Un destino sgocciolante
Il freddo entrava a spifferi dalla finestra semi aperta, governato dal vento che infuriava fuori. Era notte fonda. Quella sera i suoi non c'erano. 'In giro per lavoro', come era accaduto molte altre volte, troppe. Ormai era abituata a sentirsi abbandonata.
Viveva praticamente da sola. E non era uno spasso come poteva sembrare a quell'immaturi della sua scuola. Cucinavano le domestiche che riordinavano la casa e rendevano tutto uno specchio. Lei non doveva fare assolutamente niente. Ma non era bello come poteva sembrare. Con il tempo ti cresceva dentro un senso di impotenza inguaribile.
Si sentiva costantemente fuori luogo in quella casa tirata a lucido, tra tutti quei soprammobili che avevano portato i suoi genitori dai numerosi viaggi all'estero.
Lei, sporca dentro, non centrava assolutamente niente in mezzo a tutto quello sfarzo, seppur inutile. Le cose materiali non potevano colmare ciò che aveva dentro. O meglio... Ciò che non aveva dentro.
Lo si poteva benissimo capire dalle foto. Ce ne erano poche per due persone amanti delle avventure e segnate da svariati soggiorni nelle più belle città del mondo. E c'era solo una con lei. Era appesa accanto alla finestra e per chi non passava da vicino, la sua vista era impossibilitata dai mattoni del camino che sporgevano dalla parete.
Ritraeva lei bambina in uno di quei pochi giorni in cui erano presenti anche i suoi genitori. Lei era seduta sull'altalena che un giorno suo padre Alfred aveva voluto costruire in un moto di sentimento paterno, mentre i suoi genitori la spingevano in alto. Erano felici, in quella foto. Ma questo non le capitava più da molto tempo. Anche perché non si erano mai presentate occasioni come quella.
Vagava per la casa senza una meta precisa. Evitava le domestiche, si nascondeva negli angoli più bui e, se le veniva posta una domanda, rispondeva a monosillabi.
Era scocciata da tutta quella situazione che durava da anni ormai. Doveva fare assolutamente qualcosa, ma non sapeva cosa. E le serviva anche l'aiuto di qualcuno.
Era troppo orgogliosa per ammetterlo ma sapeva benissimo che l'unica persona in grado di salvarla aveva gli occhi color dell'infinito e l'odore di quelle cose impossibili da raggiungere.
***
Durante "l'attesa" si era trovata un 'passatempo' peggiore: distruggere sé stessa.
In quelle notti, in cui non sapeva come fare per andare avanti, per farsi forza, per non badare a quel dolore che premeva per uscire fuori da quel corpicino infreddolito si affidava completamente a quella che era diventata la sua fedele compagna nel corso dei giorni, dei mesi: la lama.
La nascondeva sotto la batteria del telefono. Nessuno se ne era mai accorto.
E in quegli attimi in cui non sapeva cosa fare, il dolore riusciva comunque ad uscire. Dai tagli sul braccio, sulle gambe. Non poteva farci niente. Non riusciva a smettere. Era una droga.
Era l'unica cosa che riusciva a coprire cosa provava nel profondo.
Da quando aveva le era capitata quella strana cosa cercava di guardarsi di più e per più tempo allo specchio. L'unico effetto collaterale era che disprezzava profondamente l'immagine che lo specchio le restituiva.
La luce entrava flebile dalla finestra e dopo la dose giornaliera di tagli, si accasciò ancora una volta delusa sul pavimento.
Il suo orgoglio stava scemando così come le sue forze.
"Ho davvero bisogno di qualcuno" si disse a bassa voce appoggiandosi alla porta della sua stanza, guardandosi negli occhi che lo specchio le rimandava.

STAI LEGGENDO
Breaking point
FantasySuicidal girl Sad boy Grunge queen Runaway guy And then there's a bipolar angel. Quando si guarda una persona la prima cosa che si nota è il colore degli occhi, poi le labbra, e i capelli. Nessuno si sofferma mai a pensare cosa diavolo passa per la...