Capitolo 5. -La mia storia: terribili incidenti e ricaduta

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Freddo. Avevo tanto freddo. Mi sentivo come se mille lame mi attraversassero da parte a parte.

Pensavo di essere giunta al capolinea, alla fine.

Poi, vidi una luce accecante, che mi colpiva dritta negli occhi, tanto da farmeli strizzare.

-[T/N]! [T/N]!! Svegliati, ti prego!
Una voce familiare mi giungeva debole.

-Dannazione mocciosetta! Ti vuoi svegliare?!
Percepivo un'altra voce familiare, e riconobbi quel soprannome che odiavo un po', ma a cui ero in un certo senso affezionata.

-Non sono... una mocciosetta...
Farneticai contro la seconda voce.

-Grazie al cielo, la mocciosetta è viva!
Disse ancora la seconda voce, ignorando il fatto che avessi ribattuto riguardo quel soprannome.

-Oh mio dio, meno male...
Disse la prima voce, che avevo riconosciuto come quella di mio padre. Due braccia robuste mi avvolsero, riscaldandomi un po' da quel freddo che avevo sentito sulla pelle fino a pochi momenti prima. Anche il proprietario della seconda voce (che avevo riconosciuto come Jake) si era unito all'abbraccio. Poi mi sentii sfilare i pattini di dosso, e mio padre mi prese in braccio, trasportandomi probabilmente verso casa. Ricordo di essere stata a letto vari giorni, febbricitante e stanca, spesso in compagnia di Jake, che mi leggeva qualche libro. Mi rimisi in poco tempo, e quindi potei tornare ben presto ad osservare mio padre e Jake al lavoro, e a leggere senza che qualcuno lo facesse per me. Quando chiesi al corvino cosa fosse successo il giorno del mio compleanno, lui me lo raccontò senza troppi complimenti.

-Sei caduta in acqua e tuo padre si è tuffato per recuperarti.
Disse con la sua solita aria indifferente. Non ci diedi molto peso, e pensai che appena ne avrei avuto l'occasione avrei ringraziato mio padre. La vita riprese a trascorre velocemente, col suo solito tran tran.

La quiete, purtroppo, non durò ancora per molto.

Infatti, a distanza di circa uno o due mesi dall'accaduto, andai, come ero solita fare, a osservare Jake e mio padre lavorare, quando vidi quest'ultimo cadere a terra, pallido in volto, e con un'espressione dolorante. Preoccupati, io e Jake ci piombammo verso di lui, per vedere il motivo di tanta agonia.

-Non... respiro...
Diceva mio padre, respirando affannosamente. Io ero terrorizzata; sembrava stesse peggio dell'ultima volta che si era ammalato. Guardai in direzione di Jake. Sembrava che nemmeno lui sapesse come fare. Allora due uomini ci scansarono, e si caricarono mio padre sulle spalle.

-Dove abitate?
Chiese il più grasso dei due.

-Nel quartiere di [N/C]. (Nome Città)- risposi prontamente io.

-Perfetto, non è molto distante da qui...
Disse fra sé e sé il più magro. I due uomini si scambiarono uno sguardo d'intesa, poi il più grasso riprese a parlare.

-Possiamo portare vostro padre a casa, se ci mostrate la via.
Disse gentilmente. Sapevo che almeno di lui mi potevo fidare: era Simon, un ex macellaio, costretto a chiudere il suo negozio perché ormai la carne non la comprava più nessuno in quella zona, cara com'era. E di spostarsi proprio non ne voleva sapere, dicendo di essere affezionato a quel posto; quando la costruzione di quel nuovo edificio sarebbe terminata, probabilmente avrebbe cercato un altro lavoro. Spesso veniva a casa mia e mio padre chiacchierava volentieri con lui.
Annuii abbastanza convinta, poi rivolsi lo sguardo a Jake, con l'intenzione di chiedergli se fosse stato il caso che venisse con me.

-Vengo anche io.
Mi disse, come leggendomi nel pensiero.
Così ci dirigemmo tutti e cinque verso la piccola casetta malmessa, con la vernice dei muri in molti punti scrostata e le edere che la ricoprivano quasi interamente, come la maggior parte delle case in quel quartiere, del resto.

Nessuno proferì parola, e il silenzio veniva di tanto in tanto interrotto dalla tosse rauca di mio padre, come un fulmine a ciel sereno.
Arrivai al portone, infilai la chiave e la girai, facendo entrare gli "ospiti".

You are My Home [Levi x reader] [IN SOSPESO]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora