Decimo

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In fondo, la loro era una storia iconica. Due adolescenti innamorati che vivevano nei primi anni quaranta, e che nascondevano il loro stesso racconto perché erroneo al mondo.
Però Steve aveva letto su alcuni libri di storia, alla biblioteca, che i romani intraprendevano dei rapporti omosessuali, e che per loro si trattava di normalità.
Se in passato tutti sapevano apertamente del sesso tra due uomini, perché in un ipotetico futuro questa accettazione non sarebbe potuta ritornare?
Avrebbero dovuto aspettare anni, forse anche secoli, ma un giorno avrebbero potuto amarsi, come chiunque altro. Si erano ripromessi di essere liberi, non solo in quel posto nascosto, ma anche nel mondo. E sarebbero rimasti vivi fino alla fine, per potersi ritrovare e fare l'amore nella terra di tutti.

Da bambini ci giocavano spesso con quelle due lattine vuote, congiunte da un lungo filo di spago. Trascorrevano i pomeriggi a meravigliarsi di quella specie di magia che gli permetteva, seppur in maniera poco fluida, di sentire le proprie voci da un capo all'altro dello spago. Il telefono meccanico era un gioco che il padre di Steve aveva insegnato ai due ragazzini quando frequentavano ancora la scuola elementare. Facevano a gara a chi, con la maggiore distanza, riuscisse a percepire la parola dell'altro, che si esprimeva a bassa voce.
Il loro ottavo giorno di sesso tennero a distanza il loro bacio innominato per colpa di quel filo ingiallito dello spago. Tornarono bambini, anche se erano cresciuti, anche se facevano l'amore come i grandi, in fondo avevano nostalgia di quell'innocenza, che cercava in tutti i modi di spingersi fuori.
Fu di Steve l'idea di riproporre quella specie di giocattolo artigianale. Lo fabbricò velocemente, dentro la loro stanza. Non vi si chiusero all'intento con la foga e con l'unico intento di fare l'amore, vollero rifugiarsi lì dentro nella loro quiete, respirare i loro spazi e affibbiare sguardi che normalmente sarebbero stati indiscreti.
Sorridendo come un bambino, il biondo porse una lattina a Bucky, seduto sul pavimento con le gambe incrociate. Steve camminò a piedi scalzi fino alla parte opposta della stanza, sedendosi allo stesso modo, tenendo più che poté il filo.
James rise ingenuamente, abbassando gli occhi e portandosi quel leggero contenitore di alluminio all'orecchio. Si aspettava una qualche parola sussurrata con fare spiritoso, una presa in giro per non fargli capire appieno il significato della frase, oppure uno scioglilingua che poteva metterlo in difficoltà. E invece Bucky dovette aguzzare meglio l'udito. Si tappò l'altro orecchio con due dita, e si concentrò silenziosamente su quel debolissimo rumore proveniente dall'altro capo del filo.
Era un debolissimo picchiettio coatto. Bucky ispirò dal naso, il luccichio del sudore umido gli percorreva la piccola fossa delle occhiaie, e le labbra le ritrasse in un morso lungo ma leggero, per concentrarsi con maggiore attenzione.
Bum. Bum. Bum.
Era un suono familiare. Non era una voce, un gioco di versi, o un tamburellare con le dita sulla lattina. James lo riconobbe subito, ci era abituato a farsi sanguinare i timpani a furia di ascoltare quella canzone infinita.
Steve aveva poggiato il barattolo sul petto, si era messo dritto con la schiena ed aveva socchiuso gli occhi, lasciandosi trasportare da un sospiro. I peli sulla nuca di Bucky si drizzarono tutti, la pelle d'oca sulle braccia nude dalle svolte della camicia diventò ruvida.
Steve si accorse della sorpresa di James, che aveva capito la provenienza di quella vibrazione. Lo capì, e il suo cuore iniziò a battere ancora più forte dall'emozione, e con una reazione a catena anche l'espressione del ragazzo più grande si sfumò con più brivido, graffiante, da squarciargli le costole.
Bucky allontano l'oggetto dall'orecchio, facendo rilassare la tensione dello spago, che toccò terra. Con lenta delicatezza, Barnes fece roteare a poca distanza da se il barattolo, che emise un leggero suono stridente. Steve rimase immobile, con la sua lattina tra le mani, abbassata sul ventre. Nella stanza c'era sempre un buio afoso, e tra i colori chiari dei loro occhi amalgamati assieme, e le candele sulle mensole, le ombreggiature dei loro lineamenti sembravano tinte di viola, blu e poi anche nero.
Bucky accennò un sorriso malizioso, che si imboccò a metà del viso. Prese a gattonare verso Steve, seguendo il tracciato del filo, che divideva la distanza tra di loro. Si avvicinava sempre di più, tanto che il minore, quasi intimorito da quello sguardo sensuale, si trascinò indietro di pochi centimetri, finendo per sbattere la schiena contro la parete di legno.
James ormai era sul corpo rigido di Steve, il busto a coprire completamente la magrezza del più piccolo, che tenne le braccia dritte lungo i fianchi, e il viso issato su quello dell'altro.
«Se era un gioco, ho vinto io.» mormorò il moro, danzando lievemente e con provocazione sulle gambe di Steve.
«Hai indovinato?» gli domandò quest'ultimo, per spazientirlo sempre di più.
James mormorò con accondiscendenza, accarezzandogli il viso con le nocche.
«Quello era il battito del tuo cuore.» disse «Sai benissimo che lo avrei riconosciuto immediatamente. Volevi perdere proprio perché vuoi scontare la tua penitenza, non è così?»
Steve si lasciò sfuggire un sospiro teso, bagnandosi inutilmente le labbra.
«Sei stato bravo ad ascoltare, tutto qui, era difficile da indovinare.» rispose il biondo.
«Dici così solo per giustificarti. Quindi, cosa vuoi fare adesso? Vuoi giocare ancora?»
Steve gli prese la nuca con una mano, spinse più vicino a se Bucky e prese l'iniziativa di far diventare le loro labbra tempesta, in un bacio breve quanto sfiancante.
«Si, voglio giocare, ma ad un altro gioco.» lo sussurrò appena sulla bocca umida di James, che subito venne privata di ogni parola e fiato, catturato da Steve.
Il minore strattonò con un gesto veloce la cinta dei pantaloni di Bucky. Sotto la sua presenza, Steve espose l'intimo del maggiore, il quale restò fermo sopra di lui, a contorcersi e a mugugnare di gusto, cercando ancora altri suoi baci.
Steve premette la propria mano contro l'erezione di Bucky, attraverso la biancheria intima, finché non ritenne appropriato toccarlo senza avere la stoffa come ostacolo.
James, dal canto suo, non si sminuì, e nemmeno poté farsi completamente sottomettere da quell'eccitante iniziativa da parte di Steve. Gli strappò via la camicia, con una frenesia quasi caotica. Perì anche del distacco delle mani di Rogers dalla sua erezione, per togliergli definitivamente i vestiti di dosso, e poter sentire tutto il calore ammaliante che quel corpo emanava.
Steve era ormai nudo, sul pavimento impolverato, dopo una lotta di distacchi tra le loro carezze. Bucky invece aveva ancora i pantaloni addosso, che però non sentiva il bisogno di togliere.
James iniziò la sua lunga discesa sul petto di Steve con rumorosa foga; la stampo delle sue labbra umide tutte sul collo del minore, che andavano alle clavicole, poi vicino ai capezzoli, giù fino alla linea incavata del ventre piatto che portava all'inguine sensibile, che si ritrasse non appena la lingua di Bucky lo inumidì, sfiorando con il mento il membro eretto di Steve.
Gemendo quasi non potesse più respirare, o aggrapparsi alle spalle di Bucky quasi graffiandolo, il ragazzo più piccolo lo fermò prima che potesse prendere in bocca la sua eccitazione, calmando i propri respiri irregolari.
«Posso provare una cosa?» balbettò Steve, addolcendo lo sguardo premuroso di Bucky, che subito sfoderò il suo lato protettivo. Barnes ritornò vicino al suo viso con uno scatto veloce, prendendogli la mascella spigolosa, che tra il calore delle sue dita si tese.
«Naturlamnte, qualsiasi cosa amore.» annuì a bassa voce, un po' per la tenerezza che lo aveva reso ubriaco, un po' per l'affaticamento.
Steve sorrise dolcemente, lasciandogli un tenero bacio sulle labbra carnose, e allontanandolo da se. Lo fece così da potersi issare in ginocchio, e lasciare il suo posto da seduto a Bucky, che lo assecondò ad ogni suo movimento, senza riuscire a togliergli gli occhi di dosso.
Steve gli strinse le cosce muscolose, le massaggiò attraverso i pantaloni, e si sorresse grazie alle braccia, proprio difronte al viso di Bucky.
L'estate ci ha fatti scivolare sotto la sua lingua, i nostri giorni e le nostre notti profumano di ossessione.
Ironica l'idea di essere ossessionati da qualcuno talmente tanto da non poter nemmeno placare la propria sete e saziare tutta la fame che consuma le ossa.
Steve, con tutta la sicurezza della mente, e l'istinto del corpo, concesse a Bucky altre carezze docili, che diede e ricevette, così da aumentare gradualmente la loro eccitazione sessuale.
I corpi andarono in combustione, come ogni volta, il loro fare l'amore era inizialmente doloroso, ma profondamente eccentrico, passionale e appagante. Il fondoschiena sodo e roseo di Steve si voltò verso Bucky, che gli accarezzò i fianchi per accompagnarlo su di se. Il minore si sorresse sul bacino di James con uno sforzo delle ginocchia, guardò verso la virilità dell'altro, e la prese alla base, così da poter posizionarsi meglio sopra di essa.
Svuotò i suoi polmoni malati da tutta la tensione fisica e del pensiero; Steve chinò la testa all'indietro, ricevendo la carezza di Bucky tra i capelli chiari. Si abbassò sopra il maggiore, lasciandosi penetrare senza nemmeno essere inumidito. James flesse le ginocchia quando si sentì avvolgere completamente dalla stretta fessura di Steve.
Stupefatto da quell'improvvisa iniziativa, e tramortito dal piacere che lo fece esprimere esclusivamente attraverso gemiti e mugugni, James accarezzò tutta la schiena di Steve, freneticamente, guardandogli le spalle, un misto tra sopportazione e abbandono dell'atto.
Poggiò la bocca sul retro del suo collo, leccando le ossa sporgenti, massaggiate dalle sue labbra morbide.
Con tutti quei baci, con tutti i loro contatti, in ogni loro gemito respirato con sforzo, potevano raggiungere il paradiso senza morire.
Erano così belli, Steve era così aggraziato davanti agli occhi di James. Candido come l'inverno, timido come la primavera, raggiante come l'estate e rassicurante d'autunno. Era tutte le stagioni di Bucky, era il tutto che lo portava ad essere niente.
Steve si mosse gradualmente sopra il maggiore, riuscì a coordinare i propri movimenti inizialmente impacciati, in modo da trovare piacere da quel suo pieno controllo, e sottoporre Bucky alle stesse sensazioni.
Il moro gli prese il petto con entrambe le mani, toccandogli ogni porzione di pelle accaldata, che gli sfuggiva velocemente via, per le movenze continue di Steve. Lo sforzo di Rogers durò per poco, Bucky percepì la sua stanchezza, e i suoi affondi farsi più lenti. Steve fu accompagnato dalla forza di James a levarsi dal loro punto di fusione, e con un gesto veloce lo riportò alla sua posizione originale, difronte al proprio corpo.
Steve urlò forte alla sensazione del distacco dal sesso di Bucky e alla stessa improvvisa penetrazione che lo fecero irrigidire in un intervallo di pochi secondi. Avvolse il collo del ragazzo sotto di lui con le braccia, graffiandogli la schiena. Poggiò il viso sul capo arruffato dai capelli scuri, e chiuse gli occhi, riprendendo a gemere.
«Voglio venire guardandoti negli occhi.» gli mormorò Bucky, afferrandogli metà del viso, mentre con l'altra mano lungo il suo fondoschiena lo aiutò a riprendere i movimenti coordinati del suo corpo.
Steve non seppe rispondergli a parole, non poté parlare e spingersi su Bucky allo stesso tempo.
In effetti Steve aveva fatto un grosso errore, anche se quella posizione era più scomoda per lui, di gran lunga poter guardare il compagno era migliore di qualsiasi altra comodità.
Bucky poggiò il viso contro il petto di Steve; con una mano gli afferrò i capelli chiari, con l'altra continuò a stringergli un fianco. Steve, dal canto suo, non smise di reggersi al collo del maggiore, spingendosi in alto e in basso, penetrandosi a fondo, per poi ritornare a respirare quando le ginocchia lo portavano a sorreggersi a metà dell'eccitazione di Bucky. Quest'ultimo, invaso dall'orgasmo ormai prossimo all'arrivo, piantò i piedi per terra e si aiutò a spingere dentro Steve, a creare una macchina perfetta tra i loro movimenti, che mettevano in moto ogni cellula del loro corpo.
Quando vennero si sentirono come terremoto; gridarono forte, con le fronti congiunge e i respiri caldissimi sulle labbra. L'orgasmo li stordì quasi fosse una scossa elettrica; esplosero in un'onda che nella tempesta si infrange contro gli scogli, e tremarono incontrollatamente facendo squarciare il suolo sotto di loro.
Il loro venire uno dentro l'altro, e l'altro addosso a uno, faceva di quei sensi l'esplosivo più pericoloso che nessuna guerra avrebbe mai usato per uccidere. Scoppiavano a vivere nelle loro parole, che subito dopo il seme sulla loro pelle, contraddistingueva il loro romanticismo.
«Ti amo.» disse Bucky, reggendo il corpo nudo e stremato di Steve sul petto.
«Anch'io. Ti amo infinitamente.» rispose, con un filo di voce, nel girone della tranquillità che odorava della pelle di James.
Loro si amavano ed erano vivi. Facevano l'amore perché erano vivi. Erano vivi in quel momento, e lo sarebbero stati per molto altro tempo ancora, ma per il momento erano vivi.
Vivi così com'erano.

That place in Brooklyn ||Stucky|| ✔Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora