65 Capitolo

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Osservo con sguardo spento la nuvoletta di fumo che fuori esce dalla mia bocca, non appena dischiudo le labbra.
Sono uscita di casa solamente con indosso la maglietta a maniche lunghe, senza nemmeno preoccuparmi di prendere una felpa o una sciarpa. Forse questa volta ho un tantino esagerato.
Ma... A mia discolpa, quando circa mezz'ora fa papà ha deciso di confessarmi che ora nostra madre vive con il suo nuovo 'compagno', non è che il primo pensiero che mi sia passato per la testa fosse: quanti gradi ci sono fuori oggi?
Infatti, senza proprio riflettere, sono uscita di corsa ingorando la voce mio padre che continuava ad urlare il mio nome a pieni polmoni, incurante di correre il rieschio di scatenare le lamentele del vicinato.

Cosa diamine ci faccio qui?
Non potevo andare da qualche altra parte?
Perché mi torvo proprio davanti a questa casa?
La lista di persone dalle quali sarei potuta andare è corta, anzi, penso che l'unico vero amico che abbia mai avuto sia Liam soltanto.
Giusto, perché non sono andata da lui?
Forse perché non volevi che si preoccupasse più di quanto lo sia già, rispode una piccola vocina nella mia testa.

Ed ora eccomi, che continuo a fissare pateticamente la porta d'ingresso della villa dinanzi a me, senza però avere il coraggio di bussare.
Ancora non capisco come ho fatto ad arrivare fin qui.
Dopo tutto quello che è successo una settimana fa... Mi è rimasta un briciolo di dignità o è andata a farsi benedire insieme al buon senso?
Praticamente ha confessato che di me non gli importa nulla, ed io cos'ho fatto?
Ho detto di provare qualcosa per lui.
Posso essere più patetica di così?
La risposta ovviamente è si. Perchè come sta accadendo proprio in questo preciso istante, potrei trovarmi di fronte alla porta di casa sua, con un incontenibile voglia di piangere e gridare a squarciagola.

Chiudo gli occhi e prendo un respiro profondo, cercando di ritrovare la dovuta calma.
Vorrei essere più forte di così.
È bastata la prima difficoltà per far letteralmente crollare in mille pezzi tutto quello che mi ero ripromessa di non fare in questi giorni.
È l'ultima persona dalla quale sarei dovuta andare. Eppure, le mie gambe mi hanno portata fin qui, ma... Forse, non è grazie a loro che adesso mi trovo davanti a questa casa.
Dovrei tornare indietro e affrontare i miei genitori da persona matura, scappare non serve a niente.

Riapro di scatto gli occhi, quando sento il rumore di una porta sbattere.
Ha un giubbotto nero slacciato che lascia intravere la maglia del medesimo colore, le mani infilate nelle tasche, è immobile sulla soglia della porta e... Mi guarda.
Si limita a fissarmi, forse in attesa di un qualsiasi gesto da parte mia.
Alzo lentamente lo sguardo e sbatto le ciglia più volte, prima che le mie iridi sprofondino i due splendidi smeraldi fin troppo familiari.
Harry...
Di colpo mi sento più piccola, più fragile. Devo autoimpormi di respirare normalmente. Con una mano sposto dietro l'orecchio destro una ciocca di capelli biondi che per colpa del vento, alzatosi all'improvviso, era finita sul mio volto.
Incrociando il suo sguardo, il dolore che mi ero promessa di reprimere, sfugge completamente al mio controllo tramutandosi in copiose lacrime.
Sono troppo debole.
Perché non riesco a celare emozioni e sentimenti come fa lui?

Abbasso la testa, cercando di nascondere con alcuni dei miei capelli il viso.
Non posso piangere di fronte a lui, non ancora.
Mi impongo di far cessare le lacrime e in seguito a dei singhiozzi, tiro leggermente su con il naso.
Cosa mi è saltato in mente?
Starà pensando che sono patetica. O forse si starà chiedendo perché mi trovo qui, beh... È la stessa domanda che mi sto ponendo anche io da oltre dieci minuti.

Rabbrividisco nell'istante in cui sento dei passi avanzare con decisione nella mia direzione.
Non mi ero accorta che avesse chiuso la porta di casa.
Devo andarmene. Devo scappare prima che si avvicini troppo, magari non mi ha riconosciuta, si magari-

Il respiro mi si blocca in gola, non appena la sua mano accarezza delicatamente la mia testa, scompigliandomi leggermente i capelli.
Perdo completamente il controllo del mio corpo, che si scaglia disperatamente tra le sue braccia.
Non mi serve guardare il suo volto per poter dire che è riamasto sopreso dalla mia azione.
Ma il mio stupore supera sicuramente il suo, quando i miei fianchi vengono circondati da un braccio forte. La sua mano sinistra si posa dietro alla mia testa, facendomi posare il volto contro il suo petto.
Cerco in qualche modo di trattenere le lacrime che oramai mi stanno appannando del tutto la vista, ma senza successo.

Perché sto piangendo?
Forse perché speravo che, in qualche modo, mamma e papà un giorno, se pur lontano, si sarebbero rimessi insieme...
Già, nelle mie fantasie tutto questo sembrava meno patetico.
Non riesco a trattenere i singhiozzi, fuoriescono dalle mie labbra senza interruzione e controllo.
Vorrei dirgli che in parte che queste lacrime sono anche a causa sua, che da giorni non sono riuscita a far altro che pensare a lui. Eppure non riesco a fare altro che piagnucolare tra le sue braccia.
Forse qualche mese prima, arrivati a questo punto mi sarei spostata, lui avrebbe detto qualcosa di scortese nei miei confronti e avremmo iniziato a litigare, ma non oggi. Adesso, è bastato guardarlo quell'attimo negli occhi per tranquillizarmi.
Perché per quanto ci provi non riesco ad odiarlo?

"Smettila di piangere" Sussurra tra i miei capelli, aumentando leggermente la presa intorno al mio corpo.
Dei brividi scorrono lungo la mia spina dorsale al suono della sua voce roca.
Annuisco con la testa, sfregando la fronte contro il suo petto. Non riesco a dire una singola parola.
Si allontana di poco e mi lascia una breve, ma intensa occhiata prima di voltarsi e camminare fino alla porta che poco prima aveva chiuso.

Entriamo in casa e passo il palmo della mano sotto al naso, sfregandolo.
Lo seguo fino alla cucina, dove mi porge un bicchiere d'acqua.
"Va meglio?" Chiede, continuando a osservarmi fin troppo attentamente.
Devo fargli proprio pena, mi tratta come se fossi un povero cucciolo di cane bastonato.
Non rispondo subito, è tutto troppo strano, on sono abituata a questo tipo di comportamento da parte sua.
Apprezzo che non abbia insistito nel chiedermi cosa sia successo, ora come ora non mi va proprio di parlarne.
Così annuisco quasi impercettibilmente e senza fiatare, dopo aver appoggiato il bicchiere ormai vuoto sul bancone della cucina, lo seguo nell'altra stanza.

I miei occhi viaggiano confusi tra gli scatoloni sparsi per il salotto; quando siamo entrati non mi ero accorta di tutta questa roba a terra.
"Non sapevo voleste trasferirvi" Dico sottovoce, voltandomi verso Harry, che nel frattempo si è liberato del giubbotto, appena lanciato sull'appendiabiti.
"Solo io, i miei restano qui" Risponde, salendo al piano di sopra.
Andrà a vivere da solo? Di già?
Non so perché mi sorprendo tanto, l'età per andarsene di casa c'è l'ha, solo... Per quanto possa essere serio, misterioso e tranquillo, non riesco proprio ad immaginarmi Harry Styles, da solo in una casa. Cioè è in grado di caricare e far partire una lavatrice? Cucinerà lui? Non che io possa in qualche modo giudicarlo, dal momento che le mie capacità da casalinga si limitano al lavaggio dei piatti a mano o al massimo riempire la lavastoviglie, ma già farla partire... Richiedere delle competenze di cui io ancora non dispongo.

"Mettitela" Dice, facendomi tornare alla realtà. Mi volto nella sua direzione, e lo vedo fermo sul ciglio della scale con in mano una grossa felpa nera. Aspetta, non me l'ha lanciata addosso? Dio, allora esisti?
Proprio mentre sono impegnata a guardare in alto per ringraziare il signore, con la coda dell'occhio vedo Harry fare un lento movimento con braccio, lanciando la felpa in aria, piano, così da permettermi di prenderla al volo facilmente.

"Io stavo uscendo..."
Parla, in seguito ad alcuni secondi di silenzio.
Abbasso lo sguardo sulla felpa tra le mie mani, imbarazzata.
Sono una stupida, l'ho trattenuto per tutto questo tempo senza nemmeno preoccuparmi che potesse avere di meglio da fare.
Però non voglio tornare a casa, anche perché mio padre avrà già accompagnato i miei fratelli dalla mamma, e tre poche ore dovrebbe partire il suo aereo.
Probabilmente il mio telefono sarà tempestato di messaggi e chiamate perse, sia da parte di papà che da parte dei miei fratelli, ma non mi importa. In questo momento non voglio vedere nessuno di loro.
"Vuoi venire con me?" Aggiunge dopo un po' facendomi socchiudere le labbra.
Ci metto alcuni secondi a rispondere, ma alla fine annuisco e sfrego le guance con le maniche della maglia, asciugando i residui delle lacrime, versate sino a poco prima.
Infilo la felpa calda, impregnata del suo odore e lo seguo fuori da casa Styles.

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