capitolo nove

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è quasi una settimana che papà è morto. ma nessun altro lo è.

quindi per ora siamo abbastanza tranquille, ma di una cosa abbiamo paura io e mia madre. abbiamo paura che lui passi dall'altra parte. per ora è sempre qui, che ci tranquillizza ad ogni cenno di pianto.

Ora, io  sono fuori a correre, come la maggior parte del tempo per non pensare.

spero di non vederla oggi. 

ho lasciato i miei genitori a casa e spero che almeno stavolta vada tutto bene. ma quando torno lo scempio è ovunque. 

-Mamma!- urlo e corro per ogni stanza, finchè non arrivo in camera mia. 

è li, appesa, con gli occhi chiusi, ma con il viso sereno. cado in ginocchio,urlando. è troppo da sopportare.

-no, che non lo è. tu sei la mia bambina. tu sei mia figlia. i ''nostri genitori'' sono morti uccisi come noi. ma io sono andata avanti.- mi dice lei, appoggiandomi una mano sulla spalla.

-come faccio? io ho bisogno di voi, io non ho nessuno- biascico con sguardo vuoto

 Jane P.O.V 

sapere di non esserle accanto fisicamente e non aiutarla a battersi fa male. Abbiamo parlato io e Alaric. non attraverseremo niente finchè mia madre non sarà stata sconfitta. Jes è fragile. ma so cosa prova, lei in fin dei conti ha il mio stesso carattere. 

Jesminda P.O.V

Finchè non la sconfiggo, non avrò pace. 

il giorno seguente, dopo che mi sono alzata dal divano, perchè in camera mia non dormirò mai più, vado in palestra alla sede e comincio ad allenarmi ad usare la spada che ho trovato nel box. sono abbastanza brava ad usarla, come mia madre lo era usando l'arco da quanto ho capito. 

-Jesminda.- 

mi fermo subito e mi giro. 

un ragazzo sta sulla porta e mi guarda 

- si? ti conosco? di cosa hai bisogno? - chiedo confusa. lui mi sorride e si avvicina, io per riflesso arretro. 

-sono stato mandato da Washington. i capi della sede sono morti tutti e ora provano con me. so che tu sei la figlia di Jane e Alaric. siete un modello per tutti noi.-

Appena smette di parlare lo guardo ancora più confusa di prima. dietro di lui, noto mio padre che inizia a fare delle smorfie come per imitare il ragazzo di fronte a me. 

che padre idiota. 

trattengo un sorriso e annuisco sospirando. - ma come puoi ben sapere sono rimasta solo io. penso tu ne sia già venuto a conoscenza.- dico appoggiando la spada al suo posto. 

-ora devo andare .. Ah, comunque sono Elias.- prima di andarsene mi sorride e poi si gira trotterellando via. rimango a guardarlo mentre se ne va. è abbastanza alto, con i capelli scuri, e gli occhi quasi neri. è ..bellissimo. 

scuoto la testa e sospiro nuovamente.

-jes.- mi volto verso mia madre.

- tu hai bisogno di questa , tesoro.- mi indica una spada che si posa ai miei piedi. è nel suo fodero, cosi la sguaino ma i frammenti della lama cadono, sbattendo sul marmo bianco.

-ricostruiscila.- mi dice mio padre. - cosi ucciderai quella dannatissima donna.- sibila.

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