10 Marzo 2018
Era seduta sul letto di lui, in quell'uggioso pomeriggio di gennaio. Le gambe scoperte, i piedi avvolti dalle calze pesanti scese alle caviglie, un paio di pantaloncini e una felpa, lì dentro faceva sempre caldo ed era del parere che per stare a contatto con la pelle di lui non le servissero molti strati di indumenti, non voleva niente a dividerli.
Era bello passare la domenica in casa, le gocce di pioggia che scivolavano sulla tapparella quasi del tutto abbassata, il suo ragazzo sotto la doccia dopo il sesso, le luci che regalavano penombra e ristoro a quella stanza. I genitori di lui erano partiti per trascorrere quel fine settimana in montagna, tra camminate e liquori che riscaldavano guance e parole; non sarebbero tornati prima di sera.
Proprio quel pomeriggio, in quella camera nella penombra, guardandolo girare per camera sua con addosso solo dei pantaloni sportivi blu, si era accorta per la prima volta di amarlo, di amarlo sul serio. Di accettare i suoi difetti e di sapere con certezza che erano quelli a renderlo la persona che lei adorava nella sua incompletezza. Lui era lo stiramento necessario di muscoli dopo il lungo torpore del sonno, la prima boccata d'aria primaverile dopo un brutto temporale, era uno stimolo involontario a cui il suo corpo non riusciva a non rispondere con l'amore.
Niente poteva far ricredere Nora sulla bellezza e la perfezione, seppur sottile e disincantata, di quei momenti. Niente tranne i ricordi che le piombarono addosso in una frazione infinitesimale di tempo. Meno di un secondo e la sua vita aveva perso tutto il senso acquisito negli ultimi mesi.
Il suo cellulare, finito per qualche strana ragione in un angolo della stanza, si era illuminato. Aveva gattonato sul letto sfatto verso il bordo, calcolando la distanza; si rese conto di dover scendere per raggiungere il proprio telefono.
Con fatica si portò alla meta, sedendosi nell'angolo e appoggiandosi al muro, stanca, le mani coperte dalle maniche della felpa, lo smalto sbeccato che armeggiava sullo schermo per sbloccarlo.
Era un promemoria. Laurea Leo, recitava.
Un messaggio semplice e quasi innocuo, se non fosse stato paragonabile a un colpo di pistola in pieno petto.
Uno spasmo involontario al cuore, come il suo amore per lui, un battito in più e doloroso. Due cose entrambe sbagliate.
Si raggomitolò su se stessa, piangendo le sue colpe e affondando le unghie nella carne corrotta che la avvolgeva, niente di quello che conosceva le apparteneva più, nemmeno il suo amore. Soprattutto quello, non riusciva a sentirlo suo.
Quello doveva essere l'amore di Eleonora.
* * * * *
Per la serie: altro giro, altro regalo. Come al solito, si tratta di una storia breve.
La storia nasce da un fatto autobiografico, ma ve lo rivelerò a tempo debito, ovvero alla fine.
Spero di cuore che vogliate scoprirlo con me!
STAI LEGGENDO
Una camera nella penombra
Genç Kız Edebiyatı[COMPLETA] «Se dovessi morire, digli che l'ho amato». Una frase che si dice spesso - per scherzo - tra amici, per esorcizzare la paura di un viaggio o, magari, quella di essere dimenticati. E se invece non fosse più così ironica? Se il destino port...