Capitolo 20

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Era stato difficile convincere mamma a far dormire me e Giacomo insieme, ma alla fine, con la promessa che avremmo lasciato la porta aperta, ce l'avevamo fatta. Nei mesi passati con lui, non era mai successo, e aver spuntato questa nuova esperienza dalla lista delle migliaia di cose da fare con il mio ragazzo, mi rendeva felice e appagata.

Tuttavia, non è tutt'oro quello che luccica, e dormire con Giacomo si era rivelata una vera e propria tortura per due motivi. Partiamo da quello relativamente meno spiacevole, ovvero la sua presenza occupava tre quarti del mio letto ad una piazza e mezza. Quindi ero stata costretta ad adattarmi nella piccola parte rimanente. Il che era una vera scocciatura, se si pensa che prima di lui, ero abituata a dormire in obliquo occupando con il mio corpicino tutta la superficie del letto.

Ma passiamo alla vera e propria tortura: svegliarsi la mattina a causa del rumore volontariamente prodotto da mia madre con le sue adorate padelle. Era ovvio che lo facesse col fine di porre fine alle nostre belle dormite, altrimenti non mi spiegavo cosa ci facessero quelli insopportabili strumenti di tortura nella mia camera, alle sette di mattina. E poi, come se non bastasse, sentivo premere insistente l'erezione di Giacomo sul mio di dietro.

Pur non essendo una ninfomane, mi sarebbe piaciuto in qualche modo alleviare il suo dolore, ma mia madre non voleva saperne di lasciarci soli cinque minuti per noi. L'unico momento libero - nel vero senso della parola - ci veniva non gentilmente offerto quando mia madre andava a fare la spesa.

La mezz'ora in cui lei era assente significava sesso a volontà. Ogni volta era diversa dall'altra , infatti, nonostante il mio corpo conoscesse a memoria il suo membro, non si stancava mai di accoglierlo.

Quando mamma tornava, fingevamo di stare a guardare con attenzione i film natalizi che trasmettevano senza sosta, ma probabilmente lei non se la beveva. Infatti, quando ci passava davanti scuoteva la testa confermando la mia teoria.

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