Capitolo 13

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«Voglio sapere il tuo passato».

Quelle parole fecero sussultare Levi. La sua espressione era un misto fra lo stupito e lo scioccato. Eren poteva leggere la paura nei suoi occhi. Si chiese se sia stata la scelta giusta domandarglielo. Gli accarezzò la guancia.

«Levi?» lo chiamò preoccupato. L'uomo batté le palpebre come se si fosse incantato.

«Perché tutto ad un tratto... tu...?» sembrava come se qualcosa lo bloccasse.

«Se non vuoi tranquillo, non ti obbligo!» ridacchiò il ragazzo mentre l'uomo tornò serio. Pensò a qualcosa per cambiare aria. «Mi sono appena trasferito e non mi sono portato nemmeno un bagaglio! Di certo non sto a tornare a casa... posso mettermi i tuoi vestiti Levi?» gli chiese alzandosi. Il compagno fece lo stesso.

«Non ho vestiti da ragazzo» affermò avvicinandosi alla macchinetta per il caffè. Eren si stiracchiò.

«E i tuoi di sicuro mi staranno piccoli!» esclamò dirigendosi in camera a passo svelto: sapeva che dopo questa battutina Levi gli si sarebbe fiondato addosso irritato. E infatti fu così. In men che non si dica, il castano si ritrovò a terra con l'uomo sopra di lui e i loro visi vicini.

«Prova ripeterlo, moccioso» lo sfidò.

«Sennò che mi fai, Levi?» gli chiese con fare malizioso.

«Lo sai». Era vero: il ragazzo sapeva proprio cosa gli avrebbe fatto.

«Perché allora non me lo fai ora?». Levi non riusciva a resistere alle sue provocazioni. Avvicinò il suo viso al collo di Eren e, appena ci appoggiò le labbra, sentirono un telefono squillare. Avevano la stessa suoneria, quindi non capirono di chi fosse. «Prima fammelo e poi vediamo di chi è dai... sempre sul più bello devono interromperci» si lamentò chiudendo gli occhi aspettando che l'uomo procedesse. Una volta fatto un succhiotto, Levi si alzò per controllare di chi fosse il telefono: era quello di Eren.

«Eren, è tua sorella» lo avvisò. Il ragazzo si alzò di scatto e rispose. Lei voleva sapere dove fosse, con chi e quando sarebbe tornato a casa. Era tranquillo siccome Marco gli aveva detto che gli avrebbe retto il gioco.

«Sono da...» nemmeno il tempo di finire la frase che subito lo interruppe.

«Levi. Sei da lui» terminò lei con tono freddo.

«Cosa? Non è vero!» ridacchiò spensieratamente. Non doveva farla insospettire.

«Marco e Jean sono qui con me e non ti ho visto al club di calcio». Eren sapeva che sua sorella lo controllava come se fosse la sua stalker, ma non avrebbe mai immaginato che sarebbe arrivata fino a quel punto. «Non pensavo che saresti arrivato a scappare di casa... a parte che non sai niente di lui, ma poi è un adulto. Quindi ora torna immediatamente qui» gli ordinò Mikasa parecchio irritata. Si poteva sentire anche un po' di preoccupazione dal suo tono di voce. Eren guardò Levi come per chiedergli aiuto.

«Ti accompagno a casa» gli disse alzandosi. Nel frattempo la sorella riattaccò e il ragazzo mise il telefono in tasca.

«Ma Levi...».

«Niente "ma" Eren. Il tuo piano è fallito, quindi devo parlare con i tuoi» spiegò mentre prendeva le chiavi.

«Ti ho detto cosa...» non riuscì a finire che l'uomo lo prese per mano avviandosi verso la porta.

«Senti moccioso, te l'ho già detto. Queste cose devi lasciarle ai grandi, tu cosa devi fare invece?» lo guardò prima di aprire la porta.

«Devo concentrarmi solo su di te...» rispose abbassando la testa preoccupato. Dopo di chè uscirono e presero la macchina per andare a casa del ragazzo. Nessuno fiatò. Eren ripensò alle parole di Mikasa: "Non sai niente di lui". Era vero, non sapeva niente, ma lo amava. Lo amava al punto di scappare di casa e di mettersi contro il mondo pur di stare con lui. Però era davvero curioso di conoscerlo affondo. Con la testa abbassata e gli occhi socchiusi, il ragazzo notò una cosa di cui non si era mai accorto quando era in macchina con Levi: c'erano dei graffi sullo sportello. Spostò lo sguardo verso la parte del guidatore. C'erano anche lì. Non sembravano essere stati fatti da un animale.

Look at me, only me |Ereri|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora