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H A R R Y

La vidi seduta su quella maledetta scala, attirava gli sguardi di tutte le studentesse che le passavano davanti, sembrava un dipinto meraviglioso.

Avrei potuto paragonarla alla Venere di Botticelli, una bellezza che superava qualsiasi aspettativa, un canone.
I suoi capelli biondi, una cascata piatta che finiva poco sopra il suo sedere, un nasino decorato con alcuni schizzi di piccole lentiggini marroni, mischiate al color rosso chiaro delle sue gote - delle labbra piene, vermiglie alla mia vista.
Alcune volte applicava un liquido cristallino, che si intravedeva grazie ai riflessi di luce, i quali le colpivano la bocca.
Occhi tentatori, ti colpivano ogni volta che vi si posava lo sguardo.

Così completa, così giovane.

Era diventata un'ossessione, ogni volta che la vedevo, non potevo che perdermi nel vuoto, in lei.
Sapevo che era sbagliato, ma in fondo sottrarre alla vista certi aspetti mi eccitava fottutamente tanto.

Sembravo malato, era la prima volta che mi succedeva una cosa del genere, mi ero completamente dimenticato delle donne circostanti, le quali cercavano di attirare la mia attenzione con flirt abbastanza imbarazzanti, non cedevo più.
Mi ero stufato di vedere sempre le stesse labbra, quei contorni troppo accentuati dai quali emergeva un rosso acceso, non naturale.
Quei vestiti attillati, pelle sopra pelle, li usavano per fare di tutto.
Gonne ristrette tra le cosce grosse e molli, avvolte in calze a rete.
Tacchi alti, esageratamente elevati, domandandomi come potessero camminare su degli spessori così, come se niente fosse.

Si Harry, l'unico talento.

«Mi può ascoltare?» improvvisamente mi risvegliai dai pensieri governanti, puntando il mio sguardo verso miss. Giordan.

Annuì dispiaciuto per il comportamento assunto, guardando attentamente la donna.
Continuava a blaterare senza alcun motivo, non sapevo nemmeno perché fossimo nel mio ufficio.
Volevo correre verso casa, ero stanco e le giornate all'interno del college erano snervanti, soprattutto con le studentesse impertinenti.
Ognuna aveva il suo carattere, e quasi tutte non faticavano a creare putiferio all'interno delle aule.

«-Quindi queste schede le tiene lei, deve darle domani al vicepreside.» concluse frettolosamente, sorridendo nella mia direzione.

Annuì non prestandole attenzione, non era una cosa così importante, quei fogli potevano aspettare.
Aspettai che quest'ultima uscisse dal mio studio, e con la poca pazienza rimasta, mi adagiai sulla schiena della sedia in pelle scura.

La guardai per un po', nel mentre ritirava alcune ricevute.
Un vestito a dir poco disgustoso.
Di color prato acceso, unito a degli schizzi violacei sparsi a caso sul tessuto, morbido alla vista.
Non capì mai il suo modo di essere, ero stranamente convinto che avesse qualche problema nell'abbinamento dei colori.
I miei gusti non si rispecchiavano con i suoi, tanto ché alcune volte mi veniva da ridere osservando i suoi abbigliamenti.

«Mrs. Styles, stia attento a queste pratiche, a domani.» concluse indicando i fogli davanti a me, per poi girarsi e correre, con i suoi tacchetti neri, verso la porta in legno.

Chiusi gli occhi gioioso, accennando un piccolo sorriso e rilassandomi per alcuni minuti.
Amavo la mia professione, ma oltre a questo vi era un grosso impegno dietro, che alcune volte non riuscivo a mantenere per la troppa stanchezza.

Aprì di scatto gli occhi a causa dei piccoli battuti alla porta, la quale si aprì subito dopo.
Il mio sorriso sghembo si sciolse improvvisamente, i muscoli tesi del corpo, mentre osservavo la giovane fanciulla comparsa davanti ai miei occhi.

Subito mi chiesi cosa fosse venuta a fare, non si poteva entrare negli uffici dei propri insegnanti, se non su loro richiesta.
Ma in fondo per lei era tutto concesso, sotto il mio aspetto.
Indossava la solita divisa scolastica, le calzava perfettamente che sembrava fatta su misura, apposta per lei.
Le sue gambe pallide erano vicine, coperte per metà da delle calze bianco candido, latte.

Era così lontana, ma nonostante questo sentivo il suo profumo di ciliegia.

«S-scusi, posso chiederle un'informazione?» domandò improvvisamente, riportandomi sulla terra e lasciando le fantasie più aspre in una piccola parte del mio cervello.

Non risposi subito, la mia bocca semiaperta, incredulo dal fatto che lei mi avesse rivolto parola.
Non mi sarei mai immaginato una scena così, o almeno, pensavo di essere io ad esprimermi con lei, ma tutto quello mi scombinava.

Annuì frettolosamente, sistemandomi sulla sedia e attaccando il mio addome alla cattedra fredda, dovevo calmarmi.

«Lei è?» chiesi, sapendo già la completa risposta.
Poteva sembrare un qualcosa di inquietante, ma in fondo era solo un interesse verso una ragazzina di sedici anni.

Si Harry, è inquietante.

«Alyssa Elvis.» finì, entrando di poco nella stanza e facendo ricadere i miei occhi sulle sue gambe nude.

Quanto vorrei vederle intorno a me.

Sorrisi tirato, mentre cercavo di distrarmi da lei.
Non stava facevo nulla ed io mi eccitavo alla sola vista, potevo considerarlo un problema.

«Se mi dà una mano per cercare la mia stanza?» chiese ingenuamente.
Solo il modo in cui mi dava del lei mi faceva uscire di testa, stavo impazzendo.

«Dov'è la piantina della scuola?» domandai serio, guardandola e cercando di rimanere sobrio.

«Non so, penso di averla persa in giro.» disse osservando curiosa la camera, alzando varie volte gli occhi per curiosare il soffitto in legno.

Come si poteva perdere un pezzo di carta?

«Allora deve seguirmi, forza.»

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Eccomi! Spero possa esservi piaciuto, scusate vari errori!

Un po corto ma i prossimi li farò molto più lunghi, più avvenimenti.

Buona notte! Grazie mille a tutte!

Baci, S.

Sweet Lips - hes. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora