27 gennaio
Non aveva preso in considerazione l'eventualità di trovarsi un lavoro, non certo prima di ottenere il diploma. Sapeva che qualche sua compagna di classe faceva la baby-sitter, ma l'eventualità di imitarla era fuori discussione. Detestava i bambini, non aveva pazienza e trovava snervante anche il minimo capriccio. Inoltre temeva che in un momento di scarsa lucidità si sarebbe potuta comportare con i piccoli come i suoi genitori si erano comportati con lei: una sonora sculacciata e via. Ricordava ancora quando si nascondeva terrorizzata dietro al pouf rosso per evitare che le grosse mani di suo padre la raggiungessero.
Forse avrebbe potuto consegnare pizze a domicilio o vendere pop corn al cinema. Non la entusiasmava anche se la prospettiva di guadagnare dei soldi era allettante. Non ci aveva pensato, ma – laboratorio di scrittura o meno – se avesse iniziato da subito a risparmiare, se ne sarebbe potuta andare di casa presto, molto presto. Aveva bisogno di un lavoro da poter svolgere nei fine settimana. Rovistò online tra gli annunci per cercare l'ispirazione, ma non trovò nulla che facesse al caso suo. Mise insieme uno scarno curriculum in cui comparivano i suoi dati anagrafici affiancati dall'unica foto in cui le sembrava di essere riuscita bene, e infatti non sembrava nemmeno lei. Rifletté sull'opportunità di sostituirla con una foto più realistica: se quello scatto doveva servire perché le persone cui avrebbe consegnato il cv la associassero a lei, non era adatto.
Per un attimo le balenò in mente la possibilità di utilizzare una foto della sua stupenda sorella e mandare il cv solo per email. Di sicuro le sarebbe valso qualche colloquio. Salvò il file su una chiavetta usb e uscì per andarlo a stampare da qualche parte.
Mentre camminava in cerca di una copisteria si guardava intorno immaginando di entrare in qualcuno di quegli esercizi commerciali per candidarsi. La prospettiva la terrorizzava. Cosa avrebbe detto? Che impressione avrebbe fatto? Chi mai le avrebbe dato una possibilità?
Mise 15 copie del suo cv in una cartellina e continuò a camminare. Camminò così tanto senza trovare il coraggio di lasciare alcun cv, che si ritrovò, quasi senza accorgersene, in mezzo ai campi e poi a costeggiare il terrapieno sopra cui correvano i binari. A un tratto, nel terrapieno popolato di alberi e sterpaglie, notò un varco. Si inerpicò, facendo attenzione a non impigliarsi nei rovi, e inaspettatamente si ritrovò sui binari. Non aveva idea se fosse una linea ferroviaria in disuso o meno. Si trovava in una sorta di stazione fantasma, c'erano le banchine da entrambi i lati dell'unico binario e un segnale rotondo con il contorno rosso che mostrava al centro un omino con le braccia e le gambe aperte. Camminò sulle traversine per qualche passo, poi sentì una vibrazione crescente sotto ai piedi. Stava per arrivare un treno.
Poteva essere quello il luogo, il modo, il momento giusto per morire?
Senza nemmeno pensarci si mise in salvo sulla banchina proprio mentre un fischio acuto annunciava il sopraggiungere del treno. Aria incontrò lo sguardo del conducente, che in quel tratto sembrava aver rallentato come se stesse per fermarsi e prenderla a bordo, o forse, come se sapesse che quello era il luogo prediletto dai suicidi e non volesse diventare complice di uno di quei fuori di testa. Mentre il convoglio proseguiva la sua corsa, Aria pensò di aver perso un'occasione. Non avrebbe dovuto trovarsi un lavoro, non avrebbe dovuto sopportare la delusione di non frequentare il laboratorio di scrittura cui teneva, la morte l'avrebbe sottratta a un sacco di spiacevoli situazioni ed emozioni. Il suo quaderno del morire sembrava non avere abbastanza spazio per tutti i motivi per i quali, secondo Aria, non valesse la pena di vivere. Scese dal terrapieno e ripercorse a ritroso la strada che aveva fatto fino a lì. Davvero il confine tra morire e non morire poteva essere sottile, come aveva detto don Paolo. Se solo avesse avuto un po' di sangue freddo in più, se fosse rimasta immobile invece di lasciar prevalere il suo istinto di sopravvivenza...
Ora le toccava distribuire davvero quei cv. Almeno uno, si ripromise. Tormentandosi a ogni passo si ritrovò quasi sotto casa senza aver combinato nulla. Aveva fissato per lunghi istanti l'ingresso del cinema e quello di almeno tre pizzerie che sapeva facevano servizio a domicilio, ma niente. Quando si ritrovò quasi sotto casa tirò fuori dalla cartellina uno dei suoi cv, prese un respiro, entrò al Bar Arcobaleno.
Al bancone c'era una ragazza molto bella che passava svogliatamente una spugna sul ripiano già lindo. La camicia bianca sbottonata ad arte lasciava intravedere il seno abbondante. Solo due tavolini vicino alla finestra erano occupati da un cliente ciascuno.
«Ciao» si sentì salutare.
«Salve» rispose Aria in un sussurro. Non era nemmeno sicura di essere stata udita. «Posso lasciare il mio curriculum, nel caso nel week-end abbiate bisogno di personale?»
L'altra alzò le spalle e prese il foglio che Aria le tendeva.
«Grazie» disse Aria e uscì senza grandi aspettative. Immaginò la ragazza leggersi le quattro stupidaggini che aveva scritto sul cv, ridere di lei, e poi ritagliare da quel foglio A4 un quadrato e usarlo per fare un origami a forma di rana. Il tempo per piegare la carta sembrava non mancarle. Probabilmente stava pensando di organizzare una gara di salti tra rane origami. La possibilità che quel posto potesse aver bisogno di lei sembrava piuttosto remota.
Quando rientrò in casa, la prima cosa che fece fu aggiornare il suo quaderno del morire: alla sezione "luoghi per morire" aggiunse "binari del treno nel tratto accessibile". Ripensò allo sguardo che aveva scambiato col conducente e si rese conto che buttarsi sotto a un treno significava rendere un perfetto sconosciuto un omicida, seppure involontario. Quella prospettiva non le piaceva affatto anche se per il momento, tra i modi per morire, farsi investire da un treno sembrava il più sicuro dal punto di vista del risultato. Pensò alle persone che sarebbero state chiamate a riassemblare il suo corpo smembrato, ai suoi genitori, che avrebbero dovuto riconoscere che quei pezzi erano davvero lei e le venne da piangere. Perché morire doveva essere così complicato? Non sarebbe stato meglio se ci fosse stata una sorta di clinica che praticava l'eutanasia? Quando sentivi di non farcela più ti recavi lì, ti facevano sdraiare su un lettino e ti praticavano l'iniezione letale. Senza dolore, senza strazio, senza rischi, senza clamori, senza dover per forza commettere un gesto estremo da fuori di testa. Le sarebbe piaciuto che per morire bastasse premere un interruttore. Come spegnere una luce. Quando sei stufo di brillare e stare acceso, ti spegni.
Invece no, attorno al togliersi la vita c'era una pressione sociale fortissima che sembrava volerti costringere a vivere a tutti i costi. Nemmeno a novant'anni, se ti veniva un tumore ti lasciavano in pace. Dovevi per forza sottoporti alla chemioterapia, fare la cavia. Aria detestava quest'impressione. Aveva la sensazione da un lato che ci fosse un sacco di gente bravissima a vivere, e dall'altro che la gente meno brava a vivere, pur lamentandosi in continuazione per qualunque cosa, non avesse nessuna intenzione di togliere il disturbo. Lei faceva parte della ristrettissima categoria di persone che detestava la vita e voleva restituirla.
Ricordava benissimo quando a dodici anni aveva urlato in faccia a sua madre: "Perché mi hai fatta nascere? Io non volevo!". Erano passati altri sei anni e non aveva cambiato idea di una virgola, da allora.
Probabilmente le lacrime di sua madre non significavano, come allora aveva creduto, che sua madre l'amava moltissimo e che quelle parole la ferivano perché le viveva come un insulto. Aveva ora l'impressione che significassero che sì, lei era stata un grosso errore, che sua madre rimpiangeva di non aver usato un metodo contraccettivo, di non aver abortito. Del resto dopo la perfettissima Elena sarebbe stato impossibile replicare. Era come se Aria e sua madre fossero diventata l'una la punizione dell'altra.
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Aria e altri coccodrilli
Fiksi UmumTi è mai capitato di corteggiare la morte? Di essere al piano alto di un edificio e volerti buttare giù? Di pensare che la vita fosse troppo dolorosa e complicata? Allora non ti sarà difficile immedesimarti in questa storia. Aria e Eva hanno 18 anni...