•Capitolo Tredici•

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Il mattino seguente, Heather venne svegliata dalla voce soave di Andrew.
Certo, per quanto potessero essere soavi le urla di un ragazzo apparentemente mestruato.
Probabilmente si serviva di una specie di megafono, poiché non era scientificamente possibile che le sue corde vocali potessero produrre un suono così fastidiosamente alto. Ed Heather dovette fare appello a tutto il suo autocontrollo per non alzarsi, spalancare la porta e farlo ruzzolare giù dalle scale, anche perché molto probabilmente si sarebbe cacciata nei casini. E non voleva entrare nel mirino di Corey già a partire dal primo giorno, grazie tante.
La giovane si limitò quindi a girarsi e rigirarsi nel letto, emettendo dei lamenti di protesta. Era da secoli che non dormiva così bene, e l'ultima cosa che voleva fare in quel momento era abbandonare il suo morbido giaciglio. Rimase con gli occhi chiusi per qualche minuto, le orecchie tappate in modo da non sentire Andrew urlare fuori dalla camera, e la mente libera da ogni pensiero indesiderato. Sapeva, tuttavia, che quel momento avrebbe avuto vita breve. La giovane aprì un occhio, avendo udito uno scricchiolio provenire dal letto di sopra, e, come se qualcuno le avesse letto nel pensiero, vide Jo saltare giù dal letto superiore con un abile balzo, aggrappandosi alle due estremità della scala. Quello che non si sarebbe mai potuta aspettare, però, fu la prossima mossa della sua coinquilina.
La mora, infatti, l'aveva tirata senza tante cerimonie giù dal materasso prima che potesse anche solo rendersene conto, facendola scontrare con il freddo pavimento della stanza.
«Sveglia, Bell'Addormentata, questo sarà un grande giorno!» esclamò, come se fosse la cosa più normale del mondo.
Heather si massaggiò la testa, le palpebre ancora appesantite dal sonno, ma chissà come riuscì a lanciare alla ragazza un'occhiataccia colma di rancore. «La prossima volta che ti azzardi a fare una cosa del genere-»
«...Mi fai fuori, sì sì, Heather, conosco la procedura.» la interruppe la giovane, gesticolando con una mano come se fosse stata intenta a scacciare una mosca fastidiosa. «Lo dico per te, comunque. A quanto pare i dormiglioni non sono bene accetti in questo posto.» scrollò le spalle, porgendo una mano alla coinquilina ancora a terra.
Quest'ultima grugnì, schiaffeggiandola via senza tanti complimenti ed alzandosi per spolverarsi i pantaloni. Jo si tappò subito il naso, cercando di trattenere una smorfia di disgusto. «Ugh, cavolo, hai davvero bisogno di una doccia.»
L'interlocutrice la fulminò con lo sguardo per la seconda volta in quella mattinata. «Ma dai, Sherlock! Se invece di dirmi questo mi aiutassi a cercare il bagno, saresti di gran lunga più utile!»
«Non c'è bisogno di scaldarsi tanto.» ribatté Jo, la voce calda e pacata come sempre. Heather l'avrebbe volentieri presa a pugni, se solo ne avesse avuto la forza. La mattina perdeva sempre gran parte della sua sfacciataggine, e la cosa la faceva imbestialire «Ogni camera qui ha il suo bagno, la porta è proprio dietro la tua scrivania.» continuò intanto Jo.
In quel momento, Heather temette che la sua coinquilina avesse assunto una qualche sorta di sostanza stupefacente la sera prima, o che avesse subìto una seria commozione celebrale, e si ritrovò a riflettere sulla "(a)normalità" del suo comportamento. Magari i suoi fratelli, alla fine, non erano gli unici a vivere con dei ragazzini schizzati. La corvina si voltò verso la scrivania che Joanne le aveva indicato, trovando dietro di essa solo una parete bianca. «Mi stai prendendo in giro?» chiese, la voce pericolosamente bassa.
Magari sarebbe anche riuscita a picchiarla.
Jo alzò gli occhi al cielo in tutta risposta, come se stesse avendo a che fare con un'ostinata bambina di due anni e come se quello che stava dicendo fosse del tutto normale. «No, Heather, non ti sto prendendo in giro. Vieni con me.» detto questo la trascinò per il polso fino alla parete vuota accanto alla scrivania; allungò una mano e la pose su una specie di piccola piattaforma trasparente che Heather non aveva notato in precedenza; si azionò così una specie di scanner che analizzò il palmo della giovane e, prima che Heather avesse potuto rendersene conto, una porta si era materializzata dal nulla su quella parete precedentemente vuota.
L'espressione che aveva in volto doveva essere assolutamente comica, tant'è che la sua coinquilina scoppiò a ridere di gusto, incrociando le braccia al petto con un'aria decisamente soddisfatta: «Beh, di certo hai avuto una reazione migliore della mia.» proruppe, ma Heather a malapena la sentì; passò con cautela una mano sulla superficie in metallo della porta, quasi come per accertarsi di non essere completamente ed assolutamente impazzita.
Non appena le sue dita entrarono in contatto con quel materiale così freddo al tatto - e così reale -  Heather comprese che no, non si sarebbe mai abituata alle stranezze di quel posto, così stregato e...  magnifico.

The Curse - La Maledizione della Terza MoiraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora