capitolo 17

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Decido di prendere un appuntamento in una clinica privata a Washington, dove non mi conosce nessuno, per fare il test di paternità. Ormai non è più invasivo,  basta un mio campione di sangue e il dna dell'ipotetico padre.

- Fatto

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- Fatto. I risultati glieli manderemo a casa, tra un paio di giorni.. mi dice il medico, che si è occupato di effettuare i prelievi.

Usciamo da quella clinica un po'storditi e dirigendoci verso la macchina, Andrew mi chiede a bruciapelo:

-di chi preferiresti che fosse?

-Di nessuno Andrew, vorrei proprio che 'non fosse'.  Un incidente puó essere sfortuna, ma due??!

  -Ti prego, non descrivere quel figlio che avremmo potuto avere come un incidente..

-Andrew, quello era, e questo  è! Dico, indicandomi la pancia.

Rimaniamo in silenzio per tutto il resto del viaggio, lui non ha neanche più il coraggio di guardarmi negli occhi. Dalla sua espressione non riesco a capire se è più deluso o se è più incazzato. In entrambi i casi, la sua reazione mi provoca un angoscia incredibile.

Alla sera, tornando a casa, decido di chiamare Christian, devo essere onesta  anche con lui, ha il diritto di sapere che potrebbe potenzialmente diventare padre

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Alla sera, tornando a casa, decido di chiamare Christian, devo essere onesta  anche con lui, ha il diritto di sapere che potrebbe potenzialmente diventare padre.

Fa che non risponda, fa che non risponda..

  - Christian..!

  -Ehi runner! Ti avrei chiamata io a breve, ero oberato dal lavoro, oggi sono stato tutto il giorno in riunione.. come va la tua influenza?

  -Influenza??

poi mi viene in mente quello che avevo risposto alla dottoressa Davis.. cavolo che roba tra tutti. Ma dentro quell'ospedale c'è qualcuno che si fa gli affari propri?!

-Eh si, mi sono allenato con Elliot stamattina....

Ahh il gazzettino del Johns Hopkins!

-Ma non mi hai risposto!! come stai, quindi??

-bene, bene... anzi, volevo    chiederti, se ti andava di vederci stasera, qui da me...

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