7. Crollare.

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"Disgustoso bastardo". "Ipocrita". "Imbecille". "Serpe senza cuore".

Hermione avrebbe potuto continuare all'infinito se avesse voluto. Attraversava i cortili a passo spedito, una furia impossibile da arrestare. Così come la rabbia che provava dentro al suo petto: era certa che mai nella vita avesse mai provato qualcosa di così violento e forte, così tanto da farle credere che avrebbe potuto letteralmente incenerire con lo sguardo la prima persona che avesse provato ad intralciargli la strada, e a giudicare dallo sguardo degli altri studenti in giro per la scuola che la incrociavano, doveva essere ben chiaro sul suo volto ciò che provava dentro.

La ragazza era quasi fuori dalla scuola, ma della vile serpe ancora nessuna traccia. Però, in compenso, scorse i suoi fedeli amici seduti ad una panchina mentre prendevano di mira una povera ragazzina del primo anno. Hermione si fiondò su di loro con una ferocia simile a quella di un drago sputafuoco.

Tyger fu il primo a vederla. Richiamando l'attenzione del suo amichetto, Goyl, indicò Hermione che si avvicinava sempre di più a loro. All'inizio, non sembrarono arci molto caso, poi notarono il suo sguardo. Goyl, visibilmente spaventato, ricadde sulla panchina, la bocca semiaperta e gli occhi spalancati, come un emerito imbecille. Hermione si sentì molto soddisfatta.

«Dov'è?», gli domandò con voce fredda, distante. Non aveva tempo da perdere con quei due stupidi Serpeverde. doveva incontrare Malfoy prima che quella rabbia si sfogasse, che andasse via. Aveva una maledetta voglia di sfogarla su di lui, di trasformarlo in un minuscolo e insignificante topo, e doveva farlo prima che fosse troppo tardi, prima che ci ripensasse.

«C-c-chi?», domandò Tyger, indietreggiando.

«Malfoy!», esclamò lei. molti ragazzi intorno a loro si voltarono per guardarla, ma lei non ci fece caso.

«A-al l-l-lago», rispose Tyger. Goyl era definitivamente troppo spaventato anche per parlare.

Senza aggiungere altro, Hermione gli diede le spalle e si incamminò al lago. Superando il ponte, le prime gocce di pioggia iniziarono a cadere. Di nuovo, Hermione non se ne curò. I suoi piedi calpestarono il prato con violenza, e le prima pozzanghere iniziarono a formarsi intorno a lei. ci affondò i piedi dentro, inzuppando scarpe, pantaloni e mantello, ma nulla le importava in quel momento se non mettersi faccia a faccia con Malfoy, affrontarlo.

Quando lo trovò, dopo aver costeggiato le sponde del lago per almeno mezz'ora, i suoi capelli erano fradici, i suoi vestiti zuppi. Sapeva che il suo corpo era freddo, riusciva a sentirlo quando stringeva tra loro i palmi delle sue mani, ma la furia che sentiva dentro di sé, il calore che emanava quella fiamma incendiandogli le vene, la tenne abbastanza calda, abbastanza viva, da impedirle di battere i denti e tremare come una foglia.

Lui era seduto ai piedi di un albero, i suoi rami lo coprivano dalla pioggia, ma teneva ugualmente il capello del suo mantello alzato sul capo per impedire alle poche e piccole gocce d'acqua che scivolavano già attraverso le foglie e i rami di bagnargli i capelli. "Vedrai quanti ne resteranno dopo chete li avrò strappati tutti", pensò con ferocia la ragazza mentre si avvicinava sempre di più a lui.

Draco non la notò fin quando non fu ai margini dell'albero, appena fuori dalla protezione dei suoi rami. L'acqua le scivolava dalla testa ai capelli fino a scivolarle lungo la schiena, sulle gambe, sul collo. Dappertutto. In un certo senso, era come un balsamo che agiva sulla sua pelle che prima sembrava scottare troppo anche solo per sopportarla.

Lui si alzò, facendo scivolare giù il cappuccio dalla sua testa. i suoi occhi mostrarono sorpresa, confusione, ma anche fastidio, quella piccola scintilla che sembrava onnipresente nei suoi occhi grigio tempesta che ormai tutti conosceva a memoria.

Scordati di meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora