Piero era seduto da un'ora nella sala d'attesa dell'ospedale: conosceva già quel posto, le sedie ricoperte da vinile blu dai cui lati strappati si affacciavano masse di gommapiuma, l'aria fredda e sterile, i neon quasi scarichi sul soffitto. Non era mai stato, però, in quel reparto, il cui solo nome lo faceva rabbrividire, tanto gli parlava di morte: oncologia. Sua moglie era sotto le luci potenti della sala operatoria, faceva la biopsia, ultimo di una serie di accertamenti; lui attendeva fuori: non c'era nessun pericolo di morte, quello che lo preoccupava era quello che attendeva lui ed Eleonora dopo, se tutto era maledettamente vero. Il chirurgo uscì da una porta larga, lo guardò con occhi spenti, poi andò nel suo studio; subito dopo uscì la moglie, ancora anestetizzata, sul lettino, portata da alcuni infermieri. Il suo viso era pallido, il signor Martoni lo ricordava nitidamente: non perse mai quel colorito, la sua amata moglie.
Il ricordo si spostò nella stanza di lei, due giorni dopo. Lui era seduto di fianco al suo lettino, mentre stringeva la mano ad Eleonora: le aveva portato una rosa rossa, e, non essendoci vasi, la mise in una bottiglietta di plastica che aveva trovato nel cestino della stanza e riempito con acqua di rubinetto. Lei, guardando quel semplice dono, non poteva che sorridere, pensando all'amore che lui provava per lei: vero amore. D'un tratto entrò il medico, lo stesso che aveva effettuato la biopsia: il suo passo cadenzato nel silenzio amoroso della stanza non prometteva nulla di buono. Si pose di fronte al lettino, si capiva che aveva brutte notizie in serbo, e non sapeva come comunicarle. Eleonora lo intuì:
-Non va bene, vero dottore?
-No... no, signora.
-Cosa c'è che non va? Cosa mi porto dentro? La prego, me lo dica!
-Ecco, è difficile dirlo... lei ha... beh, come dire?
-Un tumore, vero?
-Esatto, mi dispiace davvero tanto... nei prossimi giorni le indicheremo le terapie che dovrà affrontare... per ora può tornare a casa.
-La ringrazio della premura e della riservatezza, dottore. Ora... se ci può lasciare soli, me e mio marito, intendo.
-Oh, certo.
Il medico uscì e chiuse la porta dietro le sue spalle. Eleonora fissò Piero negli occhi: accennò un sorriso, mentre lui non riusciva neanche ad incurvare le labbra.
-Piero, guardami!- gli disse imperiosa.
Lui sollevò lo sguardo: i suoi occhi acquosi facevano scendere lungo le guance lascrime di amore e dolore.
-Mi devi fare una promessa- proseguì lei
-Che genere di promessa?
-Mi devi giurare che non piangerai più, dopo oggi, fino a che io potrò guardarti negli occhi.
-Come faccio? Non capisci che da un giorno all'altro potrei perderti?
-Quel giorno non è oggi, amore, e fino ad allora io voglio sorridere, ma insieme a te!
-Se lo vuoi...
-Io lo voglio, e tu puoi farlo: hai sempre sorriso con me, fin dal primo giorno!
-Da quando ti pestai il piede...
Ora Eleonora e Piero uscivano di casa: lei avrebbe dovuto iniziare il ciclo di chemioterapia. Presero l'auto per andare in ospedale, poi arrivarono nella stanza: altra gente era già seduta sulle sedie tanto comode quanto piene di sofferenza. Lei presentò la prescrizione ad un'infermiera che era lì dentro, che la guardò come se stesse vedendo già un morto. La fece accomodare mentre preparava il mix di farmaci che avrebbe riempito, di lì a poco, ogni fibra del suo corpo. Poi sistemò la sacca sul trespolo:
-Se ha della biancheria intima, le consiglio di togliere il golfo, signora: fuori fa freddo, ma avrà una sudorazione abbondante.
-Lo farò grazie mille.- tolse l'abito, notando un secchio di plastica- Starò molto male?
-Mi auguro che non soffra molto e che il suo corpo sia resistente. In ogni caso, essendo la prima volta, non sarà piacevole; farà l'abitudine...
Piero notò che molti pazienti avevano sulle braccia delle cisti createsi per l'eccessivo inserimento di aghi nella zona.
-Ti aspetto fuori?
-No, resta con me; te ne prego... se sto male, allora il tuo sorriso mi farà stare meglio...
Ricordò la promessa fatta: non poteva tornare indietro.
L'ultimo frammento che vide Martoni, era forse il più forte. Erano a casa, nella camera da letto, con altri parenti, fratelli suoi e di lei. Eleonora non era più cosciente, aveva fatto i sacramenti giorni prima: voleva esserne consapevole. Sul mobile di fronte al letto, come qualche mese prima, c'era una rosa, questa volta bianca, in un piccolo vasetto di cristallo. Ogni giorno Piero ne aveva portata una nuova, mettendo quella precedente sul cuscino, di fianco al suo viso. Il medico era nella stanza, pronto ad appurare l'ora del decesso; l'unica fonte di luce era una lampada sul comò: una luminosità eccessiva le avrebbe dato fastidio. Martoni aveva la mano di lei nella sua, ma non la stringeva: la accarezzava soltanto. Poi un fremito: fu Eleonora a tenergli la mano, serrò le labbra e gli occhi più forte, ed esalò l'ultimo agonizzante respiro. Allora Piero si sciolse in pianti e lamenti.
Gli stessi che accompagnarono il suo bacio sulla foto nel cimitero. Allora il suo desiderio di incontrarla fu forte, ma forse irrealizzabile. De Robertis e i custodi lo aspettarono più in la: quando si avvicinò a loro aveva gli occhi gonfi per il pianto. Tutti e quattro si avviarono presso l'uscita del cimitero senza accorgersi che una figura li scrutava e, nascosta dietro un pioppo, li seguiva con lo sguardo.
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PRIMO ED ULTIMO GIORNO DI VITA DI UN MORTO
FantasiLa casella postale del sig. Piero Martoni si riempie sempre più di multe non pagate per tre anni: sembra che con la sua auto abbia infranto molte delle regole del codice stradale. C'è un solo problema: il sig. Martoni è morto e la sua macchina impol...