21 febbraio 1942 - L'Arrivo

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Il treno si fermò.
Era un giorno freddo del febbraio 1942.
Helena era stata prelevata dalla sua casa di Praga due giorni prima, insieme alla sua famiglia: sua madre, suo padre, sua sorella Roinka e i suoi due bambini.
Sul treno insieme a loro c'erano altre persone, ammassate, tremanti, impaurite. Non sapevano dove stavano per essere portati, nessuno aveva detto loro qual era la destinazione di quel viaggio assurdo. Helena però temeva di avere la risposta: stavano andando al campo di concentramento. Erano ebrei, era quello il loro destino.
Così, quando le porte del treno si aprirono e la neve che stava cadendo sui binari della stazione entrò vorticando nel vagone, la giovane ragazza ebrea vide degli ufficiali in divisa nera e capì di non essersi sbagliata.
Le SS iniziarono a tirare giù dal treno i viaggiatori, a forza; questi cadevano nella neve alta, senza forze, stremati e infreddoliti. La prima cosa che ricevevano era un colpo con il fucile sulle reni, venivano fatti rialzare, mentre ancora faticavano a respirare, e venivano messi in fila. Divisi. Donne e bambini da una parte, giovani ragazzi al di sopra dei 12 anni e uomini dall'altra.
Il padre di Helena scese dal treno con in braccio Hans, uno dei due figli di Roinka; un ufficiale delle SS strappò a forza il bambino dalle braccia del nonno, questi iniziò a piangere disperatamente. Helena lo tirò a sé, mentre Roinka cercava di calmare Joseph, l'altro suo figlio, che aveva iniziato a urlare vedendo il fratello in difficoltà. Avevano rispettivamente 5 e 7 anni.
Non ci fu nemmeno tempo di dirsi addio; gli ordini perentori che arrivavano dagli ufficiali delle SS non lasciavano via di scampo. I prigionieri vennero messi tutti in fila, gli uomini marciarono verso sinistra, le donne e i bambini verso destra.
Helena camminava al fianco di Roinka, la madre davanti a loro insieme ai due nipotini. La ragazza strinse forte la mano della sorella, cercando di infonderle un po' di coraggio, quello che, però, in quel momento nemmeno lei era tanto sicura di avere. Erano davanti ad un destino ignoto.
Vennero accompagnate in una stanza, un luogo chiuso, angusto. I bambini vennero allontanati, la disperazione delle madri divenne un lamento unico. Vennero spogliate di tutto e, alcune di loro, rapate su ogni singola parte del corpo.
Alla fine di quel terribile rituale, Helena, tra le poche fortunate ad avere ancora i capelli, si guardò le gambe nude; era infreddolita, tremante, e le SS la costrinsero ad indossare un abito a righe con una Stella di David da portare sempre con sé, poi le tatuarono un numero sul braccio sinistro. Non era più Helena Citronova. Aveva perso la sua dignità.
Vennero poi accompagnate in baracche di legno, i letti senza materassi, duri, con coperte infestate di pidocchi e chissà quale altro parassita. Helena avrebbe dovuto dividere la baracca con altre 9 donne, alcune lì già da qualche tempo. Erano tutte magre, quasi scheletriche, negli occhi non c'era più nessun segno di vita. Solo disperazione e terrore, svuotate di tutta la loro linfa vitale: erano solo cadaveri che camminavano.
Helena si accomodò su un letto, Roinka era dalla parte opposta della stanza, vicino alla madre, gli unici tre letti vuoti. Nella baracca c'era silenzio, così come in tutto il campo. Solo in lontananza si sentivano delle strilla, gridate in tedesco.
«Chi è che urla così?» ebbe il coraggio di chiedere Helena.
«Ci farai l'abitudine» rispose una ragazza, che stava al piano superiore del letto a castello al fianco del suo. «Sono gli ufficiali nazisti che impartiscono ordini. Dio solo sa come andrà a finire per quelle persone. Io sono Maryia...» disse la giovane, affacciandosi dal letto e tendendo la mano ad Helena. «Da dove vieni?» chiese.
«Io e mia sorella Roinka veniamo da Praga»
«Qual è il vostro "crimine"?»
La giovane abbassò la testa e alzò il braccio sinistro, mostrando la stella di David.
«Capisco...» fu l'unica cosa che disse Maryia.

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ANGOLO DELL'AUTRICE:

Eccomi qui con il primo vero capitolo della storia.
Allora? Come vi sembra?
Aggiornerò più o meno una volta alla settimana, in modo da poter ricontrollare ancora meglio la storia che ormai è finita.
Si accettano qualsiasi tipo di recensioni costruttive.
Spero vi piaccia.
Al prossimo capitolo.

Moni

Anche all'Inferno Sbocciano le RoseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora