La seduta

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T: Buonasera signor C., questa è una seduta di rilevante importanza per il suo percorso. L'ultima e, precisamente, capolinea di questo viaggio così travagliato.

C: Ne sono consapevole. Ancora non capisco come ho fatto a reggere l'enorme peso di me stesso fino a questo momento. Non so dove sarei adesso senza il suo aiuto, le devo molto.

T: Ma si figuri, è semplicemente il mio lavoro. Dunque.. approfitto di questa sua ultima affermazione per dar inizio alla nostra seduta finale: sostiene di trascinare un "enorme peso" , eppure lei oggi mi sembra davvero in ottime condizioni rispetto agli appuntamenti passati. Mi spieghi meglio, prego.

C: Dottore, non tutto è sempre come appare. In realtà io sono in rovina, un castello abbandonato ai secoli, una lastra di ferro immersa nel mare. Il peso di cui le parlo è percepibile fisicamente, ma non solo dalle mie gambe. Ogni mia singola cellula geme e risente dello struggente pesare dei rimpianti. Non credo di doverle ricordare il suo nome.

T: Certo che no. Lei era la sua fantomatica Fiamma.

C: Fiamma? Credo sia riduttivo. Una fiamma brucia finché ha qualcosa da consumare, mentre ciò che è in me ha continuato ad ustionarmi pur avendo esaurito il proprio carburante: la mia povera anima.
Essa è tempesta, è una vile ed infinita vampata, un gayser di magma, che giorno dopo giorno mi ha fatto carbone, mi ha fatto nero.
Ma, devo ammetterlo, adesso le cose sembrano essere migliorate.

T: Allude per caso ad un ritorno insieme, signor C.?

C: Tutt'altro. Sono ormai settimane che non ho sue notizie, ma posso confermarlo, è migliorata. Ricordo che i primi giorni era come essere catapultati in una nuova dimensione, una realtà solitaria ed arida. Ma il peggio era ancora lontano: malinconia, mancanza e debolezza si susseguirono come tessere di un domino facendo ricadere su di me angoscia, dolore e pazzia. La nebbia diventava sempre più fitta, ma non avevo paura di inciampare in qualche fosso, anzi. In verità desideravo incappare in un dirupo, in fondo al quale avrei potuto giacere per sempre col mio dolore.
C'è voluto tempo, giorni e giorni, per riuscire ad intravedere la persiana.

T: La persiana?

C: Certo. Ha presente quando di prima mattina apre gli occhi dopo esser uscito da un bel sogno e nota quei sottili raggi di luce fendere la stanza attraverso la polvere? Sì, esatto, proprio quelli che passano nei piccoli fori della persiana. È stato esattamente così... ma ciò da cui stavo uscendo era un maledetto incubo.
Capii dopo settimane di pianti e vani tentativi di farla finita che le sarei dovuto essere per sempre grato per ciò che ho passato. Osservi come il fuoco dopo aver bruciato un raccolto rende più rigoglioso quello dell'anno successivo, come le cime potate degli alberi gli permettano di non inclinarsi sotto il loro stesso peso. Ciò vale anche per me: la sofferenza, il dolore, la vicinanza alla fine, hanno molto più da insegnare rispetto a qualunque emozione positiva, ed una volta svaniti lasciano un benefico guscio, una nuova armatura.
Adesso mi guardi, Dottore.
Guardi le mie occhiaie, svanite.
Guardi i miei occhi, mai più lucidi.
Guardi le mie mani, non sanguinano.
E... guardi il mio portafoglio, a lei.

T: Oh no... la prego. Io non chiedo di essere pagato. Far svanire ogni male è, in quanto Tempo, il mio solo compito e piacere.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 10, 2018 ⏰

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