33. DADDIES

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Liam 

"Quand'è l'ultima volta che ti sei fatto una dormita come si deve, Liam?" mia madre sgusciò tra le sdraio adagiate sul prato come dolci su un vassoio, dedicandomi uno sguardo critico. "Avresti bisogno di una bella camomilla."
Sbuffai. Era strano che fosse lei a pronunciare la frase che, da quattro anni a quella parte, era stata il mio cavallo di battaglia contro le sue crisi isteriche. 
"Ho dormito anche troppo ultimamente" le risposi laconico, nascondendo il viso tra le pagine del libro. Lei inarcò un sopracciglio scettica, borbottando qualcosa del tipo: "Con Zayn Malik perennemente nel tuo letto, non credo proprio."
"Mamma!"
"Allora, la vuoi o no la camomilla?" 
"Sto bene così. Sul serio" la rassicurai, pensando di dover approfittare il più possibile della sua momentanea gentilezza. Una volta che mio padre fosse ripartito, lei non avrebbe più avuto bisogno di nascondere il risentimento incisole a fuoco sul cuore con quell'ostentata indifferenza. 
E invece di scherzare sulla mia vita sessuale o offrirmi una camomilla, sarebbe tornata a chiedermi come mai non me ne fossi già andato a fanculo.
"Oh sì, benissimo. Si vede."
Sospirai, chiudendo il libro, sconfortato, mentre lei finalmente si allontanava. 
Sì, Liam Payne stava bene. Decisamente bene. 
Per quanto possa star bene un ragazzo che si è ritrovato a passare gli ultimi tre giorni con un padre che aveva dimenticato di avere, che colleziona notti su notti in bianco, stringendo i libri tra le mani e odiandone ogni singola pagina, riga o parola  stampataci sopra. 
Un ragazzo che non può far a meno di pensare a quella camera vuota accanto alla sua, ai vestiti che il suo migliore amico ha dimenticato in fondo ai cassetti, alla segreteria telefonica che è costretto ad ascoltare ogni volta che prova a chiamarlo.

"Sì, io sto benissimo."
Ripeterlo ad alta voce non servì a farlo sembrare più reale. Ebbe anzi il potere di spaventarmi, come se mi trovassi a percorrere un ponte di legno marcio sospeso su un dirupo ed ogni pensiero portasse con sé una folata di vento, pronta a scaraventarmi di sotto.
Harry. Mio padre. I test. Il college. La cena. 
Zayn.
Mi alzai di scatto dalla sdraio, facendo scivolare il libro a terra. 
Ecco qual era stato l'ultimo soffio, meno forte degli altri, ma più gelido. 
Zayn era sparito ormai da più di un giorno. Da quando l'avevo informato dell'invito a cena da parte di mio padre. 

"Dove stai andando?"
L'urlo di mia madre mi raggiunse dal portico mentre mi cavavo le chiavi fuori dalla tasca e salivo in macchina. 
"Torno per cena" le promisi, per poi sbattere lo sportello e mettere in moto. 
Volevo impedire che l'ultima folata di vento, quella generata da Zayn Malik, fosse talmente forte da ribaltare il ponte e gettarmi nel vuoto. 
Ma sapevo che non sarebbe stato facile. Che Zayn non aveva mai avuto un padre. Che non era solito mantenere le promesse. Che mi amava in modo strano, profondo ed intricato, come un ammasso di nodi troppo stretti per essere sciolti. Un modo che, probabilmente, non prevedeva la necessità di essere presente a quella cena, di incontrare un uomo che a malapena io potevo dire di conoscere. 
Sapevo com'era fatto Zayn Malik. 
Lo sapevo talmente bene che, quando una voce flebile sul portico di casa sua "Zay non c'è" mi informò, non ne rimasi per niente sorpreso. 
Ma nel riconoscere quella voce, nell'incontrare gli occhi freddi e distanti di chi aveva parlato, di nuovo il mio ponte traballò.
Niall mi sorrise.
"Non so dove sia. Di sicuro non con Louis."
Calò il silenzio. 
Non lo spezzai con ringraziamenti, giustificazioni balbettanti, stupidi convenevoli. 
Non era un brutto silenzio, teso o imbarazzante, di quelli che ti fanno prudere le mani e fischiare le orecchie. 
Era un silenzio da Niall. Una sorta di muta contemplazione, il sospeso dispiegarsi dell'immensa possibilità di tutto ciò che si potrebbe dire, pensare o provare, racchiuso in un rarefatto e insondabile tacere. 

Fu grazie a quel silenzio che trovai la forza di sedermi accanto a lui, di guardarlo negli occhi senza vergogna, beandomi della consapevolezza che durante quei due mesi fosse riuscito a perdonarmi e che forse, adesso, avrei potuto iniziare a perdonarmi anche io. 

A Kind Of Brothers? (AKOB?) by NowKissMeYouFoolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora