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H A R R Y

«Ti hanno detto il numero?»

Chiesi osservando la pianta bianca tra le mie
mani, scoperta nel mio cassetto in legno massiccio.

Era così semplice trovare la propria dimora che non capivo neanche il concetto di creare una cartina d'istituto per le varie stanze.

«No, la segretaria non sembrava essere interessata.» concluse frettolosamente, guardando il pavimento lucido.

Le segretarie non erano il massimo, si lamentavano per ogni fottuta cosa succedesse nella scuola, ed infine questo era il risultato.

Annuì solamente, alzando il polso e osservando l'orologio intorno.
Le lezioni non erano ancora cominciate, avevo abbastanza tempo per aiutare questa piccola fanciulla, senza ritardi.

Se solo avessi potuto tenerla tutto il giorno con me, donandole piacere sulla scrivania del mio ufficio, ed ascoltando i suoi gemiti angelici espandersi nella camera, sarei stato l'uomo più felice sulla terra.
Dovevo solo aspettare ed il momento giusto sarebbe arrivato.

Continuai a fissare la carta sotto il mio mento, quasi come se fosse un oggetto estraneo, come se non avessi mai visto nulla di simile.

«S-scusi, io dovrei fare il prima possibile, ho lezione dopo.» mi risvegliò dai pensieri, facendo alzare - finalmente - la mia paffuta testa.

Le sorrisi tirato, osservandola imbarazzato. I miei pantaloni erano improvvisamente stretti, non riuscendo a celare il rigonfiamento prosperoso per via dei peccaminosi pensieri, non riuscivo a non trovare un altro interesse, se non quello.

Spostai lo sguardo, girando il mio corpo e camminando verso la segreteria della scuola, senza aspettarla ulteriormente.
Le mie scarpe eleganti fecero rumore sul pavimento lucido, era l'unico suono nel corridoio buio, salvato da piccoli spifferi di luce calda, che donavano un ambiente solitario.

Da lontano vidi la donna dietro al vetro, facendomi già irritare dal fatto che non avesse informato la mia ragazza, così che lei non potesse fare nulla.

Arrivato davanti al bancone appoggiai il foglio sulla piccola sporgenza in legno, creando un piccolo impatto tra la carta ed il materiale duro da far alzare il capo alla vecchia donna.

Mi sorrise immediatamente, facendomi distogliere lo sgaurdo dal suo viso contratto, pieno di rughe.

«Il numero della stanza assegnata alla studentessa Elvis, per favore.» chiesi mentre il pezzetto di carta scivolò dalle mie mani, finendo dall'altra parte del vetro.

La donna guardò la piantina, per poi spostare gli occhi sul display di fronte, che emanava una luce fredda.
Il suo dito andava avanti ed indietro, facendo girare la rotellina del mouse nero pece.

Mi lanciò un occhiata veloce attraverso ai suoi occhiali da vista, di cui il bordo era un giallo spento.
Appuntò con la sua penna il numero della stanza, per poi consegnare il foglio nella mia direzione.

«Ecco qui.» Mi sorrise, quasi facendomi pensare che fosse gentile, ma mai al livello di quella ragazzina.

Presi l'oggetto, guardando dall'alto la donna, per poi girarmi e correre verso il mio ufficio, aspettandomi la dolce Alyssa.

Arrivai velocemente verso la stanza, richiamando la ragazza e dicendole di seguirmi verso la sua dimora.
Annuì lentamente mentre camminò con le sue gambe magre verso la mia direzione.

Cercai di trattenere un gemito dalla sua gonnellina bianca, pura ed innocente come una creatura.
Le sue calze avevano delle pieghe sulla parte iniziale, mandando il mio cervello fuori da ogni cazzo di ragionamento, gliele avrei sistemate per bene, solo io avevo il piacere di farlo.

Superò il mio corpo, ritrovandosi fuori dalla stanza, senza che si accorgesse del mio disagio.

Chiusi - con fatica- la porta nera, per poi girarmi verso di lei ed accentuare un sorriso forzato.

Iniziò a camminare davanti a me, facendomi beare delle sue natiche sode, dietro ad il tessuto fine della gonnellina, la quale avrei voluto strappare violentemente, senza alcun dubbio.
Magari avessi avuto la benedizione di toccare il suo perfetto corpo, ogni angolo ed ogni fessura, la sua piccola fessura.

Ero letteralmente ossessionato da questa ragazzina, seppur i primi giorni era come un fantasma alla mia vista, appena i miei occhi spenti incontrarono il suo minuto corpo, si riaccesero nuovamente.

Per quanto potesse essere sbagliato, non me ne importava, avrei fatto di tutto pur di avere Alyssa tra le mie mani, di tutto.

Improvvisamente si girò nella mia direzione, facendomi distogliere lo sguardo - inizialmente puntato sul suo culo- verso il vuoto, speravo solo di non esser stato visto.

«Grazie mille, signore.» sorrise, per poi girarsi ed incominciare a camminare nuovamente.

Io ero fermo, quasi non riuscivo a muovermi.
Mi aveva chiamato signore, mi aveva dato del lei.
Mi sentivo potente, dominatore.
La mia eccitazione aumentò, quasi non rendendomi conto che stavo massaggiando lentamente la mia protuberanza, dal male che mi causava.

Smisi subito di toccarmi, avevo cose migliori da fare in quel momento.
Solo la sua voce mi creava un calore inteso, ma oltre a quello volevo il suo corpo.

I passi ripresero lentamente, fino a portarmi all'apposita stanza.
Alyssa sorrideva felice, mentre le sue piccole manine cercavano di aprire la porta bloccata.

«Aspetta un secondo, è chiusa a chiave.» intervenì facendo spostare la ragazza, e con azioni immediate aprì l'entrata.

La stanza era solare, le finestre filtravano la luce donando calore.
Tutto era perfettamente in ordine, senza alcun velo di sporco.

La studentessa fece parte di questo spettacolo che si intravedeva a malapena, quasi guidandomi verso il paradiso.

Corse al centro della camera, aspirando l'aria pulita che entrava.

Ero come incantato dalla sua bellezza, dalla sua giovane età.

«Grazie ancora.» mi fissò, sistemando l'orlo della gonna.

Annuì in compenso, facendo involontariamente cadere il mio sguardo sulle gambe pallide.

«Arrivederci e buona lezione, signorina Elvis.» sussurrai girando i tacchi e lasciandola lì.

Tra l'aria fresca ed i raggi del sole che le colpivano le gambe candide.

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Baci, S.

Sweet Lips - hes. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora