30 gennaio
Quando si alzò quella mattina Aria ebbe la netta impressione che andare a scuola quel giorno le sarebbe stato impossibile, uno sforzo al di sopra delle sue possibilità. Due ore di economia aziendale, la restituzione dei compiti in classe di tedesco, i suoi compagni. Si sarebbe sottoposta volentieri alle dodici fatiche di Ercole piuttosto che a quelle sei ore di lezione. Vedeva più il suo professore di economia che suo padre. E onestamente non sapeva se fosse un male.
Fece colazione, si lavò e si vestì chiedendosi se sarebbe stato poi così grave saltare la scuola. Non avrebbe perso nessun compito in classe, era abbastanza grande da potersi firmare le giustificazioni per le assenze. Certo non avrebbe potuto scrivere come motivazione "disperazione e pensieri suicidari opprimenti", ancora una volta non avrebbe potuto dire la verità, le sue verità erano sempre troppo scomode, sconvenienti, inopportune. Un po' come la sua presenza nel mondo. Uscì di casa come avrebbe fatto normalmente e si chiese dove o come passare quella mattinata. Il problema di essere completamente al verde non avrebbe aiutato, mentre il pensiero di quei binari, di quel treno così vicino, era diventata un'ossessione. Le sembrava di non riuscire a pensare ad altro. Qualunque adolescente normale avrebbe avuto come ossessione il ragazzo di cui era innamorata. Lei no, lei provava un'attrazione irresistibile per la morte: la pensava in continuazione, le era di conforto, sapere che l'avrebbe sottratta a quello schifo la rendeva quasi euforica, a volte. Morire era il suo pensiero felice. Con chi mai avrebbe potuto condividere un sentimento di quella portata? Era certa che nessuno di sua conoscenza avrebbe mai voluto ascoltare una frase del genere. Tutti a piangere Massimiliano, a disperarsi per il suo gesto estremo, e poi però chi di loro, se lui avesse detto la verità, sarebbe riuscito a sopportarne il peso? Forse don Paolo... si disse, e quel pensiero un po' la sorprese.
Quando passò davanti all'edicola all'angolo salutò con un mezzo sorriso il giornalaio e lesse meccanicamente la notizia del tabellone: "Tenta il suicidio gettandosi dalla finestra. Diciottenne grave". Doveva assolutamente avere quel giornale. Chi era, perché l'aveva fatto, da che piano, era un maschio o una femmina. Probabilmente l'articolo avrebbe risposto a poche delle sue domande. Di solito i giornali tendevano a essere molto reticenti sui casi di suicidio. Soprattutto su quelli riusciti. Aveva sentito parlare dell'effetto Werther, il fenomeno per cui la notizia di un suicidio innesca una catena di altri suicidi, com'era successo con la pubblicazione del romanzo I dolori del giovane Werther. Si rendeva conto in quel momento di non averlo mai letto. Chissà se avrebbe avuto su di lei lo stesso effetto. Avrebbe dovuto aggiornare la sua lista dei libri sul morire. Era un titolo cui non aveva pensato. Tutti gli altri della lista li aveva già letti.
La sua priorità in quel momento, però, era mettere le mani sul quel giornale, peccato che in tasca non avesse nemmeno un euro. Sarebbe potuta andare in un bar a leggere la notizia, ma non si sarebbe potuta permettere alcuna consumazione, e non sarebbe passata inosservata, soprattutto si sarebbe difficilmente accaparrata il quotidiano, vista l'ora. Immaginava il bancone e i tavolini affollati di persone che conquistavano la loro dose di caffeina necessaria a iniziare la giornata. Sicuramente alcuni di loro affiancava quel rituale alla lettura delle notizie.
Poi ebbe l'illuminazione: la biblioteca sarebbe stata la sua salvezza, doveva solo trovare il modo per far arrivare le nove, orario di apertura. Non era mai andata in biblioteca di mattina, chissà chi ci avrebbe trovato. Sperava solo che nessuno le facesse storie perché era lì invece di essere a scuola. Certo, le persone normali che saltavano la scuola lo facevano in compagnia, di solito per evitare qualche compito o interrogazione e andavano a divertirsi, non come lei, che prima di decidere che non sarebbe andata a scuola si era mentalmente assicurata di non perdere nessuna verifica importante. Non come lei, che se ne stava da sola come un cane. Non come lei che per di più ambiva ad andare in biblioteca. E magari dopo aver letto il giornale avrebbe fatto i compiti per il giorno successivo. Mentre girava per la città senza meta continuando a fantasticare su chi fosse il protagonista di quella notizia, si ritrovò persino a scrivere un articolo che parlava del suo, di suicidio. Diciottenne si butta sotto al treno. In rivolta i macchinisti che chiedono a gran voce che il tratto di binari incriminato venga in qualche modo reso inaccessibile. Troppe le vittime di quel triste luogo. Il macchinista che ha investito la ragazza, che chiede di rimanere anonimo, dichiara: "Mi sento una vittima. Non potrò mai dimenticare quello che è successo. Non riesco più a dormire né a mangiare e non so quando potrò ricominciare a farlo. È una tragedia. Porgo le mie più sentite condoglianze alla famiglia e chiedo a chi ha il potere di farlo non solo di impedire l'accesso a quel triste tratto di binari ma anche di prendere sul serio la prevenzione al suicidio. Non riesco nemmeno a immaginare quanto possa essere stato grande e insopportabile il dolore di quella ragazza, ma sono certo che il suo gesto si sarebbe dovuto e potuto evitare".
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Aria e altri coccodrilli
General FictionTi è mai capitato di corteggiare la morte? Di essere al piano alto di un edificio e volerti buttare giù? Di pensare che la vita fosse troppo dolorosa e complicata? Allora non ti sarà difficile immedesimarti in questa storia. Aria e Eva hanno 18 anni...