11. 𝒯𝒽𝑒 𝑒𝓃𝒹 ...

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Trascinai le gambe dietro di me a malapena, gli occhi chiusi e le dita che continuavano a grattare la cute dei capelli.
Deglutì e abbassai il capo verso il basso non appena sentì il mio piede calciare una pallina.
Aprì solamente un occhio e inspirai guardando tutto il perimetro del salone: migliaia di palline, luci che penzolavano da tutte le parte, addobbi ovunque.
Alzai gli occhi stanchi dalle mie ciabatte e piano piano focalizzai la vista su una cosa che continuava a sbrilucciare e non: l'albero di Natale.
Spostai leggermente il capo e li vidi tutti tre, di schiena, impegnati ad addobbarlo.
Senza alzare i piedi, mi avvicinai a loro e da dietro abbracciai Justin che teneva in braccio Eveline.
Lui si girò di scatto e la passò tra le braccia della nonna, con la quale la salutai con un buongiorno.
«Buongiorno» disse lui baciandomi la fronte «dormito bene?» sussurrò.
Chiusi gli occhi e sorrisi per poi prendere in braccio Eveline, baciandole le guanciotte

Piegandosi di poco, nonna prese in braccio Eveline e le sorrise "andiamo al centro commerciale? dove sta Babbo Natale e i suoi reni?" domandò spalancando gli occhi. Eveline si coprì la bocca per poi iniziare a battere le mani dalla grande felicità.
Chiudendo la porta dietro di loro non feci in tempo a girarmi che si avvicinò a me sempre di più facendomi indietreggiare fino a quando non caddi all'indietro sul divano.
Rimase in piedi davanti a me con un sorriso malizioso e sporco che mi stava dando conferma del ciò che stava per accadere.
Si tolse velocemente la maglietta del pigiama lasciando allo scoperto tutto ciò è sempre stato mio: gli addominali, i pettorali, i muscoli ben scolpiti.
Nelle narici mi penetrava il suo profumo maschile, quello che ogni volta che lo sentivo, mi faceva venire voglia di roteare gli occhi dal piacere.
Mi alzai di poco e lo raggiunsi dando una leccata agli addominali mentre lo guardavo negli occhi.
«hai sempre la stessa mente perversa Asia?» mi domandò impugnando i miei capelli e alzandomi.
Socchiusi gli occhi non appena avvicinai le mie labbra alle sue, sorrisi «hai sempre gli stessi giocattoli?»
Rise nel mentre io mi spogliai, sia dal caldo che mi provocava il camino accanto a noi, sia dalla grande eccitazione nel pensare cosa stava per accadere.
Le sue mani erano di nuovo sul mio corpo, la mia bocca ormai sapeva del suo gusto e le mie papille gustative si godevano tutto ciò nel mentre.
Tremai sotto il suo tocco, tremai non appena mi rese sua finalmente.
Nulla era cambiato.
Le parole sporche che mi sussurrava all'orecchio, le tracce delle mie unghie sulla sua schiena, i giocattoli messi in ordine accanto a noi, il sudore sulla nostra fronte, gli occhi che non si perdevano.
Era lui.
Era ritornato.
Non se ne era mai andato.
Il mio Justin, era qui.

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