3. Il ritorno

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Schioccai le dita e poggiai le mani dietro la schiena raddrizzandomi. Guardai l'orologio al polso e sorrisi non appena vidi l'orario indicato «finalmente» mormorai alzandomi e afferrando il blazer.
Mi sistemai e presi le mie cose, quando la porta di colpo si aprì e davanti ai miei occhi, apparve sorridente come mai e vestito in uno smoking blu.
«È successo qualcosa Connor?» domandai aggrottando le sopracciglia.
Lui si invitò da solo dentro e chiuse la porta alle sue spalle mantenendo il sorriso sul viso «no» rispose alzando le spalle «volevo solamente chiedere se volessi pranzare con me»
Sbuffai e appena mi resi conto della situazione, risi iniziando a sistemarsi sempre più veloce «sai benissimo che Eveline mi aspetta a casa Con» dissi dandomi una leccata alle labbra e girandomi verso di lui, sorrisi e gli sistemai la cravatta «sarà per la prossima volta» deglutì.
Feci un passo in avanti ma lui mi afferrò per il polso guardandomi con insistenza poi scoppio in una risata «dici sempre così» sussurrò piagnucolando.
Alzai le sopracciglia in contemporanea con le spalle «e tu mi chiedi sempre la stessa cosa» risi per poi sorpassarlo e scendere le scale. Non optai nemmeno per l'ascensore, ero sicura che aspettandolo, sarebbe entrato con me, non volevo rischiare.
Appena scesi l'ultimo scalino, allargai gli occhi poi inspirai avviandomi verso il bancone dove appoggiai l'avambraccio e la guardai sorridendo «ancora qui?» domandai.
Lei deglutì poi si sfregò il viso con le mani, probabilmente dalla grande stanchezza «volevo andarmene ma è apparsa una email importante e non potevo lasciarla» si fermò poi mi guardò alzando le sopracciglia.
Aggrottai le sopracciglia e aguzzai gli occhi «cosa c'era di così importante?» chiesi iniziando a giocare con il lobo. Nel mentre lei si alzò e afferrò il poncho indossandolo «ho ricevuto una richiesta da una donna che si vuole far truccare da noi per il suo matrimonio» si fermò.
Mi rilassai alzando gli occhi al cielo «Aisha, è quello che facciamo sempre» risi «per questo che sei rimasta di più?» scossi il capo incredula «vado che Eveline mi sta aspettando» mormorai dandole un bacio sulla guancia «riposati per lunedì» urlai.
Di fretta uscì lasciandola che urlasse il mio nome alle mie spalle, ma non ci feci minimamente caso. L'unico mio obiettivo era quello di salire in macchina, andare a casa ed uscire con Eveline.

Tirai fuori dal suo armadio rosa un paio di leggins neri con il fiocco sulla caviglia, una maglietta lunga bianca e il giubbottino nero in pelle «non si sa mai» borbottai alzando le sopracciglia e guardando la giacca. La vidi corrermi contro e abbracciarmi le gambe guardandomi dal basso «dove andiamo di bello?» domandò sorridendo e stringendomi sempre più forte.
Mi inginocchiai davanti a lei iniziando a toglierle il pigiama e lasciandolo sul bordo del letto «dove vuoi che andiamo?» chiesi spruzzandole un po' di profumo sul corpo.
Non appena posai lo sguardo sul suo collo, un brivido mi percosse tutta la schiena, sorrisi involontariamente e gli occhi piano piano mi si riempirono di lacrime. La presi nella mano e la accarezzai delicatamente per poi guardarla negli occhi.
Mi mancava tanto, sentivo la sua mancanza ovunque io andassi e avrei tanto voluto che mi vedesse ora, realizzata e con una figlia bellissima.
«È di nonno, vero?» domandò guardandomi.
Scossi il capo in un sì e afferrai la maglietta bianca aiutandola a vestirsi «non mi hai detto dove vuoi andare» mormorai inserendole i leggins prima in una gamba poi sull'altra. Alzò le spalle così come le sopracciglia «non lo so, decidi tu oggi» disse ridendo.
Inspirai e le sorrisi accarezzandole la guancia e stringendola leggermente «e se ti portassi a fare un po' di shopping?» domandai alzando le sopracciglia entusiasta più io che lei. Sorrise leggermente poi mi afferrò per il viso e mi baciò la guancia «ci andiamo» rispose «basta che tu non sia più triste.»
La presi in braccio e mi alzai scendendo le scale «io non sono triste» dissi tenendomi per la ringhiera «cosa te lo fa pensare?»
Lei si strinse ancora di più attorno a mio collo guardando le scale «non fai altro che lavorare» mormorò senza guardarmi «a scuola continuano a chiedermi dove fosse mio papà» si fermò e si girò velocemente verso di me guardandomi negli occhi.
La posai giù non appena le scale finirono, le sistemai i vestiti e la guardai, incontrai gli occhi di mia nonna alle sue spalle, aveva le mani incrociate al petto e le sopracciglia alzate «così come io lavoro così tanto, anche tuo padre lo fa» sorrisi «viaggia per il mondo, visita nuovi posti, conosce nuovi animali» deglutì.
Lei sorrise poi si girò verso la nonna che le sorrise velocemente, dandole conferma di tutto ciò che le dissi «ora, vai velocemente da Nick e aspettami in macchina con lui, va bene?»
Girò i tacchi velocemente uscendo dalla casa e correndo contro a Nick che la afferrò e la prese in braccio sorridendole, girai il capo e la vidi accanto a me, con le braccia di nuovo al petto «Asia» sussurrò.
Sbuffai e scossi il capo «no, nonna» dissi alzando di poco la voce «non riesco a dirglielo ok?» dissi con le lacrime agli occhi «come faccio a dirle che ci ha abbandonato?mh?» risi alzando gli occhi al cielo e togliendomi le lacrime che stavano per scendere «la rovinerei» sussurrai guardando a terra «non voglio, non voglio» mormorai di continuo.
Non disse nulla, mi abbracciò soltanto e mi massaggiò la spalla «prima o poi dovrai dirglielo» mormorò imitando la faccina triste.
Indietreggiai e deglutì cercando di riprendermi.
Non poteva andare a finire sempre così, dovevo farmi forza e andare avanti, rassegnarmi del fatto che non tornerà mai e che ognuno ha continuato, nel bene o nel male, la propria vita.
Mi girai e guardai la macchina fuori «devo andare» dissi abbracciandola velocemente per poi uscire.
Non volevo più stare un secondo lì dentro, più mi parlavano di lui, più mi deprimevo.
Salì in macchina con dietro Eveline e la notai seduta, con la cintura allacciata e con in braccio il suo pupazzetto «dove andiamo signorina?» chiese Nick guardandomi tramite lo specchio, la guardai e sorrisi «al centro commerciale» mormorai «andiamo a fare un po' di shopping» finì sorridendo.
Sorridendo, accelerò e uscì dal giardino prendendo le vie principali, mi guardai attorno persa, incominciò a piovere lentamente, alcune gocce cadevano sul mio finestrino e io le guardai cadere fino a scomparire. Sembrava che io non vivessi più in questo mondo, le vie non me le ricordavo più dato che l'unica volta in cui uscivo di casa, era per andare a lavorare.
Aveva ragione Eveline ... Non facevo altro che lavorare.

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