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Quando si svegliò, Louis si ritrovò in una stanza asettica dalle pareti completamente bianche, La testa gli girava pericolosamente e le sue mani tremavano ancora per lo sforzo compiuto solo qualche ora prima. Una piccola finestrella, dall'altro lato della stanza, filtrava leggermente la luce pallida del giorno, mentre il lieve ticchettio della pioggia contro il vetro riempiva la stanza, costringendolo a massaggiarsi le tempie per il prorompente mal di testa che succedette il suo risveglio.

Qualche stanza più avanti, Sua madre Johannah apprendeva per la prima volta cosa avesse fatto e mentre lacrime di dolore le riempivano gli occhi, la donna si maledisse. Maledisse se stessa per non essere stata accanto al figlio, maledisse se stessa per non essersi accora di niente fino a quel momento. Si maledisse mille e più volte per non aver mai seriamente provato a parlare con il ragazzo e si maledisse sopratutto per non essere stata una buona madre.

Per aver permesso che il suo bambino affrontasse una cosa così grande tutto da solo.

"C-cosa gli succederà adesso..?" Domandò con voce spezzata guardando i due agenti in divisa che le stavano davanti.

"Non ne siamo ancora certi, signora... le condizioni dell'altro ragazzo sono critiche. a quanto ho saputo dalla famiglia attualmente è in coma a causa di un forte trauma cranico. Suo figlio verrà sicuramente espulso. e anche se minorenne probabilmente dovrà essere portato in un istituto correttivo dove dovrà subire terapie e cure specifiche per i suoi disturbi"

A quelle parole le lacrime scesero copiose dagli occhi della donna, mentre questa si appoggiava ad una delle pareti della stanza per non crollare. Suo figlio era malato... suo figlio stava impazzendo e lei non aveva fatto niente per impedirglielo. "Ha detto che le ombre gli dicevano di farlo" le aveva detto uno dei poliziotti con un sospiro appena qualche minuto prima; "ha detto che se non l'avesse fatto sarebbe scoppiato". C'erano delle voci all'interno della sua testa... delle voci che lo avevano quasi spinto ad ammazzare di botte un suo compagno di classe. E Johannah  davvero non riusciva a credere che il suo bambino fosse l'artefice di un atto così brutale.

Uno dei due poliziotti le si avvicinò con cautela e posò una mano sulla sua spalla. "È la cosa giusta da fare, mi creda..." disse con tono pacato mentre stringeva delicatamente la presa, cercando di darle conforto "se non fossimo intervenuti probabilmente l'altro ragazzo sarebbe morto" il suono di quelle parole riuscì a terrorizzarla Definitivamente. Quello non era il suo Louis. O almeno, non più. Quella sagoma grigiastra che aveva visto qualche ora prima rannicchiata su una brandina,  era soltanto la sua ombra. Un vago ricordo di una persona che non c'era. Ed era stato stupido da parte sua credere che sarebbe riuscito ad andare avanti.. Suo figlio non era mai stato un bambino forte... si era lasciato corrodere dal dolore senza reagire, osservandosi morire ogni giorno di più finché il vero Louis era scomparso definitivamente, lasciando dietro di se solo un involucro vuoto:

Carne, ossa, respiro.. ma nessuna anima

Quella non era una persona. Era un mostro, niente di più.

Johannah guardò per un attimo la stanza dove era stato chiuso suo figlio, con le labbra tremolanti e calde lacrime a rigarle il volto stanco. "P-posso vederlo u-un ultima volta..?" Sussurro con il poco fiato che le era rimasto, pregando con lo sguardo l'uomo che aveva davanti. Il poliziotto abbassò lo sguardo per un attimo e poi scosse lentamente la testa. "Mi dispiace signora, peggiorerebbe solo la situazione" disse solamente, e mentre la donna usciva a malincuore dalla struttura Louis iniziò a piangere. Rannicchiato in posizione fetale su quella minuscola brandina  pianse e basta, lasciando che tutta la rabbia, tutto il dolore e tutta la frustrazione uscissero dalle sue labbra sotto forma di singhiozzi rumorosi ed urla di disperazione.

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