7.Escape

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Era su quel muretto ormai da qualche ora. La brezza fresca del pomeriggio le scompigliava i capelli scuri che un giorno si era tinta di viola, scelta che i suoi genitori non approvarono. Dopotutto era per quello che era scappata, dopo l'ennesima litigata. Passi, urla, porte sbattute e poi la fuga. Era stato alquanto veloce e indolore. Ma ora che stava calando il sole e iniziavano a nascere dei problemi. Non sapeva dove andare. Ritornare indietro era fuori discussione: ne valeva il suo orgoglio. Poi in quella casa non ci sarebbe mai tornata. Quindi scartò a prescindere l'ipotesi.

Poteva dormire, solo per quella sera, sotto qualche albero o su una panchina. Ma scartò l'idea poco dopo essersi accorta dei pericoli che avrebbe potuto correre. Quindi confidò nei soldi che aveva in tasca. Così, pregando e incrociando le dita, frugò nelle tasche dei suoi jeans. Ne cacciò via solo qualche moneta, un biglietto dell'autobus usato e una caramella alla menta: molto utile.

Così iniziò a pensare che quella fosse stata una cosa un po' troppo avventata. Avrebbe dovuto sfruttare la situazione per rompere il salvadanaio a forma di rana che aveva sul comodino, nel quale erano custoditi tutti i suoi risparmi, o quasi, da quando era piccola. In quel momento, su quel muretto, il pensiero del suo salvadanaio le ricordava troppo 'casa'.

Saltò da sopra il muretto, si aggiustò la maglia, l'unica cosa che aveva preso dal suo armadio prima di avventarsi contro la finestra della sua stanza, si pulì pantaloni e iniziò a camminare verso una meta indefinita, con le mani nelle tasche e con l'aria di chi sta affrontando le conseguenze della prima, grande cavolata della sua vita.

Mentre passeggiava si accorse che c'erano molte carrozzine e nonni o genitori che le spingevano, quindi pensò di essere in un quartiere sicuro, non come la strada buia in cui le era vissuta per sedici anni, dove ogni sera si poteva sentire una volante della polizia, giunta sul luogo per arrestare qualcuno oppure si potevano vedere scambi di droga nei vicoli bui. La sua casa, o meglio, la casa dove era cresciuta, aveva spesso dato rifugio a spacciatori ricercati, e per un periodo era stata anche sede di sedute spiritiche, ovviamente pagate profumatamente, condotte da sua madre che fingeva spudoratamente di essere in contatto con l'altro mondo.

Niente di tutto questo sembrava popolare quel quartiere, quindi si tranquillizzò. E così all'improvviso le venne un'idea che divenne subito il suo piano per la notte.

Si sarebbe intrufolata nel giardino di qualche ricca famiglia, così sarebbe stata al sicuro per quelle poche ore, poi la lue del sole all'alba l'avrebbe svegliata e sarebbe sgattaiolata fuori senza farsi vedere da nessuno.

Pensato sul momento, ad una ragazza di soli sedici anni compiuti da qualche giorno, raffreddata e impaurita, quasi, questo era sembrato il piano più geniale che si sarebbe mai potuto escogitare. Restava solo trovare un giardino accogliente, magari con qualche albero sulle cui radici si sarebbe potuta addormentare e tutto era fatto!

Doveva soltanto trovare una giovane coppia troppo presa dai capricci del bambino nella carrozzina per badare ad una povera, indifesa ragazza che cercava di entrare senza permesso nel loro giardino.

Così iniziò a camminare lungo una strada lastricata di case con bei giardini 'invitanti', ma l'istinto le diceva di proseguire. Forse, non era solo l'istinto che le diceva di continuare nella sua ricerca, forse c'era anche lo zampino di qualche angelo...

Si fermò di colpo davanti un cancello argentato, appena aperto. Dietro, lei poteva ammirare una grande casa a due piani. La stradina che conduceva all'enorme portone era in pietra e sui bordi si trovavano delle aiuole ben curate. Sulla sinistra, dentro il giardino, si ergeva un'imponente quercia che arrivava fino ad una finestra del secondo piano.

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