Sentii un rumore continuo, come lo scroscio della pioggia.
Ticchettava come le lancette dell'orologio.Mi svegliai e capii che era una sola goccia, che in modo persistente colpiva il termosifone.
Un termosifone?
Perché c'era un termosifone nella base?
La risposta mi arrivò rapida e immediata.
Non ero nella base. E in effetti ero su un letto stranamente comodo.
E un leggero fascio di luce mi percorreva. Proveniva da una finestra.Mi alzai in piedi e una fitta al braccio mi devastò.
Ah, già.
Mi avevano sparato alla spalla.
Era stato necessario.
Ora Malcolm era vivo grazie al mio sacrificio.
O forse no?
In effetti io non potevo averne la certezza. Però ... me lo sentivo.Restava il fatto che il braccio mi provocava un dolore spropositato.
Fortunatamente era lo stesso del precedente infortunio e questo significava che avevo ancora un braccio "buono".
Mi avvicinai alla finestra e tirai su le serrande con il braccio sano, anche se questo gesto mi provocò un discreto sforzo.
E poi luce.
Una luce vivida e spettacolare.
Non neon.
Non una lampadina.
Luce solare calda e avvolgente.
E assolutamente reale.
Tutto questo era stupendo.
Poi, non so se per l'emozione di rivedere il sole o se per il lancinante dolore al braccio, svenni.Mi svegliai che ero di nuovo in un letto, ma non lo stesso.
Uno da bambina, con la trapunta rosa.
Questa finta attenzione nei miei confronti era tipica del dottore quando ero piccola.
Mi circondava di giochi e di attenzioni per farmi scordare di essere stata abbandonata e di aver lasciato al mio potere di usarmi come arma contro mio padre.
In effetti l'atmosfera era abbastanza simile, se non uguale.
Non mi alzai dal letto, non potendo nemmeno concepire l'idea di essere di nuovo là dentro.
Dopo qualche minuto di assestamento notai un'infermiera alta e bionda.
E per un attimo mi soffermai sul quel dettaglio, visualizzando il volto di Chloe, anche essa bionda.
- H112, devi venire con me. -
Non mi feci troppe domande e la seguii.
Mi condusse in una stanza dalle luci regolate molto basse.
C'era una cornice; una cornice alta e stretta.
Lucidata da poco.
Lì c'era il dottore con i capelli bianchi tirati al lucido, un viso leggermente più giovane.
- Cosa vedi H112?
In effetti la cornice ritraeva una figura all'interno.
- Io vedo una stana bambina -.
- Descrivila - mi ordinò il dottore.
- È molto magra – cominciai.
- E che altro? -
- Sembra triste, dottore. -
- Che altro vedi? -
- Ha una ferita proprio qui -.
Dissi muovendo una mano per indicare su di me il punto dove la bambina era ferita.
E poi capii.
Scorrendo la mano avevo sentito qualcosa.
Come un piccolo dosso bagnato sulla mia fronte.
Riportai le mani alla mia vista ed erano sporche di sangue.
Non era una cornice.
Era uno specchio.
E quella stana bambina, triste alla vista e ferita, ero io.
Il dottore intuendo che io avessi capito, mi diede una pacca sulla spalla e anche lui comparve nello specchio
- Non provare mai a scappare. -
Lo guardai triste.
- È quello che sei - disse indicando lo specchio.
- Le persone ti vedono così -.
- Io non sono così - dissi schietta.
Poi le luci traballarono sempre più forte fino ad esplodere.
Detto ciò guardai lo specchio un'ultima volta e scoppiai a piangere tesi. il braccio verso lo specchio, cominciai a gridare finché non si aprì fino a rompersi del tutto.
Ad un tratto nella stanza c'ero solo io.
In effetti non era più nemmeno una stanza.
Vedevo solo buio intorno a me.
In lontananza vidi una sagoma.
Lontana da me eppure abbastanza chiara da riconoscerla.
- Papà? -
L'uomo si girò: capelli castani e occhi scuri.
Immaginai che mi volesse morta.
E, forse, pensai che lo avrei preferito.
Ma era sempre una visione come quella di prima?
- Mey! – gridò.
- Papà? – ripetei.
Si avvicinò a me quasi correndo e mi lasciò sorpresa e spiazzata abbracciandomi.
Fu uno degli abbracci più lunghi della mia vita e considerando che avevo avuto esperienze di pre-morte più di una volta avevo ricevuto abbastanza abbracci per sapere che più erano lunghi, più parole non dette giravano per la stanza.
- Mey ... sei cresciuta così tanto. -
In effetti mi accorsi di essere tornata nella mia solita dimensione corporea.
- Papà, mi dispiace tanto -
Lui sorrise.
- E di cosa? -
- Di averti quasi ucciso e lasciato in coma -.
Lui parve serio.
- Non sono in coma -.
Rimasi impietrita nel sentire quel nuovo particolare.
E poi compresi che quel luogo completamente buio e oscuro io lo avevo già visto.
Era il limbo.
- Siamo nel ... limbo?-
Lui fece cenno di si con il capo.
- Quando mi hai scaraventato accidentalmente contro quella parete mi hai bloccato gambe e braccia. Gli infermieri dell'ambulanza, mentre mi portavano in ospedale, balbettavano cose sul fatto che sarei dovuto rimanere sulla sedia a rotelle e che forse non avrei camminato più -.
Più lo ascoltavo più cominciavo a capire.
- A quel punto, durante la mia seconda notte in ospedale, inchiodato al letto, una bambina mi entrò nella testa e cominciò a parlare con me -.
- Chi era la bambina? -
Lo interruppi.
- Rebecca - disse schietto.
E il mio cuore smise di battere.
La dottoressa al tempo dell'incidente, ovvero 8 anni prima, doveva avere circa 12 anni.
Una bambina.
Rebecca ...
- Continua ... - lo incitai.
- Mi chiese se avevo intenzione di dire a qualcuno del tuo potere. Io risposi con sincerità di sì -.
Feci un passo indietro.
Lui un passo avanti.
- Mey ... -
- Devi starmi lontano. -
- Volevo proteggerti e ho pensato che dicendolo a dei medici avrebbero trovato la cura! -
- io non devo essere curata. È una parte di me! Ha fatto bene la dottoressa a rinchiuderti nella tua testa -.
Detto ciò mi svegliai.
Stesa sul pavimento di pietra freddo davanti alla finestra.
Il sole si era abbassato ed era ormai il tramonto.
Scoppiai a piangere.
Ormai non sapevo fare altro.
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Soggetto H112 2 (Soggetto H112 saga)
ParanormalIl soggetto H112 si risveglia nuovamente nella base e come se non bastasse non sa dove si trovi Malcolm È riuscito a fuggire? È morto? E cosa vuole da lei Il dottore? Perchè continua a cercare la madre di Mey, Hellen? Tutto questo nel nuovo capitol...