capitolo 16

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Sono passati cinque giorni dall'attacco.
Cinque giorni provando a dimenticare quel viso distorto dalla cattiveria, quel sangue schizzare ovunque.
Elias sostiene che abbia bisogno di uno specialista.
Mi crede pazza?
È solo voglia di vendetta, quella che ho addosso. Niente di piú. Ma nessuno di loro capisce ,nessuno riesce a comprendere. Mi dicono che lei non si fa vedere piú, si è spaventata ,si è ferita. Ma non sanno che ogni notte si presenta nei miei incubi rendendoli peggio di quanto già possano essere. Odio non poter muovermi da questo letto. Da questo dannatissimo letto.
Ho tubi attaccati ad ogni parte delle mie braccia.
Mi agito un po ed Elias apre gli occhi, l'ho svegliato, mi dispiace.
"Jes, non ti muovere.. O strapperai i tubi,mh?"
Annuisco annoiata e seccata dalle sue parole. Mi trattano tutti come se non sapessi comportarmi da adulta.



Ma che cos'è questa rabbia? Questa oscurità che cresce?



"Fermala."


"Non riesco, mamma. Ci provo..ma lei è troppo forte."


"Io credo in te Jesminda."
Quelle cinque parole mi aiutano. Mi aiutano a tornare calma , e cosi guardo Elias.
"Mi dispiace, sono..in difficoltà con la mia parte da Nogitsune."
Lui annuisce comprensivo. O almeno è quello che da a vedere.
Mi gira la testa, tutto quel combattere strenuamente mi ha tolto ogni goccia di forza in corpo.
Tic
Tic
Tic
Tic
Tic
Mi guardo intorno, e noto delle  gocce scendere dal petalo del fiore sul comodino.
Danno fastidio.
Voglio dormire, ma ho paura, troppa, paura,che,lei,ritorni.
Non voglio che torni. Voglio che mi lasci in pace.
Basta!
Basta.
Devo rimanere tranquilla. Voglio vivere una vita tranquilla con Elias.
Che ora mi guarda di nuovo , nello sguardo un misto di preoccupazione e amore, ma anche spavento e sensi di colpa. Si sente in colpa.
Gli sorrido, ma invano. È finto. Lo si nota da miglia. Non riesco nemmeno a sorridere. Mi fa male tutto il viso.
Quella puttana.
La pagherà.
Si ,la pagherà.
La pagherà dal momento in cui mi alzerò da questo letto, fino al momento in cui non sarà morta. Sia con la sua anima che nel corpo.

Vendetta, il boccone più dolce che sia mai stato cucinato all’inferno.
(Walter Scott)

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