Capitolo 7

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"Stai bene?"chiese comprensiva.

"No." sussurrò Lexa con voce spezzata.

Raccontò loro ciò che era successo, asciugandosi lentamente le lacrime con un tovagliolo del bar, e dopo essersi ripresa chiese a Raven se fosse possibile rintracciarla.

"Tesoro, non avrei quel lavoro se non sapessi fare queste cosucce da stalker."

A Lexa spuntò un mezzo sorriso. Raven riusciva sempre a farla ridere, anche nei momenti più difficili.

"Grazie, Raven." Le sorrise con gratitudine, e l'amica di ricambio le strinse la mano.

"Vi farò sapere appena trovo qualcosa, non ci vorrà un minuto come non ci vorrà un mese. Spero solo che questa città non abbia troppe Clarke Griffin."

No, di Clarke ce n'è solo una.

Raven uscì prima a causa del lavoro.
Dopo averla salutata Lexa venne accompagnata da Anya fino a casa.

"Me ne occupo io delle scartoffie, tu riposati per questa volta, ma domani ti voglio puntuale e in forma! Mi raccomando."

Le fece l'occhiolino e dopo un ultimo abbraccio  Lexa rimase sola in casa.

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Come ogni giorno passò a prendere un caffè e salì sul solito autobus.
Guardò con speranza ormai sbiadita l'interno, controllando ogni sedile con lo sguardo.
Nessuna traccia di capelli biondi.

Si sedette come al solito vicino al finestrino, senza guardare il suo vicino che si stava sedendo in quel momento.
Sentì dei movimenti affrettati e improvvisamente un calore umido le invase i pantaloni e la camicetta.
Guardò allibita la chiazza marrone di caffè espandersi e alzando gli occhi vide l'uomo di colore che le aveva rovesciato il vino.

"Ma cos'hai contro di me?? Devi passare la tua vita a tormentarmi?? È questo il tuo scopo nel mondo??"

Iniziò a infierire contro l'uomo che la guardava sofferente e sinceramente dispiaciuto.

"Oh non si scomodi a darmi qualche fazzoletto, si figuri, è colpa mia che mi sono trovata proprio accanto a un ritardato con una qualche mania perversa."

Disse sarcastica, fulminandolo con lo sguardo mentre cercava qualcosa con cui tamponare la macchia nella sua borsetta.

"M-mi scusi, le ho fatto fare tardi al lavoro, mi dispiace molto..." abbozzò velocemente mentre cercava un'altro posto dove sedersi, e raccolse un taccuino nero e il suo cappello dal sedile.

"Tardi? No, no caro non mi frega se mi vedono tutta sporca e bagnata. Io non torno a casa."

Un'espressione di terrore e fastidio passò sul volto dell' uomo, che senza dire una parola si sedette e iniziò a scrivere sul suo taccuino come una furia.
Lexa lo guardò confusa e sempre più infastidita dal comportamento di quello strambo.

Arrivata al lavoro, cercando Anya in giro per l'ufficio per chiederle se aveva un cambio, aprì una delle tante sale riunioni.

Vide degli uomini seduti al tavolo e altri in piedi.

Poi notò che quelli  al tavolo erano immobili, come se il tempo si fosse fermato, mentre gli altri, tutti con un cappello in testa, si stavano affrettando a chiudere valigette e scartoffie. Dei taccuini neri erano sparsi per il tavolo.
Lexa rimase ferma all'entrata, troppo sconvolta per dire qualcosa.

Poi vide l'uomo dell'autobus.

Scusatemi per il ritardo, probabilmente non aggiornerò per un po' quindi siate pazienti.
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