Passai i palmi delle mani su tutto il mio corpo sistemando il vestito su me stessa. Continuai a muovere i fianchi cercando di posizionarlo meglio, non mi trovavo assolutamente bene in quel vestito troppo attillato.
Era bello, molto bello, fatto di lattice, nero con uno strappo sul fianco sinistro, con le maniche lunghe e lo scollo a V. Sbuffai e deglutì, mi girai e guardai l'ora: 8:50, non avevo più tempo da perdere.
Afferrai la giacca in pelle sistemandola lungo le braccia e attorno al collo, la sentì vicino a me, ma semplicemente mi rifiutai di guardarla.
«Ti sta aspettando giù» disse appoggiata allo stipite «sei pronta?»
Lo capì subito che non era d'accordo con la mia decisione di continuare la mia vita, continuava a sperare in un ritorno di Justin, come se qui tutto fosse una fiaba, ma non lo era.
«Voglio solo che Eveline abbia una figura maschile» dissi veloce squadrandomi dalla testa ai piedi «Will può dargli tutto l'amore di cui ha bisogno.»
Rise guardando per terra e alzando le sopracciglia, indietreggiò poi picchiettò lentamente sullo stipite della porta «divertiti» mormorò per poi scomparire.
Appena la vidi chiudersi nella propria camera, sbattei il tacco da dieci e sbuffai «dannazione Justin» ringhiai «se solo non ti avessi incontrato»
Afferrai la borsa e correndo mi avviai verso la sua camera aprendo la porta. Stava dormendo su un lato, nelle braccia il suo piccolo peluche.
Mi avvicinai ad ella e le posai un bacio sulla fronte «andrà tutto bene» inspirai chiudendo gli occhi «ti amo.
Guardai per un'ultima volta la camera di mia nonna e sbuffai scendendo le scale.
Nessuno sapeva cosa mi dovevo portare sulle spalle, la sua mancanza mi uccideva piano piano e se non facevo qualcosa per cambiare questa cosa, sia io che Eveline, avevamo da soffrire.
Aprì la portiera e gli sorrisi dandogli un bacio sulla guancia «buonasera signorina» mi disse baciandomi la mano e guardandomi negli occhi, sorrisi poi mi allacciai la cintura «allora? dove andiamo di bello?»
Lui accelerò e uscì dalla stradina continuando a sorridere «in un posto magnifico» mormorò tenendo lo sguardo sulla strada.
Sorrisi e appoggiai la testa sul finestrino guardando fuori. Alzai il capo solo quando sentì la sua mano sulla mia coscia, era fredda, a differenza mia che ero bollente, lo guardai e rimasi neutra, senza nessuna espressione sul viso.
Guardai la sua mano e la sfiorai con il dito «ti ricordi ancora i momenti passati insieme?» domandai alzando il capo e guardandolo.
Non potevo negarlo, con la voglia che avevo nel mio corpo il quel momento, probabilmente sarei saltata in braccio al primo uomo sulla strada.. Ma non potevo neanche negare che i ricordi passati con lui, mi facevano rabbrividire la spina dorsale.
Lui rise e si fermò davanti ad un palazzo grande, fatto completamente di specchio «mi ricordo benissimo» disse scendendo dalla macchina e facendo il giro di essa per aprirla.
Mi tenne per la mano e alzai il capo guardando il palazzo e sorridendo. Era un hotel, e già capì che la serata stava andando, finalmente, per il verso giusto.
Avrei smesso di sentirmi così sola e inutile, avrei finalmente sentito cosa significa il piacere e il desiderio. Si, in quel momento avrei dato tutto pur di sentire le mani di Will sul mio corpo, le parole sporche che uscivano dalla sua bocca, i suoi gemiti.
In pochi minuti mi ritrovai al quattordicesimo piano, i corridoi lunghi con la moquette rossa e le pareti color crema che venivano illuminati da delle lampade da parete. Mi aprì la porta e mi fece entrare per prima, socchiusi la bocca guardandomi attorno e analizzando tutto attorno a me: un letto matrimoniale nel mezzo della camera accompagnati da due comodini ai suoi lati, un tavolino moderno con un design fatto di vetro di forma ovale, e le pareti di color nero scuro.
Mi girai verso di lui e lo notai con le mani nelle tasche che analizzava anche lui la camera, con là mente altrove. Mi avvicinai piano piano a lui afferrandolo per la cravatta rossa e tirandolo verso di me, a pochi centimetri dalle mie labbra «bellissima la camera» mormorai stringendo la sua nuca tra le sue mani.
Rise di poco e posò le mani sui miei fianchi entrando a contatto con il vestito fatto di lattice «suppongo niente cena stasera?» domandò iniziando ad abbassare sempre di più la zip del vestito, inspirai e feci la stessa cosa con la sua camicia «il cibo può aspettare» risposi appena mi sentì cadere il vestito ai piedi.
Non si azzardò nemmeno di abbassare lo sguardo e guardarmi, mi fissò gli occhi e deglutì leggermente «non riesco» disse tutto ad un tratto scuotendo il capo e dandomi le spalle.
Aggrottai le sopracciglia e risi leggermente alzando le braccia facendole cadere lungo i fianchi.
Ma potevo avere una volta per tutte la mia scopata o no? dovevo per forza pagare per farlo con qualcuno? davvero ero arrivata ad invertire i ruoli? di solito erano i ragazzi che mi pagavano, non io a loro.
«Cosa vuoi dire?» sussurrai togliendogli il blazer da dietro e appoggiandolo sul letto.
Si girò velocemente di me e mi afferrò sbattendomi al muro «hai una figlia» mormorò chiudendo gli occhi.
Risi togliendogli la camicia e sfiorandogli i pettorali ben scolpiti a differenza di anni fa. Sembrava molto più grosso e muscoloso, vari tatuaggi ricoprivano il suo corpo rendendolo molto più affascinante.
«Fai finta che siamo ritornati nel passato» sorrisi «scopami come se sapessi che io in futuro avrò una figlia, e non avrai mai più l'occasione di toccarmi.»
Gli slacciai la cintura e sbottonai i pantaloni mentre lui mi riempiva di succhiotti e baci lungo tutto il collo e il petto. Gemetti e appena lasciai cadere i suoi pantaloni, con la mano gli spinsi la nuca obbligandolo a non fermarsi, di lasciare la sua traccia su di me.
Morse le mie labbra tirandole e afferrandomi per il polso portandomi proprio davanti alla grande finestra che dava su tutta la città. Un panorama spettacolare.
Lasciò cadere le mie mutande e mi schiaffeggiò le natiche tirandomi per i capelli, mi leccai le labbra e girai il capo verso di lui sorridendo.
Appena lo sentì dentro di me, chiusi gli occhi e lasciai un gemito involontario uscire dalla mia bocca. I miei polpastrelli lasciarono l'orma sul vetro della camera e con la bocca appannai il pezzo che stava davanti a me.
Chiusi gli occhi e sospirai.
Finalmente, finalmente, finalmente e finalmente.
Mi sentivo di nuovo viva e apprezzata per ciò che ero: una donna.
Una donna che aveva bisogno di amore, di fare ciò che più le piaceva: scopare.
Senza peli sulla lingua. A chi non piaceva scopare? così tante emozioni, così tanto divertimento.
Ovviamente sarebbe stato meglio scopare con la persona amata, ma se non ne avete una, come me, la vita vi metterà davanti qualcosa di simile.