Camminavo incessantemente su di un asfalto sempre più rovente, tanto da non sentir più il dolore di quei passi, così regolari, sempre incessanti.
La via era ambigua, retta ma non sempre chiara. Una dannata foschia inebriava l'aria già a partire da un semplice palmo di distanza. Nulla era nitido.
Di tanto in tanto, ai miei fianchi si presentavano vicoli e deviazioni che, liberatisi dalla nebbia del caso, creavano in me il dubbio: intraprenderli o rigare dritto imperterrito.
Dopo qualche esitazione e dopo aver chiuso gli occhi per far finta che non esistessero, decisi di svoltare in quella che appariva come la diramazione più attraente. Sormontata da un arco gotico che stringeva al di sotto una coppia di raffinatissime colonne ricche di preziose gemme incastonate e avvolta dal dolce abbraccio naturale di flebili rampicanti, esso mi attirava anche più della mia strada.
Oltrepassai quella magnifica entrata, ma le mie aspettative si infransero come porcellane in balia di un terremoto. Uno stretto, angusto, claustrofobico vicolo mi si presentó davanti. Al suo centro, un'ombra teneva ciò che credo fosse il suo sguardo fisso su di me. Indietreggiai, ma repentinamente mi si avventó addosso e si avvinghió al mio esile braccio.
Non oso ricordare come, ma dovetti abbandonarlo lí, e osservai, impotente, mentre quella meschina creatura lo portava con se.
Feci una promessa: mai più svolte.
E così fu, per anni. I vicoli si presentavano sempre più numerosi ma, inorridito dal semplice ricordo, non concedevo più di una sbirciatina, e subito riprendevo la mia strada.
Menomato e solo, la mia via iniziava a farsi sempre più ampia, ma ciò non faceva che farmi sentire più solo. Ero l'unico, era il mio mondo; un bellissimo, impregnato di tedio, e solitario pianeta.
Mi ci feci l'abitudine, la solitudine iniziò ad essere la mia unica compagna, ed a ciò mi rassegnai.
Il piattume assoluto, fino a quel momento.
Come di consuetudine mi si presentó dinanzi l'ennesima possibilità di svolta, un vicolo veramente malconcio e dimenticato, al quale pensai di non conceder nemmeno un'occhiata.
Questo finché non udii un dolce sussurro: esso era un'azzurra onda marina che si infrangeva delicatamente su di me, un sospiro di chiarissimo cielo, l'aurea voce angelica.
Fissai ciò che era rimasto del mio braccio, ma la tentazione vinse. Fu così che entrai.
Ancora, le mie aspettative furono infrante, ma questa volta in modo completamente diverso: un meraviglioso viale alberato da pini e lauri mi invitava ad addentrarmi in quello che pareva il paradiso terrestre calato in un mondo infernale. Di nuovo, un'ombra mi si pose dinanzi. Saltai dalla paura come un bambino, mentre la semplice rimembranza del passato faceva contorcere il mio stomaco.
Dovevo correre, prima che fosse troppo tardi, anche se gli occhi si erano già chiusi dalla paura.
Ma, prima che potessi voltarmi, una dolce voce mi disse: "Hei, credo che questo sia tuo".
Lentamente, riaprii le palpebre e, dio mi fulmini per quante imprecazioni passarono per la mia mente, quell'ombra sparì.
Al suo posto c'era una candida figura, una dolcissima ragazza dai capelli corvini che mi fissava con uno sguardo mai visto, senza fondo, magnetico; lei sorrideva.
Abbassai lo sguardo e... mi si stampó un sorriso idiota sul viso alla vista quella cosa. "Il mio braccio?! Il mio cazzo di braccio??!!" Urlai entusiasta e sbalordito allo stesso tempo, e continuai: "Dove.. dove diavolo l'hai trovato?"
"Questo non è importante." Rispose. "Quello che vorrei farti capire è che sei uno sciocco. Davvero credi di poter continuare a camminare da solo in queste vie così impervie?"
La interruppi: "Meglio solo che menomato... Comunque, non so come ringraziarti"
"Non devi, però gradirei che ricordassi una cosa: nelle strade di noi tutti, si presentano quelli che consideri dei semplici vicoli; in realtà essi sono vie di qualcun'altro, e la loro apparenza può essere spesso ingannevole, come ben sai. Ma questo, non è un motivo valido per camminare coi paraocchi! Osa, spingiti a sterzare e intraprendi nuove strade, perché a furia di calpestare il proprio suolo, esso si fa rovente, di fuoco. Ora torna pure nella tua strada" e cosí concluse.
"No."
"Come no?"
"Non voglio. Qui mi sento... semplicemente libero. Non ho mai provato questa sensazione nella via di qualcun'altro. Se me lo permetti.. vorrei rimanere."
"Questo è il mio mondo, sappi che potrei facilmente portarti via molto più che un braccio. Non ti preoccupa questo?"
"Non m'importa. Qui non sono solo ed allo stesso tempo sento riemergere me stesso. Fai quello che vuoi, perché una manciata di secondi qui valgono molto più che cento vite lí fuori." Dissi indicando l'entrata del vicolo.
"Benvenuto nella mia vita allora."Oggi, dopo tanto e troppo tempo, continuo a vivere in questo viale alberato, ed esso diventa sempre più rigoglioso e colorato, giorno dopo giorno. Non ricordo di essermi pentito di aver svoltato, o di non averlo fatto prima, perché se avessi sempre intrapreso il primo vicolo che mi si mostrava, magari, oggi non avrei una compagnia così speciale.
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La metamorfosi
Short StoryUna raccolta di frammenti e piccole storie con un unico filo conduttore: l'amore, in ogni suo genere. Cimentatevi in un viaggio dalla gelida partenza, in cui attraverserete gli stati d'animo di un essere comune, ma in cui nasce e si sviluppa una...