Una speranza e un nuovo complice

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Mila urlò euforica.
Non ci poteva credere!
Dopo tanti anni passati a cercarli, finalmente li aveva trovati!
Adesso il prossimo passo era ricongiungersi con loro.
Abbracciò Abel con le lacrime agli occhi e gli ripeté "grazie" circa un milione di volte.

«Ma come hai fatto?» la curiosità prese il sopravvento.

«Segreto professionale.» lui rimase sul vago.

«Farò finta di crederci.» lo assecondò, anche se aveva qualche piccolo sospetto su come avesse fatto.

«E quindi? Dove sono?» lo spronò a continuare.

«Ad Auschwitz.»

Mila si sentì mancare e dovette sedersi su una delle tante poltrone del salotto. «A-Auschwitz?»

Abel si inginocchiò di fianco a lei. «Ehi, non ti preoccupare. Li porteremo via da lì.»

E, mentre i due complottavano in segreto, qualcuno era rimasto ad origliare tutta la conversazione da dietro la porta.
Wilhelm Müller si passò una mano fra i capelli, forse il primo gesto informale che compiva.
È pazza.
Forse Mila non si rendeva conto di cosa fosse realmente Auschwitz. Lui sì.
Aveva passato alcuni giorni lì e non aveva mai visto nulla di simile.
Abusi fisici, violenza, torture, esperimenti su soggetti umani...
Una vera e propria carneficina.
Devo impedirle di andarci.
Wilhelm riteneva che Mila, benché fosse una ragazza tenace, non ce l'avrebbe mai fatta a reggere anche solo un minuto in quel campo di sterminio.
In più, lei è convinta di essere ebrea, quindi si troverebbe faccia a faccia con la propria gente.
No.
Decisamente no.
Doveva ostacolarla in qualche modo.
Mentre stava ragionando, non si era accorto che la porta era stata spalancata e due paia di occhi lo stavano fissando insistentemente.

«Ebbene? Che ci fate qui? Ci avete spiato?» Mila incrociò le braccia al petto irritata.

Wilhelm Müller non sapeva mentire. Era stato educato a fare sempre la cosa giusta e a dire sempre la verità, perciò annuì. «Sì, ma lasciatemi spiegare. Mila, potrei parlarvi in privato?»

Mila guardò Abel, come a chiedergli un silenzioso parere.
Wilhelm sperava che il ragazzo non si intromettesse e così fu.

Abel fece spallucce. «Ti aspetto in giardino.» e si allontanò.

«Di cosa volete parlarmi? Non mi piacciono i ficcanaso.» borbottò lei, rivolgendogli un'occhiataccia.

Come doveva cominciare? Quali erano le parole giuste da usare? «Partiamo dall'inizio.» cominciò.

Fanculo il portamento, fanculo la discrezione, fanculo l'essere comandante!
Ora che era stato congedato, poteva parlare e comportarsi normalmente, senza troppi problemi. Doveva smettere di essere così controllato e lasciarsi andare. Non doveva più rendere conto a nessuno delle proprie azioni. Era libero.

«Io ci sono stato ad Auschwitz giusto qualche mese fa. Non è un bel posto, per farla breve.» tagliò corto. Non voleva traumatizzarla.

Mila rise di gusto. «Non è un bel posto? Lo so anch'io questo, per chi mi avete presa? Non mi hanno ancora fatto il lavaggio del cervello!»

«Non intendevo questo, Mila. Voi siete certa di conoscere cosa succede là?»

Voleva fare tanto la gradassa, ma in realtà non sapeva niente, assolutamente nulla. Wilhelm ne era convinto.

«Che importa cosa succede? È un posto orribile e, se la mia famiglia si trova là, devo andarli a salvare.»

Come pensava. «Mila, non vorrei essere troppo brutale, ma non c'è alcun modo di salvarli. Il loro destino è segnato.»

Era stato troppo schietto? Forse, ma non voleva illuderla. Chi entrava ad Auschwitz aveva due modi per uscirne: o dal camino della fornace oppure gettato in una fossa comune.

La ragazza pestò un piede a terra. «No! Non riuscirete a dissuadermi. Io ed Abel abbiamo passato anni a cercare di reperire più informazioni possibili ed ora che siamo così vicini, non sarete certo voi - un ex comandante addetto alla mia sorveglianza - a impedirmi di andarli a salvare!»

Wilhelm la prese per le spalle e la scosse ripetutamente. «Ma non capite?! Come potete anche solo presumere di riuscire a tirarli fuori di lì? Solo un SS-und Polizeiführer oppure il Führer in persona possono farlo.»

Mila non voleva arrendersi. Aveva bisogno di un'autorizzazione speciale da parte del Führer? Se la sarebbe procurata.
Dopotutto, lei era sua figlia e quale modo migliore per convincere anche un mostro come Adolf Hitler se non quello? Doveva solo idolatrarlo, essere dolce, affettuosa e premurosa per un po', dopodiché avrebbe fatto la fantomatica richiesta.

«Non ti preoccupare Wilhelm. Serve un'autorizzazione? L'avrò.» disse animata da convinzione e speranza.

Wilhelm Müller aggrottò la fronte. «Quando abbiamo iniziato a darci del "tu", precisamente?»

Mila fece spallucce. «Ti ricordi una settimana fa, all'anniversario dei coniugi Hitler? Ecco, lì ti dissi di darmi del tu, ma alla fine nessuno dei due l'ha fatto.»

«E ora che ho abbassato le difese, ti è sembrato opportuno darmi del tu. Concordo.» concluse il pensiero Wilhelm, cogliendola di sorpresa.

In realtà a Mila era venuto spontaneo, ma convenne con lui. «Esattamente. E come mai hai deciso di scioglierti?»

«Ho realizzato soltanto adesso che non sono più un comandante e quindi non mi è più richiesto di mantenere un certo comportamento.»

Mila gli sorrise. «Ottimo! Allora spero che Wilhelm Müller sia molto diverso dal comandante Müller che, se devo essere sincera, mi era un pochino antipatico.»

«Spero di non deludere le tue aspettative.» il ragazzo accennò una risata prima di porgerle il braccio. «Andiamo, Mila? Si staranno sicuramente chiedendo che fine abbiamo fatto.»

———————

Wilhelm si girava e rigirava nel letto, senza trovare una posizione comoda per dormire.
Durante quel giorno erano successe davvero molte cose.
Dopo la sua decisione di abbassare la corazza che si era creato nel corso degli anni, la situazione era cambiata nel giro di qualche ora.
Mila ed Abel l'avevano trattato subito in modo diverso, cercando di coinvolgerlo nei loro scherzi o raccontandogli aneddoti divertenti su come si erano conosciuti.
Wilhelm era stato trasportato dalla loro vivacità e aveva riso dopo molto tempo.
Si era divertito.
Non provava un senso di leggerezza da prima che iniziasse il servizio militare, quando ancora poteva fare ciò che voleva e non aveva migliaia di vite sulla coscienza.
E chi era stato ad ordinare alle truppe di agire in modo violento?
Adolf Hitler.
Chi l'aveva congedato dopo anni di servizio?
Adolf Hitler.
Chi gli aveva impartito ordini, ancora una volta, dopo il congedo?
Adolf Hitler.
Quindi, perché avrebbe dovuto esaudire i desideri di un uomo senza cuore?
No, non l'avrebbe più fatto. Aveva imparato dai suoi errori.

Così, nel cuore della notte si alzò e, dalla piccola stanzetta nel sottotetto, scese al piano inferiore fino alla stanza di Mila.
Bussò piano più e più volte e quando la ragazza - mezza addormentata - gli aprì, disse tutto d'un fiato: «Ti aiuterò a salvare i tuoi genitori.»

La figlia del FührerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora