"-Oh Mary...-"

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"Caro diario,

La psicologa pensa che scrivere su un pezzo di carta possa essere utile, quindi facciamo questa stupidaggine una volta per tutte.

Dopo la morte della mamma trovo molto complicato comunicare con gli altri come se nulla fosse, soprattutto non avendo amici.
I sedici anni sono già difficili di suo figuriamoci con una sfiga come la mia.
A scuola sono vittima di una bulla rompiscatole: si chiama Samantha e la detesto con tutta me stessa.
Mi deride, mi spinge, mi ruba le cose ma sopratutto è la ragazza di Bill Davies. Il ragazzo che piace a me.
Lei lo sa che ho una cotta per lui fin dall'elementari"

-Scusa cara ti disturbo?-

-No papà entra pure-

-Wow, stai già iniziando a scrivere?-

-Si, prima faccio questa cosa e meglio è-

-Anche la mamma lo diceva sempre, sai?-

-Si papà, lo so-

Mio padre sembrò addolorato quanto me, anzi no, lo era più di me. E pensare che non la vedeva  da un sacco di tempo ormai.

-Senti Rosie, ora devo andare c'è Sherlock che mi aspetta giù- disse lasciandomi con un bacio sulla fronte.

Sembrò quasi che preferisse quel Sherlock Holmes di cui mi parlava in continuazione a me. In quel momento sperai solo di avere l'onore d'incontrarlo un giorno.

E con dolore tornai alla mia triste realtà; il diario:

"Samantha; quanto la odio.
Proprio qualche giorno fa ha baciato Bill davanti a me di proposito, OK?! DI PRO-PO-SI-TO!!

Mi fa una rabbia assurda.

Se ora ci fosse la mamma le racconterei tutto e magari dopo essermi sfogata con lei mi sentirei anche meglio. Ma lei non c'è e non ci sarà più per me"

Non ce la feci più a scrivere. Troppi ricordi. Troppi dolori. Troppi vuoti nell'anima. Provai solo nostalgia.

Quindi dopo essermi fatta una tazza di tè mi buttai sul divano e cominciai a guardarmi in giro.
Il tavolo, la TV, il lampadario, le foto di me da piccola e della mamma incorniciate ed attaccate alla parete; tutte queste cose mi ricordarono mia madre.

Forse era un po' ridicolo per una ragazza di sedici anni piangere perché le manca la mamma. Ma per me non era solo una mamma, era anche un'amica. La mia migliore amica.

Sentii il campanello suonare, e quindi andai ad aprire la porta.

Mi ritrovai davanti un tipo alto, dai capelli ricci, neri, gli occhi stupendi e un cappotto nero.

Io mi soffermai volentieri sui quei occhi color ghiaccio. Li adoravo. Ma ciò non mi tirò su di morale.

-Ciao-

Poteva anche avere gli occhi più belli al mondo, ma dovevo essere sincera, era così misterioso che mi mise paura.

Quando mi porse la mano dentro di me mi chiesi:
"Gliela stringo? Meglio di no"

-Che c'è?!- gli chiesi semplicemente.

-Strano...pensavo che tuo padre ti avesse parlato di me- disse quell'uomo riportando la mano che mi porgeva in tasca.

-Può darsi ma ora c'ho da fare. Addio.-

Gli sbattei quasi la porta in faccia ma lui mi procedette mettendo il piede nel mezzo.

Sherlock - The soldier's daughterDove le storie prendono vita. Scoprilo ora