Capitolo 7

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2 febbraio

Il reparto di terapia intensiva si trovava al piano terra del padiglione C, l'orario serale di visita era dalle diciotto e trenta alle diciannove e trenta. Aria aveva carpito il nome dell'ospedale in cui era ricoverata Eva proprio quando non ci sperava più, anzi, quando non vedeva l'ora di uscire dal cesso puzzolente in cui si era ficcata. Le restanti informazioni le aveva trovate sul sito internet dell'ospedale stesso. Doveva solo decidere se andare all'inizio dell'orario di visita o a pochissimi minuti dalla fine.

Il suo obiettivo era quello di passare il più inosservata possibile. Era certa che i genitori di Eva sarebbero stati lì, si chiedeva solo quando sarebbero arrivati e quanto si sarebbero trattenuti. Se per almeno cinque minuti fosse riuscita a stare da sola un po' con Eva... Ma per dirle cosa? E se avesse incontrato qualcuno dei suoi parenti, cosa avrebbe potuto inventarsi? Che era una compagna di classe? A giudicare da quello che aveva origliato in bagno non sarebbe stata una buona idea. Avrebbe dovuto portare dei fiori? Cioccolatini? Un palloncino? Non ne aveva idea.

Aveva un vago ricordo della terapia intensiva, per esserci andata anni prima quando sua nonna era stata ricoverata lì in seguito a una brutta caduta. Ricordava gli indumenti protettivi da indossare, i copri scarpe, il fatto che si dovesse entrare pochi per volta. Tutti i monitor e le macchine attorno al letto, la flebo. Si sentiva abbastanza preparata. Eppure, entrando nel reparto alle 18e25 non aveva la più vaga idea di come comportarsi, a dir la verità non sapeva nemmeno perché fosse lì, cosa si aspettasse, quali risposte, quali sentimenti.

Si sedette su una delle sedie accanto agli armadietti e rimase in attesa che accadesse qualcosa. Nel frattempo si mise a pensare a cosa inventare per giustificarsi quando fosse rientrata a casa irrimediabilmente in ritardo. Avrebbe dovuto lasciare un biglietto sul tavolo di cucina. Questa volta avrebbe persino potuto rischiare di dire la verità: "sono in ospedale a trovare una compagna di scuola, l'orario di visita finisce alle 19e30". Omettendo il fatto che ci fosse andata da sola e che Eva non la conosceva nemmeno di vista era tutto vero e accettabile. Forse era ancora in tempo per mandare un SMS a sua madre. Dirle anche che non la aspettassero per cena. Tirò fuori il cellulare dallo zaino ma poi le sembrò di ricordare che in quel reparto ne fosse vietato l'uso e lo spense. Prese le cuffie e le infilò nelle orecchie per dare l'impressione di ascoltare della musica e di non voler essere disturbata anche se l'estremità nascosta in tasca non era collegata a niente. Si mise a leggere Canenero.

Sullo sfondo il rumore delle scarpe sul pavimento e poco altro.

Dopo alcuni minuti arrivò in sala d'attesa una signora, Aria sollevò appena lo sguardo dal libro, con la coda dell'occhio la guardò indossare gli abiti per entrare nel reparto. Che fosse stata la mamma di Eva? O era semplicemente la figlia, la sorella, la nipote di un altro paziente? Aria non ne aveva idea, non aveva alcun elemento per capirlo. La donna suonò il campanello e un'infermiera le aprì la porta e la scortò dentro. Che cosa stava facendo? Restandosene lì seduta non sarebbe arrivata a niente. Avrebbe dovuto parlare alla donna, anche se non era in qualche modo imparentata con Eva sicuramente sapeva qualcosa. La terapia intensiva era uno di quei posti in cui ti facevi un sacco di amici. Sua madre andava spesso a trovare la signora Rina, l'aveva conosciuta quando nonna era ricoverata. La signora Rina si trovava in ospedale perché il figlio era stato coinvolto in un incidente, e purtroppo, dopo diversi giorni di ricovero, quando sembrava fuori pericolo era peggiorato repentinamente ed era morto. Sua madre e Rina, all'inizio estranee, avevano condiviso per giorni l'orario di visita del reparto e il dolore, come avrebbero fatto due sorelle o due amiche di vecchia data fino a diventare intime. Aria aveva il sospetto di avere una sorta di scudo spaziale attorno che la teneva lontana dalle persone, le sembrava di essere incapace di entrare in contatto con gli altri come se lei venisse da un altro pianeta e parlasse un'altra lingua. Non riusciva a immaginare di poter avvicinare qualcuno.

Aria e altri coccodrilliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora