CAPITOLO 3

659 28 0
                                    

Mini smut

Quella mattina i ragazzi dovevano tenere una conferenza stampa nella hall di un noto albergo di Londra: l'Hilton, uno dei più raffinati, costosi e stuepndi hotel del mondo.
Paul accompagnò i ragazzi all'entrata, il clima era sempre lo stesso: l'aria era irrespirabile, centinaia di ragazzine urlanti aspettavano solo un loro gesto per svenire letteralmente, i ragazzi ancora riuscivano ad allibirsi di fronte a tanta eccitazione.
Harry non riusciva comunque a ridere, a volte si sforzava di mostrare i denti, estendendo il suo perfetto sorriso fino alle orecchie, ma gli costava così tanta fatica e dolore che non tentava di riprovarci.
Eppure c'erano così tante ragazze lì per lui, avrebbero fatto di tutto solo per ricevere un suo sguardo, ma lui teneva la testa bassa, ignorando le raccomandazioni dei suoi manager che lo obbligavano ad essere "presentabile", non rispondeva agli schiamazzi delle fan, agli sguardi degli amici.
Era impassibile. Odiava se stesso per quel comportamento da zombi, ma proprio non riusciva ad eleminarlo.
_Harry siediti vicino a Niall_ gli ordinò una signorina mora, carina. Molto carina.
Harold obbedì. La conferenza poteva iniziare. I flash gìà luccicavano, i giornalisi alzavano la mano in attesa del loro turno, era una noia totale per loro cinque ma faceva parte integrante della loro carriera, quindi si accomodarono in attesa delle stesse domande di sempre.
"Cosa pensate delle vostre fan? Come vi sentite? Prossimo tour?"
Era un disco rotto.Sempre le stesse, odiose, estenuanti richieste.
Harry non rispondeva, si limitava ad un qualche mezzo sorriso per le foto, proprio per dimostrare che c'era anche lui, ma poi basta.
_Cos'hai Harry, non posso vederti così..._ sussurrò nell'orecchio sinistro Niall. 
Horan sapeva essere il ragazzo più premuroso del mondo quando vedeva un amico in difficoltà.
_Niente, non preoccuparti._ gli sorrise il riccio.
L'irlandese sospirò preoccupato, sapeva benissimo che quel "niente" era più falso di alcuni loro colleghi. Lanciò uno sguardo preoccupato a Payne il quale socchiuse gli occhi in segno di rassegnazione, non potevano farci niente, i loro tentativi di far "rivivere" Hazza andavano a vuoto.
Lui non si espremeva, era muto, sofferente e assolutamente assente.
Poi eccola, la domanda più scomoda di sempre. "Alcune fan hanno costruito delle bromance su di voi, cosa ne pensate?"
_La mia Niam è assolutamente reale_ commentò Niall sorridendo a Liam e alzando una risata generale dei giornalisti.
Sicuramente il giorno dopo milioni di fan sarebbero impazzite su Facebool e Twitter, amavano quei momenti in cui i loro idoli facevano i finti innamorati.
Harry sussultò, si spostò più comodamente sulla sedia, iniziò a muovere nervosamente la gamba sinistra, sintomo acuto di disagio.
_Beh, io penso che sia un gioco, beh Louis è fidanzato e io amo le donne._ tornò sul mondo il riccio.
L'estrema freddezza e la totale acidità con cui lo disse lasciò di stucco non solo gli altri ma anche tutti i centocinquanta giornalisti presenti in sala.
Harry odiava quell'argomento, era un gioco, solo un odioso e asfissiante passatempo, lui era Harold, lui amava le donne, giusto?
Si alzò dalla poltroncina bianca, era quasi irritato, la testa gli sarebbe scoppiata da un momento all'altro. Voleva solo fuggire.
_Scusatemi, meglio se finisce qui._ affermò sorridente e imbarazzato Louis, i ragazzi si alzarono e raggiunsero Harry dietro le quinte.
La rabbia dei centocinquanta si riversò su Paul che giustificò i ragazzi con un banale "Sono stanchi e stressati, cercate di capire."
Era seduto su una scatola rovesciata il riccio, teneva la testa fra le mani, gli occhi chiusi. La sua parrucchiera e Scott, il direttore dell'Hilton, cercavano di capire cosa avesse portato alla sua reazione, ma Harry si limitava a scuotere la testa come un disprezzo a proferir parola.
_Ci parlo io!_ suggerì Louis ai ragazzi allontanando la donna e Scott dal suo amico.
Tommo afferrò la mano a Styles.
Il riccio sussultò, si sentì avvampare, si fece rosso in viso, voleva morire. "Perchè?" pensò lui, non riusciva a trovar spiegazione di tutte quelle emozioni per un semplice contatto che poi c'era stato milioni di volre prima di quella mattina.
Si alzò con l'aiuto di Louis. Il maggiore lo accompagnò nel suo camerino, dove qualche ora prima si era fatto fare un bel lavoretto dalla Calder.
Lasciò sbattere la porta alle sue spalle, la chiuse a chiave.
Si voltò verso Harry che ancora teneva lo sguardo rivolto verso il pavimento, seduto su una sedia rossa.
Louis afferrò silenziosamento lo sgabello della trucattrice, lo mise davanti al riccio e vi sedette sopra.
_Adesso tu mi dici cosa ti sta succedendo!_ ordinò con tono fermo il maggiore.
Harry alzò lo sgaurdo, sentì il suo respiro per un secondo mancare quando incrociò gli occhi perfetti dell'amico, altra cosa che non si spiegava.
_Niente!_ gli sorrise. Ennesimo sorriso falso.
Louis scosse la testa prima a destra poi a sinistra, poggiò la sua mano sul ginocchio dell'amico.
Il battito di Harry iniziò ad accellerare con veemenza, incomprensibilmente.
_Cosa hai fatto?_ chiese deciso Louis scandendo bene le parole.
Il piccolino capì che se continuava ostinato con la stessa falsa risposta non sarebbe cambiato niente.
_Ho un problema: Emily ha paura ad avere una relazione con me, per la mia fama...capisci..._ Mentì Harry.
Emily era una ragazza conosciuta qualche mese prima, veramente, veramente carina. Il tipico ideale della brava ragazza acqua e sapone, con Harry sembrava andare tutto bene, poi però lui ha incominciato ad avere quelle forti confusioni, non capiva, stava male, inventò quella scusa, magari Louis ci cascava.
_Vedrai che si sistemerà tutto, anche Eleonor..._
Harry strinse forte il pugno destro, sempre la stessa storia, spuntava sempre la Cader, Harry si innervosì.
_..ma poi guardaci, ci siamo innamorati!_ concluse Louis.
"Sta calmo Hazza, sta calmo" si ripeteva Harold.
Il riccio avrebbe voluto urlargli contro, ma non avrebbe avuto un buon motivo per farlo.
Il suo amico era il ritratto della felicità, innamorato come non mai, di una persona sbagliata giusto, ma chi era lui per giudicarla.
In fondo, lo rendeva felice e lui da buon amico sarebbe dovuto essere felice per lui, invece, invece quella storia da film romantico lo stava mandando in bestia.
_Grazie!_ gli sorrise Harry, fingendo che lo avesse aiutato.
_Ricordati che per te ci sarò sempre, se hai bisogno parlane con me, non chiuderti in te stesso piccolo moccioso!_ Lo abbracciò Louis.
Harry si lasciò andare, lo strinse forte a sè, un suo abbraccio non era stato mai più doloroso.
Trattenne le lacrime Harry, cercavano di uscire involontariamente dai suoi occhi, ma lui era forte, resisteva, nonostante fosse così faticoso.
_Grazie amico!_ gli sussurrò il riccio. Non doveva ringraziarlo, aveva soltanto peggiorato le cose.
Non poteva chiamarlo nel momento del bisogno, non poteva dirgli cosa lo faceva soffrire, perchè quel "qualcosa" era proprio lui: la persona che gli era stata vicino, quello che con un contatto lo uccideva dentro, il suo miglior amico.
I due uscirono dal camerino, si fecero spazio dalla folla, Harry si scusò con i giornalisti che comunque non avevano conclusi la loro intervista e per questo non accettarono nessuna giustificazione.
Paul accompagnò i ragazzi a casa, altre fan davanti al cancello, striscioni, pupazzi, autografi, urla, domande, troppo caos.
Le tempie di Hazza martellavano come non mai, i suoi nervi si stavano corrodendo, il suo sorriso si stava spegnendo sempre più.

Harry accese lo stereo che gli regalò il patrigno al suo diciottesimo compleanno, la musica era l'unica cura a tutto quello stress.
Si lanciò a peso morto sul divano, lasciando trapelare un sospiro che racchiudeva in sè tutta la stanchezza per ciò che lo circondava e lo rendeva fin troppo nervoso.
Si posò il braccio destro sopra gli occhi, canticchiava qualche parola, la voce faceva fatica ad uscire.
Decise che non poteva continuare così, che doveva muovere il suo bel culetto, alzarsi, reagire, sorridere e dimostrare che Harry Styles sapeva affrontare le difficoltà, che niente lo fermava.
Si alzò in piedi, prese il telefono fra le mani.
_Rubrica, Am....Brit...Daniel...Eleonor....Emily, eccolo._ disse fra sè e sè, sussurrando ciò che stava leggendo.
Pigiò un tasto e chiamò Emily.
Si quella ragazza sembrava essere il ritratto della purezza ma lei di Hazza interessava una cosa, è facilmente deduttibile cosa.
Il riccio pervertito sapeva che qualora avesse bisogno di un aiutino nel gioco lei non avrebbe esitato.
Chiamò la bella biondina, si accordarono, un'ora dopo lei era a casa sua. Aveva  un'entrata secondaria, così da sfuggire agli obbiettivi indiscreti dei paparazzi, la stessa entrata sul retro che usava per tutte le sue "avventure."
Un bicchiere di champagne, musica n sottofondo, poche parole e i due si spostarono in camera da letto.
Emily si lasciò cadere sul letto, sganciò la sua camicetta, Harry si tolse la maglietta, poca enfasi nei suoi gesti, sembrava quasi un'obbligazione.
_Iniziamo!_ disse maliziosa lei.
Spostò i suoi baci sul petto del ragazzo, sull'ombelico, fino a sfilargi i boxer griffati.
Eseguiva con estrema cura il suo lavoro, il ragazzo godeva, sapeva giocare bene quella biondina.
Harry spingeva la sua testa all'indietro, si mordeva il labbro inferiore, conteneva i gemiti.
La situazione si ribaltò, Emily era completamente il gioco del riccio, la usava, la muoveva, la sfruttava, a lei piaceva.
Il riccio entrò in lei, nessun sentimento, nessuna passione, niente di niente, un dovere piacevole, ma quasi un dovere.
Due, tre, forse qualche movimento in più e poi fine. Ultimo urletto acuto di lei e sospiro affannato di lui.
Si sdraiarono stanchi l'uno vicino all'altra.
Harry osservava il soffitto, il braccio destro sotto la testa, il lenzuolo che copriva solo le parti intime.
_Divertito?_ domandò lei più zoccola che mai.
_mm_ mugolò lui poco convinto.
Emily iniziò a rivestirsi, il gioco era finito, perchè restare?
_Adesso vado_
Hazza annuì. L'accompagnò alla porta posteriore, bacio freddissimo sulle labbra al quale il riccio non rispose.
Una volta solo sospirò, lanciò un pugno sulla porta, una lacrima dolorosa solcò il suo bel faccino.
_Merda._ sussurrò con tono basso sferrando il pugno.
Harry si rese conto che non aveva minimamente provato niente di emozionante con lei.
Erano solo orgasmi, viscidi e sessuali.
Era lo stesso con lei, con Amber, con Hope, con Marie, con Sofia, tutti odiosi nomi femminili.

That's Right [Larry Stylinson]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora