CAPITOLO UNO

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Devi drenare in questo modo, vedi?"

La specializzanda mi fissa senza dire una parola.

"Adesso tu, forza" incito, porgendole tubo. Il paziente sbuffa.

"Oh, sono certa che andrà tutto bene" gli sorrido, pregando mentalmente che la specializzanda non faccia casino. E poco dopo, mentre osservo il procedimento, reprimo uno sbadiglio di pura noia: accidenti, non sono pagata per insegnare alle ragazzine! Mi immaginavo casi alla E.R., dopo tanti anni di studio e il trasferimento a Seoul, non otto ore di babysitting!

"Ancora una volta..." 

All'improvviso le porte del reparto di primo soccorso si spalancano, spezzando la monotonia.

"Ma cos..."

"Avanti, avanti! Ferita da arma da fuoco al fianco! Pressione in diminuzione!"

Un'emergenza. Scatto in piedi, tanto da mandare a sbattere la poltroncina nera contro la scrivania del computer alle mie spalle; con mano sulla porta scorrevole faccio per uscire, quando mi ricordo di voltarmi e chinare brevemente il capo di fronte al paziente:

"Mi scuso, ma devo andare. La collega finirà di medicarla. Si riposi e attenda il modulo di dimissione presso la sua stanza, grazie."

"Chi è il medico di turno, qui?!" tuona intanto una voce maschile dal corridoio; "che si muova!"

Mi catapulto fuori dalla saletta proprio nel momento in cui sbatto la fronte contro un muro di muscoli. Sollevo lo sguardo e l'uomo in nero, occhiali da sole e auricolare, mi afferra per le spalle e mi volta letteralmente, senza una parola, verso la barella su cui è sdraiato un ragazzo in uniforme. C'è sangue dappertutto.

"Cazzo!" Mi precipito dal paziente, affiancato da altri due uomini in nero e preceduto da un tizio più basso, con un cappello scuro, e dal personale dell'ambulanza.

"A me! Carrello, sbrigatevi!" abbaio alle mie spalle, e un gruppo di infermiere si affretta a preparare il necessario. Mi chino sul ragazzo, che tiene la testa voltata dall'altra parte. Gli scosto bruscamente le mani dalla ferita; mi chino sulla sua divisa verde militare e ne strappo i lembi con i denti, dato che ho poco tempo e non sarei riuscita a sollevare la stoffa a causa della sua posizione. Gli tasto l'addome, poi il fianco. "Ferita da arma da fuoco! Dov'è il dannato carrello?!" Per fortuna il proiettile l'ha colpito di stiscio in un punto non vitale, ma i lembi della sua pelle quasi ondeggiano come una bandiera al vento...

"Merda..."

Due infermiere mi si affiancano, guardano il paziente e poi si ritraggono con un gridolino, le mani alla bocca. Cosa? Non hanno mai visto un po' di sangue, queste qui?

"Levatevi di mezzo!" le scaccio, sgomitando fino alle porte successive. "Sala operatoria due, primo piano: controllate se è libera, muovetevi!"

Questo è il mio mondo. Le infermiere si affrettano a obbedire e noto, con una certa soddisfazione, che pure i vari Mr. Muscle sono ammutoliti.

Il ragazzo in uniforme tiene ancora la testa voltata, ma non emette un suono. Presa dal panico, chino il viso su di lui... ed è in quel momento che spalanca gli occhi scuri.

Il suo viso mi è curiosamente familiare.

"Se vuoi baciarmi, basta chiederlo."

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