Speranza

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Scappa, a volte. Veloce come nessun altro. Piccola e nitida immagine che a tratti si frantuma, formando un minuscolo mucchietto di polverina argentata. Dopodiché, resta lì, sparsa tra parole e luoghi e persone: aspetta paziente, che qualcuno la raccolga, portandosene via anche solo un briciolo.

"Eccolo lì, un uomo nel parco.
Giacca e cravatta, stravaccato su di una panchina a tratti verde scura, indubbiamente fatta di legno. Pensava, quell'uomo. Con le mani, inconsciamente, imperterrito a levare quella che una volta, sicuramente più di 20 anni fa, veniva considerata vernice, ne staccava un pezzo dopo l'altro, piano piano: la gente che lo vedeva seduto sulla panchina si mise per un attimo a fissarlo e... "Oh! Miseria... Che figuraccia!". L'uomo si accorse degli sguardi, ma ricambiò e sorrise e lentamente tutti ritornarono alla monotonia delle loro passeggiate.
Il parco è indubbiamente un posto grande: c'è spazio a sufficienza da non far incrociare più di due volte due passeggini tra loro in più di tre o quattro ore. È un posto molto calmo e certe volte pieno di vecchietti: da soli o in coppia, li vedrete, voi, camminare su e giù per il loro amato parco, del quale conoscono tutto, persino la panchina dell'uomo in giacca e cravatta.
"In giacca e cravatta!?" Qualche vecchietto aveva fissato l'uomo della panchina e in quel momento probabilmente si stava chiedendo perché quell'uomo era proprio in tenuta lavorativa. "Forse non è andato a lavoro", continuava a pensare il vecchietto, ricurvo sul bastone come un gobbo.
Intanto l'uomo della panchina smise di guardare il cielo e raccolse le sue braccia, dalla panchina alle natiche. Per un secondo parve chinare la testa, poi fulmineo, si alzò di scatto, facendo cigolare un poco la panchina. L'uomo era alto e di bell'aspetto. Si girò e guardò dietro di sé, verso la panchina, mise una mano sopra di essa e fece pressione, quel poco che servì per cessare il rumore che si udiva, dati gli anni di quella povera panchina.

Ora l'uomo è davanti al lago, è passato un po' di tempo. È sempre lì, che fissa il cielo, pensando: "Chissà, forse riuscirò a dimenticare il dolore, cercandoti da quaggiù". L'uomo quindi si rimette il cappello grigio e, con la sua lunga giacca di quel giorno sulla panchina, si allontana e sorride, cercando di ritrovare in mezzo a tante scartoffie bancarie i ricordi più sereni di quella che, forse, era stata la sua vita, tanto tempo fa e di sicuro prima di quello strano giorno al parco."

Già so che dopo toccato il fondo si risale. Già so che ogni volta che lo si tocca, si riesce a migliorare sempre le situazioni.
Il punto è quando tocchiamo il fondo. Sappiamo risalire, ma chi ci dice quando veramente non c'è più modo di peggiorare le cose.
Personalmente, io, ho sempre pensato al peggio, ho valutato tutte le infime possibilità che in un eventuale futuro sarebbero potute succedere. Così facendo, inconsciamente mi angoscio e fintanto che qualcuno non se ne sbuca fuori all'improvviso, rammentandomi che senz'altro ci sono altre cento possibilità più che positive, io me ne resto seduta, sul letto, a pensare come possano peggiorare le varie situazioni. Continuo a pensare ai miei sbagli, a cosa mi hanno portato e a cosa mi guideranno, e non vedo come io possa riuscire a riprendere il controllo di quella che mezz'ora fa ritenevo fosse tranquillità mista a tratti con della speranza.
Rimugino su tutto a volte.
Anche sulle cose già avvenute e non necessariamente "brutte".
"E se fosse andata così?? E se, magari, avessi detto altre cose, se fossi giunta ad altre conclusioni, se non fossi così? Forse sarebbe andato tutto in un altro modo ed ora sarei più felice... Ma non c'è proprio modo di rimediare? ... A volte vorrei mettere a posto tutto. Vorrei tornare come prima. Vorrei, a volte, riacquistare qualcosa chiamato serenità."
Beh, mi accorgo di essere arrivata al limite, quando cerco di cambiare il passato, cosa per altro impossibile. Scoffitta dalle mie stesse conclusioni, pian piano ritorno alla realtà e capisco per la milionesima volta che, se ci pensassi un attimo di più, vedrei che non tutte le cose che sto vivendo sono, effettivamente, così torve.
Riesco, per la quarta volta in un giorno, a riprendermi e cerco di far passare questo tempo interminabile. Ma tutto è un po' più leggero, nascosti i brutti piensieri. Come se, a guidarmi, ci fossi tu, sempre accanto a me.

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