La Dottoressa

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Oggi mi avrebbero presentato la nuova dottoressa.
Nulla poteva rimpiazzare la Dottoressa Joyce.
Mi mancava.
Mi mancava lei, mi mancavano Malcolm e Chloe.
Mi sentivo sola, come se nessuno mi fosse vicino. E in effetti era così.
- Buongiorno - era una voce giovane e delicata.
Apparteneva ad una donna giovane e delicata.
Aveva lunghi capelli castani e portava un rossetto bordeaux.
Quando lo aveva trovato il tempo per diventare una modella nella base?
- Buongiorno ... – balbettai.
- Allora, devo farti delle domande per capire il tuo potere e come sfruttarlo al meglio .-
Ci sedemmo nella sala esperimenti, su due sedie una di fronte all'altra.
Avrà avuto circa 20 anni. Troppo giovane per essere una dottoressa
- Devi sapere che io sono diversa dalle altre -.
- In cosa esattamente ...? – chiesi esitante.
- Come noterai sono molto giovane e tu ti starai chiedendo come io possa essere preparata sull'argomento. Semplice – disse -Io sono come te più o meno -.
Come poteva essere come me?
- Provamelo - dissi seria.
La vidi abbassarsi. No. Ero io che mi alzavo.
La mia sedia stava fluttuando.
- Lei non mi pare una persona cattiva; ma le lo deve dimostrare ....-
Si spostò i capelli da dietro la schiena
- Io sono stata seguita per anni dalla Dottoressa Joyce: non meritava ciò che le è successo -.
Capii all'istante che non sapeva fosse stata colpa mia.
- Allora, cambiando argomento, dimmi: primo, quanto spesso perdi il controllo?-
- Troppo spesso -.
- Secondo, quando si sono manifestati i tuoi poteri la prima volta? -
- A 7 anni compiuti. Ma già da prima ogni tanto mi succedevano cose strane, come sogni premonitori o cose simili .- Stavo rispondendo sinceramente: mi fidavo di lei, forse perché era come me.
- Terzo, in cosa consiste il tuo legame empatico? -
- In pratica mi collego a chiunque io voglia e lo controllo -.
- Wow! Deve essere una gran figata ... - disse con interesse.
- Quarto, come ti senti dopo un legame empatico? -
- Stanca ... -.
-Per oggi le domande sono finite. Ti farò chiamare nel pomeriggio se sei d'accordo -.
- Ho scelta per caso? -
- No, in effetti no, tesoro ...-
- Immaginavo – borbottai.
Poi me ne andai e la ragazza che avevo davanti mi strizzò l'occhio.
Io mi voltai e mi incamminai verso camera mia.

- Su andiamo, la dottoressa ti vuole. – Seguii, quindi, l'infermiere per tutto il reparto, fino a quando non passammo davanti al laboratorio dove la dottoressa, che indossava ora un vestitino a maniche scoperte, mi aspettava.
Avvicinandomi notai una cicatrice sul suo braccio. Ma non mi feci domande.
- H112 ... posso chiamarti con un nome vero?-
Io le sorrisi: era l'unica che finora si era interessata al mio nome.
- Mey. Mi chiamo Mey -.
- Dammi del tu Mey -.
Acconsentii con un cenno del capo. - Puoi chiamarmi Dottoressa ... o Dot. O preferisci chiamarmi Rebecca?-
- Che devo fare? - dissi ignorando la domanda.
- Vediamo un po' di capire come funziona questo legame empatico - disse guidandomi dentro quella stanza che ormai conoscevo come le mie tasche. Era una stanza ampia, dal pavimento e dalle pareti grigio spente
Su una delle pareti c'era un pannello nero attraverso il quale i dottori seguivano gli esperimenti.
Io mi sedetti al centro della stanza e la voce della Dottoressa dall'altra parte del vetro rimbombò.
- Collegati con lo scienziato di cui ti ho troverai la foto alla tua sinistra.
Era una foto incorniciata: vi erano raffigurati quello che credevo essere lo scienziato e i suoi figli.
Mi concentrai e mi collegai.

Ero dall'altra parte del vetro: mi stavo guardando
Letteralmente guardavo me stessa che guardava la foto.
Dissi: - Sono qui -. La mia voce era quella di un uomo, robusto, almeno sulla cinquantina.
- Eccellente Mey. Ora muoviti -.
Mi concentrai ancora di più e mi voltai verso il vetro.
Mi vidi in parte riflesso.
E lo riconobbi. Non era uno scienziato.
Era l'uomo che aveva sparato a Chloe. Era lui il colpevole.
Nella foto era più giovane e non lo avevo riconosciuto, Ma ora avevo l'occasione di portare giustizia.
Non essendo uno scienziato, ma bensì un militare, aveva una pistola  appesa alla cintura.
La presi mentre la dottoressa era voltata a controllare la Mey seduta nella sala.
La caricai.
Mi sparai alla tempia senza pensarci troppo.
-Nooo - urlò la dottoressa.
E io sprofondai nel buio più assoluto che era la morte celebrale.
Mi risvegliai nel mio corpo che era steso a terra.
E scoppiai a piangere.
- Lo ha ucciso - disse la dottoressa.
-Eccellente -.
Quella voce.
Il Dottore mi aveva ingannato.
Voleva che io uccidessi quell'uomo.
- Lei mi ha ingannato!. -
Dalla porta della stanza di controllo entrarono il dottore, con aria compiaciuta e una dottoressa terrorizzata.
-In fondo io e te siamo uguali H112 – disse. - Noi non ci fidiamo di nessuno. -
Poi scagliai la sedia contro la parete e scoppiai a piangere di nuovo

Mi svegliai. Di nuovo un altro giorno in questo inferno.
Andai alla mensa a fare colazione.
Mi sedetti al mio solito tavolo e stavolta mangiai tutto ciò che c'era nel piatto.
Poi al mio tavolo si sedettero K24 e e Anna la ragazza che prima che scappassi mi reputava una stramba. Come se lei fosse stata normale.
Aveva se non sbaglio dato fuoco ad un palazzo o roba simile. "Aah no" – ricordai – "quella era Wren.  Anna aveva solo predetto uno o due attentati terroristici".
-Dov'è Wren? – chiesi, anche se non mi interessava più di tanto.
-Sai lei ha ... come dire ... -. Sapevo come finiva la frase.
-Paura di me? -
Lei scosse la testa, ma sapevo che era la verità.
- Noi ecco ci chiedevamo come ... ecco... se ti va ... - disse esitante K24.
-Parlaci di come è fuori ...- disse H216, ovvero Anna.
- Come ti chiami tu di nome? - chiesi indicando K24.
- Io non ho un nome -.
- Bisogna trovartelo, perché fuori tutti hanno un nome -.
- Per esempio, come potrei chiamarmi? -
- Che te ne pare di Julie? -
- Mi piace! E mio fratello? - Alzai le spalle in modo da dare l'impressione che non ne avevo idea.
Cominciai così a raccontare tutte le emozioni che provavo all'idea di tornare fuori. -
Loro ascoltavano incantate quando alla fine lasciai la stanza: ero sazia e sollevata all'idea di averne parlato.
Mi sollevò l'umore.
Uscii dalla mensa con un senso di sollievo.
Mi incamminai per il corridoio pronta a raggiungere il laboratorio.
Quando lo vidi.
Capelli neri, alto.
Il cuore mi si fermò.
Smisi di respirare.
Malcolm.
- Malcolm!!!! -
Ma lui non si voltò.
Gli vidi solo le spalle, mentre voltava l'angolo. Corsi più veloce che potevo per raggiungerlo.
- Malcolm! - Lo avevo quasi raggiunto.
Era lì, davanti a me.
- Malcolm! Malcolm sono io Mey -.
Lo raggiunsi e lui si voltò.
Due occhi azzurri mi pervasero.
Azzurri no.
Malcolm li aveva scuri
Non era Malcolm.
- Eh? - balbettò il ragazzo.
- Scusami, io ... - Poi le lacrime si condensarono nei miei occhi e corsi via per il corridoio fino a raggiungere la mia camera dove cominciai a piangere.
Me lo potevo concedere, pensai.
Meritavo di stare male.
Era colpa mia.

Soggetto H112 2 (Soggetto H112 saga)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora