Diciannovesimo

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Non sapevano più che dire, loro due, della loro storia. A quel punto tutto l'imbarazzo e l'inesperiente novità di quell'amore fisico li aveva presi a botte senza ritegno.
Del sangue Steve lo aveva perso di già, le prime volte specialmente, ma qualche piccola traccia a cui non faceva nemmeno caso. Quella volta però era stato palese, e terrorizzante.
Il lenzuolo che usavano quando si sdraiavano sul loro letto nascosto era rigato da una lunga striscia rossa, e poi anche il lato di un bordo si era macchiato, per pulire Steve.
In altre circostanze sia Steve che Bucky avrebbero riso e ironizzato su quello spiacevole episodio, ma, essendo così preoccupante per loro, e nuovo, rimasero muti per la paura.
Da un lato c'era Bucky, più terrorizzato dello stesso Steve, mangiato dal senso di colpa che in quei giorni lo assillava per ogni minima cosa fatta a letto con Rogers. Trattenne svariate imprecazioni, facendole correre tutte nei sui pensieri, maledicendosi per quanto fosse disastroso e nei confronti del minore.
E poi Steve, che, appunto, non sapeva cosa aspettarsi o in che modo cercare di diagnosticare qualche problematica più o meno seria.

«Credi che possa essersi rotto qualcosa di importante?» domandò Steve con un filo di voce. Gli occhi grandi e lucidi di timore, le mani sui fianchi mentre, vestito e accaldato, si muoveva con passo impedito per la stanza. Era passato già quasi un quarto d'ora da quell'incidente. La perdita di sangue sconosciuta si era attenuata senza poi tutt'a quella tragicità, ma le espressioni nei volti dei ragazzi avrebbero fatto credere che in quella stanza tutta loro ci fosse nascosto un cadavere.
«No, ecco, non credo. Non so di preciso cosa ci sia di così importante lì dentro...cioè, tu stai bene? Ne sei sicuro? Devi dirmi qualsiasi cosa tu ti senta.» James increspò le sopracciglia, alzandosi dal bordo del letto su cui era seduto con le mani in mano.
«Si, sto bene, sta tranquillo. Te l'ho detto, non è poi così doloroso.» Steve si sforzò di sorridere, portandosi le mani alle braccia. Bucky gli si mise difronte. Il più basso alzò il capo per guardarlo meglio in volto, percependo le forti mani di quello accarezzargli i dorsi delle proprie, ossute e magre. Un bacio glielo poggiò sulla fronte calda, mentre, piano, lo fece avvicinare al proprio petto in un abbraccio lieve.
Steve gli strinse la schiena, massaggiandolo all'altezza dei reni, per poi salire piano, con le dita, dolcemente. Bucky poggiò le labbra sul capo biondo di lui, baciandolo più volte ed emettendo un rumore stridulo con le labbra.
«Siamo proprio un casino.» constatò Rogers, poggiandosi con una guancia contro il corpo che lo aveva ormai travolto del tutto.
«Un fottuto disastro.»

Tornati a casa si resero conto di essere soli. Ci avevano impiegato meno tempo di quanto immaginassero a stare nella loro intimità, a prendersi di spavento e a percorrere la strada per il ritorno. I genitori di Steve erano al lavoro, e ci sarebbero rimasti ancora per qualche ora abbondante. Sarebbe stato peggio gironzolare per la casa cercando di nascondere tutta la preoccupazione davanti agli occhi degli adulti, a pensarci meglio. La solitudine però gli chiudeva lo stomaco in una morsa ansiosa che aumentava i loro interrogativi.
Se avessero avuto la maturità esperente di due adulti non avrebbero dato così peso alla situazione, ci sarebbero stati più attenti e magri, si sarebbero fatti qualche risata. Ed invece né Steve né Bucky avevano la minima idea di cosa pensare, o come comportarsi.
Chiusero la porta d'ingresso alle loro spalle, i passi picchiettarono contro il pavimento ben pulito. Bucky andò per primo in cucina, porgendo con premura un bicchiere d'acqua fresca a Steve. Mentre questo beveva, il maggiore con minuziosa leggerezza gli sistemò il ciuffo scompigliato contro la fronte, abbottonò meglio la camicia tenuta fuori dai pataloni, e si preparò a versare altra acqua al bicchiere quasi vuoto.
Steve sorrise con le labbra brillanti dall'acqua che lo aveva dissetato, scuotendo il capo.
«Hai fame? Vuoi riposarti in camera?» gli domandò Bucky, increspando la fronte.
«Grazie, sto bene così, non preoccuparti ancora.» pareva il loro primo dialogo, pieno di imbarazzo. Impacciati perfino nel guardarsi negli occhi.
«Hai bisogno di rifocillarti, non cercare scuse. Un bagno, ecco! Vado a preparare la vasca.»
Steve non riuscì nemmeno a chiamarlo per nome, che Bucky era già corso in cima alle scale, diretto in bagno. Sbuffò con ingenua dolcezza, pensando a con quanta preoccupata apprensione James fosse agitato per ciò accaduto.

That place in Brooklyn ||Stucky|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora