. Mila.

«Ha cominciato ad intuire di cosa sto parlando?» domandò con soddisfazione il suo aguzzino.

Abel sospirò. «Lei dov'è?»

«Oh, è proprio questo il punto. Io sono sicuro che lei sia una delle poche persone a conoscenza dei piani di mia figlia, ma non deve temere. Non le estorcerò delle informazioni con la forza. Lei è la mia assicurazione. Fin quando l'avrò in pugno, mia figlia farà tutto quello che le dirò.» gli spiegò quell'uomo spietato, prima di voltarsi ed ordinare ai soldati: «Prendetelo, lui verrà con noi.» 

La figlia del FührerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora